Discorso 30 – Perché Gesù dovette morire sulla croce?




Perché Gesù dovette morire sulla croce? / Script di conferenza J. Pucher 00, 2001-03-25

Lo sfondo della fede mosaica.

Perché Gesù davvero è andato in croce.


(I testi nella cornice nera sono citazioni dei visitatori di questo sito o di altri autori!)

(Perché Gesù dovette morire sulla croce? / Script di conferenza J. Pucher 00, 2001-03-25)

Cosa abbiamo ancora imparato nel catechismo sulla questione: Perché Gesù dovette patire la morte sulla croce? Nel quarto dei sei fondamentali articoli di fede si dice – cito alla lettera dal catechismo: – La seconda persona divina è diventata uomo, per redimerci attraverso la sua morte e renderci eternamente beati.

Ciò fu interpretato nel senso che egli dovette soffrire sulla croce per redimerci. Solo attraverso la sua morte sulla croce siamo stati redenti dai nostri peccati e salvati per l’eterna beatitudine. (…)

Quale tipo di immagine di Dio sta dietro a tutto questo? Un Dio "giusto" nel senso di soddisfazione, che chiede il sangue del proprio Figlio versato sulla croce per potere perdonare. Nel nostro attuale modo di sentire, è piuttosto un Dio della vendetta. La soddisfazione-giustizia è la cosa più importante per lui, e per questa egli sacrifica addirittura il proprio Figlio. Questa è la teologia medioevale, che oggi non viene più vista né annunciata, ma nel modo di sentire di molti, in particolare nelle persone più anziane, essa esercita ancora assolutamente la sua influenza. Con sicurezza essa non è biblica, non ha nulla a che fare con il messaggio di Gesù. (…)

La morte di Gesù sulla croce non rivela un Dio affamato di espiazione, ma evidentemente un Dio che ama infinitamente e incondizionatamente. Gesù non è divenuto uomo ed è morto sulla croce per riconciliarci con Dio. Dio non doveva essere riconciliato. Egli non ha mai smesso di amarci. Gesù è diventato uomo per ricondurci a Dio dopo che noi eravamo sfuggiti a lui, per essere un segnale indicatore a Dio.

"Io sono la via, la verità e la vita" (Giov 14,6)

dice di sé stesso.

Poiché gli esseri umani non vollero percorrere questa via,  essi  l’hanno inchiodato sulla croce.

(L’estratto è tratto dallo script della conferenza "Perché Gesù dovette morire sulla croce?" del parroco cattolico J. Pucher, parrocchia di San Nicola, Vienna.)



Qui abbiamo un caso piuttosto raro – un sacerdote cattolico che vuole confutare il catechismo cattolico. E questo proprio in relazione con uno di quei punti nei quali le dichiarazioni del catechismo corrispondono abbastanza precisamente con quelle della Bibbia. Così allora anche la dichiarazione dell’autore, che la verità del sacrificio del riscatto di nostro Signore Gesù Cristo non è biblica e non avrebbe nulla a che fare con il messaggio di Gesù, può essere confutata in modo chiaro e relativamente facile, sulla base dei seguenti passi biblici.  – Per chi fosse interessato, ecco i link:

(Col 1:15-23; 1Cor 15:1-5; Gal 1:1-5; 1Gio 2:1-2; 1Gio 4:9-10; 2Cor 5:18-21; Efes 2:11-16;)


E poi il parroco cattolico J. Pucher ci informa del fatto che:

"Gesù NON è divenuto uomo ed è morto sulla croce per riconciliarci con Dio".


Probabilmente sono poche le affermazioni nella Scrittura così ben attestate come il fatto che il Figlio di Dio è morto sulla croce per i nostri peccati c e che offrendosi al Dio giusto ha così compiuto il sacrificio di redenzione per tutti gli esseri umani. Discutere di questo non ha senso dal punto di vista biblico.

Tuttavia, questo pastore, che chiaramente ha letto sempre e solo il catechismo cattolico e mai la Bibbia, qui postula un "Dio che ama infinitamente e incondizionatamente", assolutamente non biblico; ciò offre lo spunto per una breve argomentazione non da una prospettiva biblica, ma se non altro da un punto di vista semantico e logico:


L’amore infinito e incondizionato di Dio.

Se l’amore di Dio fosse infinito e incondizionato, questo Dio dovrebbe rimettere a tutti gli esseri umani di tutti i tempi (all’infinito!!) tutti i loro peccati senza rimorso né conversione (incondizionatamente!!). Allora, non sarebbe più necessario alcun sacrificio espiatorio – e Gesù Cristo non avrebbe dovuto morire sulla croce.

Allora tutti i delinquenti, tutti i pluriomicidi, tutti gli atei, tutti i tiranni e tutto il resto della peggior feccia, dal principio del mondo fino alla sua fine (all’infinito!!), senza rimorso né conversione (incondizionatamente!!), entrerebbero nella vita eterna insieme a tutti i cristiani biblici.

Perciò, chi parla di un amore "infinito" e "incondizionato" di Dio, dimostra di non avere alcuna idea del perché Dio abbia lasciato morire suo Figlio sulla croce. Simili persone non hanno ancora assolutamente compreso il fondamento della fede cristiana e sono dunque totalmente inadatte ad esprimere dichiarazioni in merito ad una qualunque caratteristica di Dio.



E questo è quanto. Ma ora veniamo alle informazioni effettivamente rilevanti sul tema: "Perché Gesù dovette morire sulla croce?"


Lo sfondo della fede mosaica.

Il cristianesimo – almeno il cristianesimo biblico – deriva dalla fede mosaica del popolo di Israele. Attraverso i profeti dell’Antico Testamento il loro e nostro Dio ha ripetutamente trasmesso a Israele profezie sul comportamento del suo popolo ricordandogli i comandamenti che una volta aveva affidato a Mosè. Tra questi c’era anche uno dei comandamenti più importanti nella fede mosaica, la "fede in UN SOLO Dio".

Questa fede in un solo e unico Dio, proprio nel periodo in cui nacque la fede mosaica, costituiva una caratteristica distintiva inconfondibile. In tutte le altre religioni di questo mondo, gli esseri umani avevano inventato "dèi" a loro piacimento, che poi raffiguravano anche in molti modi diversi attraverso sculture in pietra e in legno. Avevano inventato un dio diverso per ogni ambito della vita, il dio dei fenomeni atmosferici, il dio dell’amore, il dio della buona sorte in guerra, ecc. E quando avevano bisogno della buona sorte in guerra, dell’amore o del bel tempo, i pregavano questi "dèi" naturalmente offrendo loro il sacrificio corrispondente.

Accanto a tutti questi morti idoli di legno, di pietra, di metallo o rappresentati in immagini, tuttavia, su questo pianeta ce un Dio – e uno solo! – realmente e concretamente vivente e operante. E questo unico e solo Dio aveva comandato agli israeliti per mezzo dei suoi profeti:


Ascolta, Israele: L’ETERNO è il nostro Dio, l’ETERNO è uno!
(Deut 6,4)


Questo è lo "Schma Jisrael", noto non solo tra gli ebrei, che prende il nome dalle parole iniziali di questo passaggio della Torah (Deut 6,4-9), e che può essere definito il credo ebraico per eccellenza. Viene predicato al credente ebreo ogni giorno e quasi a ogni ora fin dall’infanzia: l’Eterno è il nostro unico Dio (Elohim)

E poi duemila anni fa arriva un giovane ebreo da Nazareth che afferma di essere il Figlio di Dio. Egli stesso non pretendeva di essere adorato, ma – e questa è la maledizione di tutte le "religioni" di questo mondo – tutto ciò che è collegato con il "dio" (idolo) di una religione viene automaticamente adorato e venerato. Persino le ossa degli idoli defunti, i vestiti, gli oggetti personali (come tazze e bicchieri), ecc., sono venerate e adorate dai credenti come reliquie, indipendentemente dal fatto che la dottrina lo prescriva o meno.

E così arriviamo al punto saliente: gli ebrei non hanno capito il vero significato di questa dichiarazione "l’ETERNO è uno solo/unico". Non significa solo che c’è solo un Dio in questo mondo, significa anche che questo Dio è unico in questo mondo. Perché non è di questo mondo. Il nostro Dio è un “extraterrestre". Suo Figlio, nostro Signore Gesù Cristo, poi lo spiegò così ai suoi discepoli:



«Dio è Spirito; e quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in spirito e verità».
Giov 4,23-24;


Ma nemmeno gli stessi discepoli di Gesù lo avevano capito all’epoca. Tuttavia, quando si cerca di capirlo, tutti i malintesi si risolvono improvvisamente – e non solo quelli di allora, ma anche quelli di oggi, del nostro tempo moderno, tecnologico e digitalizzato, in cui i quanti fanno ciò che vogliono e non ciò che i fisici vorrebbero che facessero sulla base di un principio fisico.

Quindi, se si cerca di capirlo davvero, allora si sarebbe potuto capire anche nell’Antico Testamento. A tal proposito il Figlio di Dio ci dice:

Mat 6,5 «Quando pregate, non siate come gli ipocriti; poiché essi amano pregare stando in piedi nelle assemblee (messe cattoliche) e agli angoli delle piazze (o davanti agli altari degli idoli cattolici ["Maria" e il culto delle morti dei "santi"] e al "Muro del pianto" ebraico! / FH) per essere visti dagli uomini. Io vi dico in verità che questo è il premio che ne hanno. Mat 6,5;

Così i cristiani laici adorano i loro idoli davanti agli altari, mentre gli ebrei adorano un muro. Nessuno di loro ha capito che l’unico e solo Dio – l’unico e solo Dio che deve essere adorato – non si trova lì. Dio può essere adorato solo dove Dio, che è Spirito, può anche essere trovato: nello spirito degli esseri umani.


La spiegazione di ciò nell’Antico Testamento:



Deut 4,15 15 Siccome non vedeste nessuna figura il giorno che il SIGNORE vi parò in Oreb dal fuoco, badate bene a voi stessi, 4,16 affinché non vi corrompiate e non vi facciate qualche scultura, la rappresentazione di qualche idolo, la figura di un uomo o di una donna, Deut 4,15-16;



Qui, nel Deuteronomio, il quinto libro di Mosè, Dio stesso avverte gli israeliti di non adorarlo e di non venerarlo raffigurandolo in un’immagine terrena e materiale. Quando nel deserto sul Monte Oreb Dio parlò loro dal fuoco non videro nulla. Nessuna forma, nessuna immagine, nemmeno un oggetto, solo il fuoco. Perciò, nessuno vide Dio e, di conseguenza, nessuno può conoscere l’aspetto di Dio e riprodurlo.

Di conseguenza, tutto ciò che sappiamo di Dio – come pensano anche gli ebrei – è che Dio è "uno". Ecco perché anche gli ebrei dicono: "Dove ce n’è UNO, non possono essercene due. Non esistono due dèi e quindi non c’è alcun Figlio di Dio perché dovrebbe necessariamente essere anche Dio". Ma a tal proposito i cattolici si sentono obbligati a difendere la divinità del Figlio di Dio e la loro stessa "Trinità" e interpretano queste parole "L’ETERNO è uno!" in modo tale da significare che Dio è l’UNICO che può essere chiamato "l’ETERNO". E non hanno poi tutti i torti.

Gli scribi ebrei al tempo di Gesù – ma non solo loro – consapevolmente o inconsapevolmente non hanno esaminato a fondo questa dichiarazione dei profeti disattendendo quindi i comandamenti del loro Dio. Quei passaggi nella loro Torah, come quello summenzionato, tratto da Deut 4,15-16, evidentemente sono stati interpretati in maniera parziale. Hanno compreso il divieto di raffigurazione trasmettendolo al popolo, ma non la motivazione implicita, dato che non c’è alcuna "immagine" da raffigurare.

Tuttavia, ciò non sarebbe stato necessario, se fossero stati veramente credenti. Perché a quel punto lo Spirito di Dio glielo avrebbe fatto notare attraverso il loro spirito e loro avrebbero capito. Ma neanche loro hanno cercato di onorare Dio, ma di onorare se stessi e, di conseguenza, non hanno capito le parole di Dio, per cui in quel momento nel fuoco non c’era "alcuna figura". Se, dunque, non c’era alcuna forma visibile e materiale, eppure si sentiva parlare, allora doveva trattarsi di un essere di natura invisibile e spirituale.

I veri credenti hanno fiducia in queste parole di Dio. Chi ha facoltà intellettuali, all’inizio ha fiducia: in un primo momento non si comprende, ma essendo le parole di Dio si ha fiducia che siano giuste., Poi inizia la ricerca e si trova la soluzione. Se non si hanno questi doni intellettuali, la fiducia si trova alla fine: non si riesce a comprendere, ma si ha fiducia che in qualche modo sia giusto.

Perché fede non significa altro che fiducia. La fede è fiducia e chi crede davvero – a prescindere che sia più o meno intelligente – avrà anche fiducia: se capirà, trasmetterà (!), se non capirà, semplicemente crederà.

Oggi tutto il mondo sa che gli scribi ebrei hanno fallito in quell’occasione. Fu un fallimento del clero ebraico. Ma non perché i membri non fossero abbastanza intelligenti, ma perché erano corrotti. Si trattava molto palesemente di corruzione, frode e omicidio, come ci riferisce anche l’evangelista Matteo:

Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù

Mat 27,11 Gesù comparve davanti al governatore e il governatore lo interrogò, dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?» Gesù gli disse: «Tu lo dici». 27,12 E, accusato dai capi dei sacerdoti e dagli anziani, non rispose nulla. 27,13 Allora Pilato gli disse: «Non senti quante cose testimoniano contro di te?» 27,14 Ma egli non gli rispose neppure una parola; e il governatore se ne meravigliava molto. 127,5 Ogni festa di Pasqua il governatore era solito liberare un carcerato, quello che la folla voleva. 27,16 Avevano allora un noto carcerato, di nome Barabba. 27,17 Essendo dunque radunati, Pilato domandò loro: «Chi volete che vi liberi, Barabba o Gesù detto Cristo?»


27,18 Perché egli sapeva che glielo avevano consegnato per invidia. 27,19 Mentre egli sedeva in tribunale, la moglie gli mandò a dire: «Non aver nulla a che fare con quel giusto, perché oggi ho sofferto molto in sogno per causa sua». 27,20 Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù.



27,21 E il governatore si rivolse di nuovo a loro, dicendo: «Quale dei due volete che vi liberi?» E quelli dissero: «Barabba». 27,22 E Pilato a loro: «Che farò dunque di Gesù detto Cristo?» Tutti risposero: «Sia crocifisso». 27,23 Ma egli riprese: «Che male ha fatto?» Ma quelli sempre più gridavano: «Sia crocifisso». 27,24 Pilato, vedendo che non otteneva nulla, ma che si sollevava un tumulto, prese dell’acqua e si lavò le mani in presenza della folla, dicendo: «Io sono innocente del sangue di questo giusto; pensateci voi». 27,25 E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». 27,26 Allora egli liberò loro Barabba; e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso. Mat 27,11-26;


Quindi, come leggiamo nel versetto 18, Pilato sapeva che i capi religiosi di Israele, il sommo sacerdote Caifa e i consiglieri del Sinedrio, avevano condannato il Figlio di Dio alla croce per invidia. Questi assassini avevano capito che, se davvero Gesù avesse preso il dominio, non sarebbero più stati i capi religiosi di Israele e tutta la loro fama e il loro onore sarebbero svaniti.

Conseguentemente, nel versetto 20, leggiamo anche che furono il sommo sacerdote e i suoi consiglieri a convincere la folla a liberare il criminale Barabba e a uccidere il Figlio di Dio. E quando Pilato, che aveva visto molto chiaramente il vero stato delle cose e la completa innocenza di Gesù, cercò di portare alla ragione il popolo ebraico, questo urlò ancora più forte confermando la propria volontà e maledicendo se stesso:




«Sia crocifisso.Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Mat 27,23-25;



Questa maledizione che il popolo israeliano scagliò su se stesso duemila anni fa si è poi realizzata in epoche successive nella triste realtà della diaspora e dell’olocausto. Ma in quest’ultimo caso, i nazisti non possono essere assolti dalla colpa più di quanto gli ebrei possano essere assolti dall’omicidio del Figlio di Dio "salvando il mondo". La stragrande maggioranza degli ebrei di oggi è senza religione (tutti gli ebrei sono senza Dio da duemila anni, tranne quelli che si sono convertiti in Gesù Cristo). E i pochi israeliani di fede mosaica oggi insultano il loro Messia chiamandolo "bestemmiatore e ingannatore", proprio come fecero i suoi assassini duemila anni fa.

Juden verhöhnen Jesus
"Come gli ebrei si prendono gioco di Gesù Cristo".
(Real Jew News)


Il motivo per cui Gesù davvero è andato in croce.

Venendo all’odierno Israele, si può notare che nella nostra attuale epoca senza Dio questo antico crimine ai danni del Figlio di Dio, non riceve né considerazione né riconoscimento di alcun tipo. Ciò che certamente viene riconosciuto, invece, è l’olocausto e i suoi 6 milioni di ebrei uccisi. Solo nelle comunità di credenti – sia ebrei, che cristiani – si arriva talvolta a uno scambio di opinioni sulla crocifissione.

E quando i cristiani sollevano il tema del "deicidio", gli ebrei di solito non si scompongono. Infatti, citano semplicemente Paolo e la sua lettera ai Romani facendo "terra bruciata" intorno ai cristiani che partecipano alla discussione. Non citano una persona qualsiasi, ma dopo Cristo -il contenuto del Vangelo – si riferiscono a Paolo come al "padre fondatore" del cristianesimo dei popoli non ebrei.

Infatti, se il loro ripudio è stato la riconciliazione del mondo, che sarà la loro riammissione, se non un rivivere dai morti?

Röm 11,1 Dico dunque: Dio ha forse ripudiato il suo popolo? No di certo! Perché anch’io sono israelita, della discendenza di Abraamo, della tribù di Beniamino. 11,2 Dio non ha ripudiato il suo popolo, che ha preconosciuto. Non sapete ciò che la Scrittura dice a proposito di Elia? Come si rivolse a Dio contro Israele, dicendo:11, 3 «Signore, hanno ucciso i tuoi profeti, hanno demolito i tuoi altari, io sono rimasto solo e cercano la mia vita»? 11,4 Ma che cosa gli rispose la voce divina? «Mi sono riservato settemila uomini che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal». 11,5 Così, anche al presente, c’è un residuo eletto per grazia. 11,6 Ma se è per grazia, non è più per opere; altrimenti, la grazia non è più grazia. 11,7 Che dunque? Quello che Israele cerca, non lo ha ottenuto; mentre lo hanno ottenuto gli eletti; e gli altri sono stati induriti, 11,8 com’è scritto: «Dio ha dato loro uno spirito di torpore, occhi per non vedere e orecchie per non udire, fino a questo giorno». 11,9 E Davide dice: «La loro mensa sia per loro una trappola, una rete, un inciampo e una retribuzione. 11,10 Siano gli occhi loro oscurati perché non vedano e rendi curva la loro schiena per sempre».

11,11 Ora io dico: sono forse inciampati perché cadessero? No di certo! Ma a causa della loro caduta la salvezza è giunta agli stranieri per provocare la loro gelosia. 11,12 Ora, se la loro caduta è una ricchezza per il mondo e la loro diminuzione è una ricchezza per gli stranieri, quanto più lo sarà la loro piena partecipazione! 11,13 Parlo a voi, stranieri; in quanto sono apostolo degli stranieri, faccio onore al mio ministero, 11,14 sperando in qualche maniera di provocare la gelosia di quelli del mio sangue, e di salvarne alcuni.

11,15 Infatti, se il loro ripudio è stato la riconciliazione del mondo, che sarà la loro riammissione, se non un rivivere dai morti? 11,16 Se la primizia è santa, anche la massa è santa; se la radice è santa, anche i rami sono santi. 11,17 Se alcuni rami sono stati troncati, mentre tu, che sei olivo selvatico, sei stato innestato al loro posto e sei diventato partecipe della radice e della linfa dell’olivo, 11,18 non insuperbirti contro i rami; ma se ti insuperbisci, sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te. 11,19 Allora tu dirai: «Sono stati troncati i rami perché fossi innestato io». 11,20 Bene: essi sono stati troncati per la loro incredulità e tu rimani stabile per la fede; non insuperbirti, ma temi. 11,21 Perché se Dio non ha risparmiato i rami naturali, non risparmierà neppure te. Röm 11,1-21;


E nella lettera ai Romani, nel versetto 11,15 Paolo scrive: “Infatti, se il loro (dei giudei) ripudio è stato la riconciliazione del mondo, che sarà la loro riammissione, se non un rivivere dai morti?" Con questa semplice frase Paolo riunisce – almeno dal punto di vista biblico-cristiano – tre eventi di portata mondiale:

Conferma il "rifiuto" degli ebrei da parte del loro Dio e quindi la loro empietà da duemila anni.

La "riconciliazione del mondo" si riferisce alla morte vicaria sulla croce di nostro Signore Gesù Cristo, e quindi anche al fatto che ora sono i cristiani il popolo di Dio;

con "la loro accettazione (dei giudei)" Paolo intende la riammissione di un piccolo gruppo residuo (ceppo Isa 6:13;) del popolo d’Israele nel Millennio sotto il dominio del Figlio di Dio.


Tuttavia, oggi alcuni "scribi" ebrei ritengono che le chiese cristiane secolarizzate non conoscono o comprendono molto bene il contenuto sostenendo quanto segue: In realtà, il mondo intero dovrebbe essere grato agli ebrei perché, se Gesù Cristo non fosse morto sulla croce – e solo sulla croce – l’umanità non avrebbe nemmeno avuto questa unica e sola opportunità di essere salvata per la vita eterna. 

Anche questa è solo un'opinione isolata tra gli ebrei, ma sembra essere conforme alla Scrittura e quindi degna di considerazione. E qui è molto utile verificare l’intera storia di Gesù nella Scrittura. Per lo più si parla solamente della vita e della morte del Signore e tutti pensano di conoscere la Sua missione. Raramente ci si chiede se il sacrificio sulla croce fosse effettivamente il piano di Dio per suo Figlio.

Se ce lo chiedessimo, capiremmo che il Figlio di Dio, in base alle dichiarazioni della Bibbia, non è nato come essere umano per morire sulla croce, ma per assumere il suo regno come Messia di Israele nel suo regno millenario di pace ("regno", "regno dei cieli", "regno di Dio") sulla terra, con il popolo di Israele come "capo tra le nazioni"  (Ger 31:7-8; Luca 10:9-12;).

Ma egli rispose: «Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d’Israele».  

Mat 15,21 Partito di là, Gesù si ritirò nel territorio di Tiro e di Sidone. 15,22 Ed ecco una donna cananea di quei luoghi venne fuori e si mise a gridare: «Abbi pietà di me, Signore, Figlio di Davide. Mia figlia è gravemente tormentata da un demonio». 15,23 Ma egli non le rispose parola. E i suoi discepoli si avvicinarono e lo pregavano dicendo: «Mandala via, perché ci grida dietro».15, 24 Ma egli rispose:


«Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d’Israele».


15,25 Ella però venne e gli si prostrò davanti, dicendo: «Signore, aiutami!» Mat 15,21-25;


Solo quando Gesù e i suoi discepoli furono poi rifiutati dagli israeliti – come disse Paolo ai suoi concittadini: "ma poiché la respingete e non vi ritenete degni della vita eterna" (Atti 13,46;) – Dio cambiò le regole (Mat 22,2;) e suo Figlio non poté assumere il dominio del mondo con un popolo timorato di Dio, ma dovette morire per diventare il Salvatore di tutta l’umanità senza Dio.

Ma quelli, non curandosene, se ne andarono, chi al suo campo, chi al suo commercio;

Mat 22,1 Gesù ricominciò a parlare loro in parabole, dicendo: 22,2 «Il regno dei cieli è simile a un re, il quale fece le nozze di suo figlio. 22,3 Mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze; ma questi non vollero venire. 22,4 Mandò una seconda volta altri servi, dicendo: "Dite agli invitati: Io ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono ammazzati; tutto è pronto; venite alle nozze".

22, 5 Ma quelli, non curandosene, se ne andarono, chi al suo campo, chi al suo commercio;22, 6 altri poi, presero i suoi servi, li maltrattarono e li uccisero. 22,7 Allora il re si adirò, mandò le sue truppe a sterminare quegli omicidi e a bruciare la loro città. 22,8 Quindi disse ai suoi servi:


«Le nozze sono pronte, ma gli invitati non ne erano degni.»


 22,9 Andate dunque ai crocicchi delle strade e chiamate alle nozze quanti troverete". 22,10 E quei servi, usciti per le strade, radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni; e la sala delle nozze fu piena di commensali. 22,11 Ora il re entrò per vedere quelli che erano a tavola e notò là un uomo che non aveva l’abito di nozze. 22,12 E gli disse: "Amico, come sei entrato qui senza avere un abito di nozze?" E costui rimase con la bocca chiusa. 22,13 Allora il re disse ai servitori: "Legatelo mani e piedi e gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti". 22,14 Poiché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti». Mat 22,1-14;

Poi apparve agli undici mentre erano a tavola e li rimproverò della loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che l’avevano visto risuscitato.

Mar 16,9 [Or Gesù, essendo risuscitato la mattina del primo giorno della settimana, apparve prima a Maria Maddalena, dalla quale aveva scacciato sette demòni. 16,10 Questa andò ad annunciarlo a coloro che erano stati con lui, i quali facevano cordoglio e piangevano. 16,11 Essi, udito che egli viveva ed era stato visto da lei, non lo credettero. 16,12 Dopo questo, apparve in modo diverso a due di loro che erano in cammino verso i campi; 16,13 e questi andarono ad annunciarlo agli altri; ma neppure a quelli credettero. 16,14 Poi apparve agli undici mentre erano a tavola e li rimproverò della loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che l’avevano visto risuscitato. 16,15 E disse loro:


«Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura.»


16,16 Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato; ma chi non avrà creduto sarà condannato. Mar 16,9-16;

(Vedi anche Discorso 94: "Il Regno di Dio e i suoi eredi.")


Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi.

Mat 26,36 Allora Gesù andò con loro in un podere chiamato Getsemani e disse ai discepoli: «Sedete qui finché io sia andato là e abbia pregato». 26,37 E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a essere triste e angosciato. 26,38 Allora disse loro: «L’anima mia è oppressa da tristezza mortale; rimanete qui e vegliate con me». 26,39 E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi». Mat 26,36-39;


Come si evince dalle dichiarazioni del Signore, egli sperò fino alla fine che Dio decidesse diversamente, ma poi obbedì alla volontà del Padre. Invece di convertire gli israeliti senza Dio e conquistare il mondo con Israele come "capo tra le nazioni" e regnare in pace per mille anni, ora doveva morire sulla croce per la salvezza dell’umanità.

Ha rinunciato alla propria giustizia in nostro favore. Da essere umano perfettamente giusto si è fatto carico del peccato di tutto il mondo, si è fatto inchiodare alla croce e uccidere come un peccatore, riconciliando così il mondo con il suo Dio.

La crocifissione non è quindi una "dimostrazione", l’"indicazione della via" che gli esseri umani devono seguire, come, invece, sostiene una tesi cattolica. Nostro Signore Gesù Cristo si è fatto crocifiggere solo e unicamente perché altrimenti non ci sarebbe stato altro modo per soddisfare sia l’amore, ma anche la giustizia del Padre.

Probabilmente non c’è parabola migliore per spiegare l’azione di Dio della storia del principe Schamyl, capo àvaro del Caucaso settentrionale all’inizio del XIX secolo. Ce la riporta l’economista Roscher:

"Per mantenere l’unità e la disciplina nella sua tribù, il principe aveva emanato un ordine severo: nessuno poteva mettere le mani sul bottino, che apparteneva all’intera tribù. Chi violava quest’ordine era punito con 100 colpi di frusta.

Così successe che questo ordine venisse violato per la prima volta da parte dell’anziana madre del principe. Cosa bisognava fare ora? Se la punizione non fosse stata inflitta, sarebbe stata messa in discussione la giustizia del principe e la serietà dei suoi ordini sarebbe stata minata per sempre.

Roscher riferisce che il principe si chiuse nella sua tenda per un giorno intero. Poi uscì impartendo l’ordine di infliggere la punizione.

Ma appena il primo colpo risuonò sulla schiena della madre, si strappò il mantello, si gettò sopra alla madre e gridò ai soldati: Continuate a colpire e non un colpo in meno!

Così aveva trovato la soluzione! La madre si salvò e allo stesso tempo la schiena lacerata e sanguinante del principe mostrava quanto seriamente fossero da prendere i suoi ordini e quanta importanza venisse attribuita alla legge e alla giustizia all’interno della tribù".

(tratto da Werner de Boor: Der Brief an die Römer, WStB, R. Brockhaus Verlag \ [La Lettera ai Romani, WStB, R. Brockhaus Editore])



E così il sangue e la morte di Nostro Signore Gesù Cristo sulla croce ci mostra anche quanto spietato sia Dio nella sua giustizia contro il peccato e allo stesso tempo quanto grande sia il suo amore per noi esseri umani.

La conseguenza del peccato e della salvezza per grazia.

Il peccato è ogni atto che va contro i comandamenti di Dio (Es 20:3-17; Mat 5:21-48). La conseguenza di ognuno di questi atti è la morte del colpevole – e non solo la prima, la morte fisica, ma la seconda morte (Apoc 21:8), al quale la persona peccatrice sarà condannato al Giudizio Universale, dopo la risurrezione dai morti – la rinascita (Mat 19:28, 25:31) – con il suo corpo nuovo ed esistente eternamente. Proprio come la prima morte è solo un periodo di transizione fino alla risurrezione, così anche la seconda morte non è una estinzione della persona umana, ma piuttosto una esistenza eternamente, lontano da Dio nelle tenebre della dannazione.

Al fine di soddisfare la domanda giusta di Dio che i suoi comandamenti essere adempiuti, mentre allo stesso tempo offre quegli esseri umani che violano loro la possibilità di essere salvato da questa dannazione eterna, il Figlio di Dio è morto sulla croce sostituto per ogni singolo individuo umano (1Cor 15:3-5). Così tutti coloro che accettano nella fede il sacrificio redentore del Figlio di Dio in espiazione per i propri peccati possono essere salvati, e come peccatori che sono stati giustificati per la grazia può entrare nella vita eterna con Dio (Rom 5:9-11).