Discorso 89 – BENEDETTO XVI: La visione ebraica e cattolica di Gesù di Nazareth.




La comprensione ebraica della Scrittura.

Le tradizioni orali sono la chiave interpretativa della Sacra Scrittura?  / Libro di Papa Benedetto XVI, pag. 137 e ss.

La tradizione rabbinica.

Il fiasco della teologia ebraica.

L’interpretazione della Scrittura nella Chiesa cattolica.

L’interpretazione delle parabole.

Crimen sollicitationis. / Un documento segreto della Chiesa cattolica.

Guarigione di un cieco nato, Vangelo di Giovanni, capitolo 9:  / Commento di Alexandra Klein 00, 21-08-2012

Benedetto XVI: tra pretesa e verità.

La nuova dichiarazione della Congregazione cattolica per la dottrina della fede sulle chiese cristiane.

La Chiesa cattolica non può definirsi Chiesa "cristiana".


La comprensione ebraica della Scrittura.

Papa Benedetto XVI nel suo libro Gesù di Nazaret, recentemente pubblicato, nel quarto capitolo intitolato "Il discorso della montagna" cita, tra gli altri, l’ebreo Jacob Neusner, studioso di Scrittura contemporaneo, per spiegare che leggere il libro di Neusner "Un rabbino parla con Gesù" gli era stato di grande aiuto nella ricerca delle risposte relative al tema del discorso della montagna. E poiché sia Neusner che Ratzinger esprimono i propri punti di vista con relativa franchezza, qui possiamo trarre dei validi suggerimenti sui retroscena relativi rispettivamente alla comprensione della Scrittura sia ebraica che cattolica. Come, ad esempio, nel seguente passaggio:

(I testi nella cornice nera sono citazioni dei visitatori di questo sito o di altri autori!)

(Le tradizioni orali sono la chiave interpretativa della Sacra Scrittura? / Libro di Papa Benedetto XVI, pag. 137 e ss.)

Mentre ero alla ricerca di risposte, mi è stato di grande aiuto il libro che ho menzionato prima dello studioso ebreo Jakob Neusner, A Rabbi Talks with Jesus (Doubleday Publishers, New YorK 1993; in italiano: Un rabbino parla con Gesù (San Paolo Edizioni; 3° edizione, 2008).

Neusner è un credente ebreo e rabbino, cresciuto con amici cattolici ed evangelici, che insegna insieme a teologi cristiani all’università e nutre un profondo rispetto per la fede dei suoi colleghi cristiani, che, tuttavia, rimane intimamente convinto della validità dell’interpretazione ebraica delle Sacre Scritture. Il suo profondo rispetto per la fede cristiana e la sua fedeltà all’ebraismo lo hanno spinto a cercare un dialogo con Gesù.

Nel suo libro si colloca tra la moltitudine di discepoli di Gesù sul "monte" in Galilea. Ascolta Gesù e confronta le Sue parole con quelle dell’Antico Testamento e con le tradizioni rabbiniche, così come sono trascritte nella Mishnah e nel Talmud. In queste opere vede le tradizioni orali degli inizi, che gli forniscono la chiave per l’interpretazione della Torah. Ascolta, si confronta e parla con Gesù stesso. È colpito dalla grandezza e dalla purezza di ciò che viene detto, ma allo stesso tempo è turbato da quell’ultima incompatibilità che vede al centro del discorso della montagna. Poi insieme a Gesù continua a percorrere la via verso Gerusalemme e ascolta come nelle parole di Gesù ritorna e continua a svilupparsi la stessa tematica. Ininterrottamente cerca di comprendere, incessantemente è mosso dalla grandezza di Gesù, in continuazione parla con Lui. Ma alla fine decide di non seguire Gesù. Rimane – come dice lui stesso – con "l’eterno Israele" (Neusner, Un rabbino, pag. 362)."

(Estratto dal libro Gesù di Nazaret (pag. 134 e ss.) di Joseph Ratzinger – Papa Benedetto XVI, Rizzoli)



La tradizione rabbinica.

Neusner, dunque, vede nella Mishnah e nel Talmud, le opere della tradizione orale dell’esegesi ebraica delle Sacre Scritture, la "chiave interpretativa" della Torah (Pentateuco, i cinque libri di Mosè, i primi cinque libri della Bibbia). Il Talmud (istruzione o studio), di cui esiste una versione babilonese e una versione palestinese, è una delle due opere più importanti dell’ebraismo. Il Talmud è un’opera molto più vasta della Bibbia: le edizioni complete contano circa 10.000 pagine distribuite in dozzine di volumi.

La Mishnah (ripetizione o tradizione, insegnamento) costituisce la base del Talmud ed è la raccolta di tradizioni giuridico-religiose più importante dell’ebraismo rabbinico. Qui si tratta di quella parte della Torah, che, in base alla tradizione ebraica, Dio ha rivelato oralmente a Mosè sul monte Sinai; inizialmente fu trasmesso solo oralmente e alla fine fu codificato nei primi due secoli d.C. La Mishnah scritta in ebraico acquisisce la sua forma definitiva nel II secolo d.C. grazie alla competenza editoriale di Jehuda ha Nasi. È identica sia nel Talmud babilonese che in quello palestinese.

Oltre alla Mishnah, il Talmud comprende una seconda parte, la Gemara (insegnamento o sapienza, completamento), che consiste di commenti ed analisi della Mishnah in lingua aramaica. Sono il frutto di lunghe discussioni tra studiosi ebrei, che si tenevano soprattutto nelle università palestinesi e babilonesi. Partendo da domande puramente giuridiche si creavano delle connessioni con altri campi, come la medicina, le scienze naturali, la storia o la pedagogia. Inoltre, lo stile piuttosto neutro della Mishnah è stato arricchito con diverse fiabe, saghe, parabole, enigmi, ecc. La Gemara fu completata tra il V e l’VIII secolo d.C. A differenza dell’uniformità della Mishnah, le versioni della Gemara differiscono nel Talmud babilonese e palestinese.

Quindi il Talmud è formato dalla Mishnah e dalla Gemara e ha una struttura "dialogica". Mentre la Mishnah è una raccolta degli usi e costumi della tradizione orale, la Gemara ne discute presentando anche punti di vista contrari, che poi vengono discussi a loro volta. Nel Talmud, di conseguenza, prendono la parola molte voci diverse e non di rado la discussione divaga in discussioni più piccole o più grandi intorno a nuovi spunti. In questo modo non si parla solo di norme religiose (halachah), ma vengono anche raccontate storie, spiegazioni, proverbi e parabole (agadahh).

Lo sviluppo costante della tradizione attraverso discussioni, commenti ed analisi ha formato l’usuale stile dialettico del Talmud. La narrazione segue preferibilmente la forma dialogica tra diverse teorie rabbiniche, che alla fine porta a una decisone e restituisce la sua posizione determinante alla tradizione.

Fin qui un breve sunto delle opere della tradizione che J. Ratzinger nomina nel summenzionato estratto dal suo libro e che Jacob Neusner cita come fondamento della sua interpretazione della Scrittura. In queste brevi spiegazioni anche un laico riconosce l’intera problematica relativa all’interpretazione della Scrittura. Innanzitutto, la peculiare teoria rabbinica in base alla quale oltre a quei comandamenti, messi per iscritto nella Torah (nei cinque libri di Mosè), Dio avrebbe impartito a Mosè anche delle disposizioni orali, il che ovviamente spalanca le porte a qualsiasi altra aggiunta, arrivando ad arricchire queste interpretazioni rabbiniche con fiabe, leggende, parabole ed enigmi. Da ciò risulta un’immagine completamente sbiadita dell’interpretazione della Scrittura, plasmata da centinaia di punti di vista in parte contraddittori.

Non è più la Sacra Scrittura (Torah) in primo piano, ma tutti i commenti e le opinioni che innumerevoli rabbini hanno espresso sulla Torah e che poi sono state aggiunti al Talmud. E come conferma sopra Jacob Neusner, per gli studiosi della Scrittura queste tradizioni rabbiniche sono la "chiave interpretativa" della Torah, i primi cinque libri della Sacra Scrittura. In pratica, prima si rivolgono alla parola umana per interpretare con essa la Parola di Dio, invece di studiare prima la Parola di Dio, la Bibbia, con l’aiuto dello Spirito Santo, e solo in un secondo momento, se necessario, verificare e confrontare le differenti interpretazioni.


Il fiasco della teologia ebraica.

Questa pratica, tuttavia, non è un fenomeno della contemporaneità, ma già duemila anni fa costituiva un problema per gli studiosi della Scrittura dell’epoca. Altrimenti non si spiegherebbe come mai nell’Antico Testamento gli ebrei non abbiano riconosciuto i molti riferimenti al loro Messia, con i quali, in realtà, avrebbero dovuto avere familiarità in quanto conoscitori della Scrittura, e abbiano, invece, deciso di consegnare alla crocefissione come imbroglione e bestemmiatore il Figlio di Dio, quando andò da loro. E, ciò nonostante, il nostro Signore Gesù Cristo in persona abbia ripetutamente chiarito loro che era stato Dio a mandarlo da loro citando i rispettivi passaggi biblici dell’Antico Testamento. Così lo Spirito del Signore aveva citato il profeta Isaia per spiegare ai presenti che "si è adempiuta questa profezia, che voi udite":

Lo Spirito del Signore è sopra di me, perciò mi ha unto.

Luca 4,17 gli fu dato il libro del profeta Isaia. Aperto il libro, trovò quel passo dov’era scritto: 4,18 «Lo Spirito del Signore è sopra di me, perciò mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato per annunciare la liberazione ai prigionieri e il ricupero della vista ai ciechi; per rimettere in libertà gli oppressi, 4,19 per proclamare l’anno accettevole del Signore». 4,20 Poi, chiuso il libro e resolo all’inserviente, si mise a sedere; e gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi su di lui. 4,21 Egli prese a dir loro: «Oggi, si è adempiuta questa Scrittura, che voi udite». Luca 4,17-21;


Questo passaggio tratto dal capitolo 61 del Libro del profeta Isaia si trova nei capitoli Isa 60-62, tra le profezie relative al Regno di Dio sulla terra, il Regno millenario di pace del Messia. In questi tre capitoli il popolo d’Israele riceve la promessa che sarà radunato da Dio e vivrà un glorioso futuro sotto la guida del Figlio di Dio. E qui in Isa 61,1 questo unto da Dio, il Messia, si fa riconoscere.

Lo Spirito del Signore, di DIO, è su di me, perché il SIGNORE mi ha unto.

Isa 61,1 Lo Spirito del Signore, di DIO, è su di me, perché il SIGNORE mi ha unto per recare una buona notizia agli umili; mi ha inviato per fasciare quelli che hanno il cuore spezzato, per proclamare la libertà a quelli che sono schiavi, l’apertura del carcere ai prigionieri, 61,2 per proclamare l’anno di grazia del SIGNORE, il giorno di vendetta del nostro Dio; per consolare tutti quelli che sono afflitti; 61,3 per mettere, per dare agli afflitti di Sion un diadema invece di cenere, olio di gioia invece di dolore, il mantello di lode invece di uno spirito abbattuto, affinché siano chiamati querce di giustizia, la piantagione del SIGNORE per mostrare la sua gloria. Isa 61,1-3;

(Vedi anche Capitolo 10: "Il Millennio.")


Se, a quei tempi, Israele avesse accettato il suo Messia, tutte queste benedizioni e profezie sarebbero diventate realtà già allora. Il Regno millenario di pace – il Regno di Dio sulla terra – sarebbe iniziato in quel momento e Israele sarebbe divenuto il "capo delle nazioni" (Ger 31,7). Ma gli israeliti non vollero riconoscere Gesù e così portarono a se stessi e al mondo intero circa 2000 anni di guerre, odio, invidia e violenza. Tuttavia, queste profezie si realizzeranno quando ritornerà il Messia, il nostro Signore Gesù Cristo. Egli rapirà i credenti cristiani, radunerà Israele e assumerà il dominio del mondo.

Anche lo Spirito Santo aveva previsto che Israele avrebbe rifiutato il suo Messia e l’aveva profetizzato già nei Salmi:

La pietra che i costruttori avevano disprezzata è divenuta la pietra angolare.

Ps 118;16 La destra del SIGNORE si è alzata, la destra del SIGNORE fa prodigi». 118;17 Io non morirò, anzi vivrò, e racconterò le opere del SIGNORE. 118;18 Certo, il SIGNORE mi ha castigato, ma non mi ha dato in balìa della morte. 118;19 Apritemi le porte della giustizia; io vi entrerò, e celebrerò il SIGNORE. 118;20 Questa è la porta del SIGNORE; i giusti entreranno per essa. 118;21 Ti celebrerò perché mi hai risposto e sei stato la mia salvezza. 118;22 La pietra che i costruttori avevano disprezzata è divenuta la pietra angolare. 118;23 Questa è opera del SIGNORE, è cosa meravigliosa agli occhi nostri. 118;24 Questo è il giorno che il SIGNORE ci ha preparato; festeggiamo e rallegriamoci in esso. Salm 118,16-24;


Il Signore si riferiva a questo passaggio biblico dell’Antico Testamento quando ricordava alle guide religiose di Israele, i "costruttori", che il Figlio di Dio fatto uomo, che hanno disprezzato e respinto, ora sarebbe diventato il fondamento della costruzione della salvezza di Dio per tutta l’umanità di tutte le nazioni.

Non avete mai letto nelle Scritture: "La pietra che i costruttori hanno rifiutata è diventata pietra angolare"?

Mat 21,42 Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: "La pietra che i costruttori hanno rifiutata è diventata pietra angolare; ciò è stato fatto dal Signore, ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri"? 21,43 Perciò vi dico che il regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato a gente che ne faccia i frutti. 21,44 Chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato; ed essa stritolerà colui sul quale cadrà». 21,45 I capi dei sacerdoti e i farisei, udite le sue parabole, capirono che parlava di loro; 21,46 e cercavano di prenderlo, ma ebbero paura della folla, che lo riteneva un profeta. Mat 21,42-46; Mat 21,42-46;


E nella summenzionata dichiarazione in Mat 21,43 il Signore annuncia anche questo cambiamento nel piano di salvezza di Dio. Da questo momento in poi il Regno di Dio sarà tolto a Israele e dato a gente che ne faccia frutti. E come ci conferma il versetto Mat 21,45, i sommi sacerdoti e i farisei, udite le sue parabole, capirono benissimo che parlava di loro. Anche la parabola dei vignaioli omicidi non lascia dubbi su quale ruolo ricoprivano qui la teologia ebraica e gli studiosi della Scrittura di Israele.

"Costui è l’erede; venite, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra".

Mar 12,1 Poi cominciò a parlare loro in parabole: «Un uomo piantò una vigna, le fece attorno una siepe, vi scavò una buca per pigiare l’uva e vi costruì una torre; l’affittò a dei vignaiuoli e se ne andò in viaggio. 12,2 Al tempo della raccolta mandò a quei vignaiuoli un servo per ricevere da loro la sua parte dei frutti della vigna. 12,3 Ma essi lo presero, lo picchiarono e lo rimandarono a mani vuote.12, 4 Egli mandò loro un altro servo; e anche questo insultarono e ferirono alla testa. 12,5 Egli ne mandò un altro, e quelli lo uccisero; poi molti altri che picchiarono o uccisero.

12,6 Aveva ancora un unico figlio diletto e quello glielo mandò per ultimo, dicendo: "Avranno rispetto per mio figlio". 12,7 Ma quei vignaiuoli dissero tra di loro: "Costui è l’erede; venite, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra". 12,8 Così lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori dalla vigna.

12,9 Che farà dunque il padrone della vigna? Egli verrà, farà perire quei vignaiuoli e darà la vigna ad altri. Mar 12,1-9;


Il padrone della vigna in questa parabola è naturalmente Dio e la vigna è il popolo di Dio di Israele. I vignaioli, a cui è stata affidata la vigna, sono i capi del popolo di Israele nel corso della sua lunga storia. I servi rappresentano i servi di Dio, i profeti d’Israele, mandati da Dio a predicare ai capi di pentirsi e ripetutamente perseguitati, dispersi e persino uccisi dai governanti di Israele. Infine, l’unico figlio diletto, che il padrone manda ai vignaioli per ultimo, è il Figlio di Dio, il nostro Signore Gesù Cristo. E questi ultimi vignaioli che hanno ucciso il figlio, sono gli studiosi della Scrittura, i capi religiosi del popolo d’Israele ai tempi di Gesù, cioè i membri del Sinedrio sotto la guida del sommo sacerdote Caifa.

L’ultimo versetto di questa parabola, "Che farà dunque il padrone della vigna? Egli verrà, farà perire quei vignaiuoli e darà la vigna ad altri", ci porta alla parabola del re che organizzò le nozze di suo figlio.

Dite agli invitati: Io ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono ammazzati; tutto è pronto; venite alle nozze.

Mat 22,1 Gesù ricominciò a parlare loro in parabole, dicendo: 22,2 «Il regno dei cieli è simile a un re, il quale fece le nozze di suo figlio. 22,3 Mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze; ma questi non vollero venire. 22,4 Mandò una seconda volta altri servi, dicendo: "Dite agli invitati: Io ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono ammazzati; tutto è pronto; venite alle nozze".

22,5 Ma quelli, non curandosene, se ne andarono, chi al suo campo, chi al suo commercio; 22,6 altri poi, presero i suoi servi, li maltrattarono e li uccisero. 22,7 Allora il re si adirò, mandò le sue truppe a sterminare quegli omicidi e a bruciare la loro città. Mat 22,1-7;


In questa parabola Dio è il re; questi primi invitati che non vollero venire alle nozze rappresentano il popolo d’Israele. Furono "invitati" ad accogliere il loro Messia, ma non vollero farlo. I servi, che consegnavano gli inviti, anche qui sono i profeti dell’Antico Testamento, che hanno lasciato numerose profezie sul Messia, il Figlio di Dio, al popolo d’Israele. Ma i loro capi non li hanno ascoltati. Non vollero ascoltarli e li perseguitarono e uccisero.

Le truppe mandate dal re a sterminare quegli assassini e a bruciare la loro città, rappresentano i soldati romani di Tito, che 40 anni più tardi, nell‘anno 70, rasero completamente al suolo Gerusalemme, incendiando il tempio e altri 65 anni dopo gli israeliti furono cacciati dalla loro terra nella diaspora (Rivolta di Bar Kochba).  In realtà sorprende che fino a oggi i credenti ebrei di fede mosaica in Israele (non la maggior parte degli ebrei ortodossi nella diaspora!) non abbiano capito che questa dispersione nella diaspora, che dura già da quasi duemila anni, era la punizione del loro Dio per aver rifiutato Suo figlio e il loro Messia.

Nella summenzionata parabola del re che voleva organizzare le nozze del figlio, dopo il rifiuto del popolo d’Israele, il re ora invita nuovi ospiti alle nozze.

Andate dunque ai crocicchi delle strade e chiamate alle nozze quanti troverete.

Mat 22,8 Quindi disse ai suoi servi: "Le nozze sono pronte, ma gli invitati non ne erano degni. 22,9 Andate dunque ai crocicchi delle strade e chiamate alle nozze quanti troverete". 22,10 E quei servi, usciti per le strade, radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni; e la sala delle nozze fu piena di commensali.

22,11 Ora il re entrò per vedere quelli che erano a tavola e notò là un uomo che non aveva l’abito di nozze. 22,12 E gli disse: "Amico, come sei entrato qui senza avere un abito di nozze?" E costui rimase con la bocca chiusa. 22,13 Allora il re disse ai servitori: "Legatelo mani e piedi e gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti". 22,14 Poiché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti». Mat 22,8-13;


Questa volta non si fa alcuna selezione: chi si trova ai crocicchi delle strade è invitato alle nozze. Può venire chi vuole. E questa è la Nuova Alleanza. Da questo momento in poi tutte le nazioni del mondo sono invitate ad accettare l’offerta di Dio di credere in Suo Figlio. Tuttavia, nell’ultimo versetto di questa parabola si capisce che nonostante siano tutti invitati, non tutti possono partecipare alle nozze. Solo chi ha accettato il sacrificio di redenzione del Figlio di Dio sulla croce per i nostri peccati, chi cioè ha indossato "l’abito di nozze" ed è libero dai suoi peccati, può restare. Gli altri verranno buttati fuori. Così è stato, così è e così sarà fino a quel giorno in cui il Signore ritornerà.

Quindi il Regno di Dio fu tolto a Israele. Questa fu la più grande catastrofe che aveva colpito il popolo d’Israele fino a quel momento, e lo è ancora oggi, considerando il corso della sua storia. Furono separati dal loro Dio a livello spirituale e furono separati dal loro paese a livello terreno. Questa catastrofe fu causata dagli studiosi della Scrittura d’Israele e dalla loro incapacità di interpretare in maniera corretta le profezie della Torah relative al Messia. Ciò ci riporta al modo in cui hanno studiato, interpretato e insegnato la Sacra Scrittura – e continuano a farlo ancora oggi.

Qui la teologia ebraica ha fallito completamente. Nonostante millenni di studi biblici e ogni sorta di analisi e di interpretazione – o forse proprio per questo – nel momento in cui bisognava mostrare il successo della loro teologia hanno miserabilmente fallito. Hanno tolto la vera chiave della conoscenza, lo Spirito Santo nella Scrittura, e l’hanno sostituita con una "chiave interpretativa" del Talmud, basata su visioni e opinioni umane. Ma in questo modo gli studiosi della Scrittura d’Israele trascinarono con sé tutto il loro popolo alla rovina, come dice loro il Signore in Luc 11,52.

Guai a voi, dottori della legge, perché avete portato via la chiave della scienza!

Lk 11,52 Guai a voi, dottori della legge, perché avete portato via la chiave della scienza! Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito». 11,53 E quando fu uscito di là gli scribi e i farisei cominciarono a contrastarlo duramente e a farlo parlare su molte cose; tendendogli insidie, 11,54 per cogliere qualche parola che gli uscisse di bocca. Luca 11,52-54;


Come si evince dalle dichiarazioni di J. Ratzinger nel summenzionato estratto dal suo libro, anche gli accademici ebrei contemporanei – come Jacob Neusner – nominano immediatamente la Mishnah e il Talmud, se si chiede loro del fondamento della loro comprensione della Scrittura. Dunque non è cambiato nulla dai tempi di Gesù. Sembra che ancora oggi lo studio diretto della Sacra Scrittura – senza la Mishnah e il Talmud – sia piuttosto una rarità nella tradizione rabbinica. E questa sembra essere anche la ragione per cui fino a oggi la teologia ebraica non abbia riconosciuto e compreso il fatto biblico, documentato nella Scrittura, della prima Venuta del loro Messia sulla terra, né abbia mai ammesso di aver commesso un grande errore a quel tempo.

E, di conseguenza, qui sorge anche spontanea la domanda come il rabbino Neusner può essere stato di grande aiuto al papa, se lo stesso Neusner alla fine del suo "dialogo con Gesù", nonostante la sua attuale conoscenza, comunque, rifiuta e respinge la fede in Gesù Cristo, commettendo lo stesso errore che i suoi predecessori commisero 2000 anni fa. Questo certamente non poteva essere di grande aiuto, a meno che – in un caso alquanto improbabile – il papa non stia pensando di convertirsi alla fede ebraica.

Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli.

Mat 5,18 Poiché in verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un iota o un apice della legge passerà senza che tutto sia adempiuto. 5,19 Chi dunque avrà violato uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli; ma chi li avrà messi in pratica e insegnati sarà chiamato grande nel regno dei cieli. 5,20 Poiché io vi dico che se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli. Mat 5,18-20;


L’interpretazione della Scrittura nella Chiesa cattolica.

Tuttavia, la teologia ebraica ha trovato una meticolosa imitatrice nella Chiesa cattolica riguardo allo studio della Scrittura e relativamente ad altri punti (si pensi soltanto alla liturgia). Anche qui la Bibbia viene studiata solo dai pochissimi membri del clero e anche qui la Sacra Scrittura passa in secondo piano quando si tratta delle questioni fondamentali della fede. Così il cattolico Concilio di Trento (1545-63) respinse la Bibbia come unica fonte della rivelazione divina e riconobbe la tradizione cattolica – cioè la trasmissione orale e scritta di comunicazioni dottrinali cattoliche (compresi i dogmi), cioè di natura umana – come fonte principale della fede, equivalente e con la stessa autorità della Sacra Scrittura. E, di conseguenza, anche il mio informatissimo interlocutore cattolico nel Discorso 78, il professor John Waterfield, mi ha assicurato che nella Chiesa cattolica

""(…) la superiorità della tradizione (il depositum fidei o ‘l’economia della Rivelazione’ come la chiama il cardinale Newman) rispetto alla parola scritta della Bibbia è importante e indispensabile".

(Vedi anche Discorso 78: "La Chiesa cattolica e la Bibbia – una disputa.")


Analogamente alla teologia ebraica, anche la "tradizione" cattolica (in parte nel catechismo) comprende sia le tradizioni scritte che quelle orali. Se, dunque, nella Chiesa cattolica questa tradizione – le tradizioni scritte e orali extra canoniche – è superiore alle dichiarazioni della Sacra Scrittura, allora la Chiesa cattolica commette lo stesso errore dagli studiosi della Scrittura ebrei: toglie la chiave della conoscenza, sbarrando così la strada a coloro che vogliono avere accesso all’unica vera fede.

E, di conseguenza, nella Chiesa cattolica si nota la stessa incomprensione nell’interpretazione della Scrittura degli scribi ebrei dai tempi di Gesù fino ai giorni nostri.


L’interpretazione delle parabole.

(I testi nella cornice nera sono citazioni dei visitatori di questo sito o di altri autori!)

(Il simbolismo dell’acqua nel Vangelo di Giovanni. / "Gesù di Nazaret" / Libro di papa Benedetto XVI, pag. 282 e ss.)

Ma ora andiamo oltre a queste indicazioni generali sul simbolismo storico-religioso dell’acqua e passiamo al Vangelo di Giovanni. Il simbolismo dell’acqua percorre il Vangelo dall’inizio alla fine. Lo incontriamo per la prima volta nella conversazione tra Gesù e Nicodemo nel 3. capitolo. Per poter entrare nel Regno di Dio, l’essere umano deve essere nato d’acqua e di Spirito (3,5), deve nascere di nuovo, diventare un’altra persona. Cosa significa questo?

Il battesimo come accesso alla comunione con Cristo, ci viene spiegato come una rinascita, e ciò – similmente alla nascita naturale dovuta alle capacità generatrici dell’uomo e di concepimento della donna – implica un doppio principio: lo Spirito di Dio e l’acqua, la ‘madre universale’ della vita naturale – nel sacramento elevata per grazia a immagine-sorella della vergine Theotokos" (Rech, [al luogo citata], II, pag. 303)


(Estratto dal libro Gesù di Nazaret di Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI, Rizzoli)


Poiché Ratzinger non cita il testo del passaggio a cui si riferisce nella conversazione tra Gesù e Nicodemo, qui osserveremo nel dettaglio questo passaggio insieme al suo contesto al fine di verificare la summenzionata interpretazione.

Se uno non è nato d’acqua e di Spirito.

Giov 3,3 Gesù gli rispose: «In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio». 3,4 Nicodemo gli disse: «Come può un uomo nascere quando è già vecchio? Può egli entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e nascere?» 3,5 Gesù rispose: «In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d’acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio. 3,6 Quello che è nato dalla carne, è carne; e quello che è nato dallo Spirito, è spirito.». Giov 3,3-6;


Nel versetto 3 il Signore dice, "se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio", e ora da ciò J. Ratzinger deduce: "Il battesimo come accesso alla comunione con Cristo ci viene spiegato come una rinascita". Ma qui non si parla né di "battesimo", né di "accesso alla comunione con Cristo".

Nicodemo conosceva solo la nascita biologica e fisica e perciò qui chiedeva al Signore, se per nascere di nuovo potevamo entrare una seconda volta nel grembo delle nostre madri. E il Signore gli spiega che per entrare nel Regno di Dio (Giov 16:22-23) abbiamo bisogno sia della nostra nascita biologica dal grembo materno – la nascita dall’acqua (liquido amniotico!) – che della nostra rinascita, cioè quella dallo Spirito nel momento della Risurrezione dei morti. Chi non è nato biologicamente, dall’acqua, non è in vita e, di conseguenza, non può neanche nascere di nuovo – dallo Spirito – nel momento della Risurrezione.

Quella del Signore era sia una risposta alla domanda dello scriba, ma anche una maniera per riprendere il tema qui trattato della rinascita. Egli disse: "Se uno non è nato d’acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio (cielo)." Questo vuol dire che per entrare nel Regno di Dio sono necessarie sia la nostra nascita biologica, carnale – la nascita dall’acqua (liquido amniotico) – che la nostra rinascita, cioè quella dallo Spirito nel momento della Risurrezione dei morti.

E questa rinascita, di cui qui parla il Signore, non è neanche la falsamente detta "rinascita" del cristiano durante la sua vita, che, è in base alla Scrittura, non è la rinascita spirituale, ma solo la rigenerazione spirituale.

(Vedi anche Discorso 85: "Vera e falsa rinascita.".)


Accanto alla summenzionata dichiarazione in Giov 3,5, dove il Signore dice che dobbiamo nascere d’acqua e di Spirito, cioè nascere e rinascere, troviamo una Sua affermazione molto concreta a proposito della rinascita.

Nella rinascita, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria.

Mat 19,28 E Gesù disse loro: «Io vi dico in verità che nella rinascita, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, anche voi, che mi avete seguito, sarete seduti su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Mat 19,28;


Nel testo greco si parla in maniera del tutto esplicita di "rinascita" (palingenesis) e non di "rigenerazione" (anagennesis), come in quei passaggi che erroneamente vengono spesso tradotti con la "rinascita" del cristiano durante la sua vita (1Piet 1,3; 1,23 ecc.).

Questa rinascita, di cui il Signore parla nel summenzionato passaggio in Mat 19,28, non è raggiungibile durante la vita dell’essere umano, ma evidentemente, in base ai riferimenti del contesto, avverrà solo in futuro. Questo è il momento in cui il Signore sarà seduto sul trono della Sua gloria a giudicare il mondo. Allora anche gli apostoli siederanno sui troni a giudicare le dodici tribù d’Israele.

Il Figlio dell’uomo si siederà sul trono della sua gloria e giudicherà tutte le gente.

Mat 25,31 Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. 25,32 E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri. Mat 25,31-32;


Questo è dunque il momento del Giudizio Universale. E l’evento immediatamente precedente al Giudizio Universale è la Risurrezione Universale. Tutti gli esseri umani di tutte le nazioni risusciteranno dai morti per comparire davanti al Giudizio di Dio. E questa Risurrezione, in cui i morti torneranno in vita e rinasceranno attraverso lo Spirito, è ciò che il Signore chiama la rinascita nel discorso con Nicodemo.

(Vedi anche Tabella 13: "Il giudizio sui popoli alla fine del mondo.".)


Vediamo quindi che le parole "acqua e Spirito", pronunciate dal Signore in Giov 3,5, non possono essere interpretate da J. Ratzinger in maniera simbolica come "battesimo" e "accesso alla comunione con Cristo". Qui si tratta, piuttosto, della spiegazione letterale di un processo del tutto reale: nessuno può realmente accedere all’eternità, se non chi è nato sia fisicamente – dall’acqua – e poi sia rinato anche spiritualmente nel momento della Risurrezione.

Le ulteriori conclusioni del papa e della teologa Photina Rech da lui citata, per cui alla rinascita appartengono "lo Spirito di Dio e l’acqua della ‘madre universale’ della vita naturale" – a parte la ‘madre universale’ – di conseguenza, non sono così sbagliate. Tuttavia, Ratzinger lo colloca qui su uno contesto completamente diverso e – come potrebbe essere diversamente – anche in riferimento all’"immagine-sorella della vergine Theotokos" (Theotokos significa genitrice di Dio ed è un appellativo della cattolica Maria nelle chiese ortodosse).

J. Ratzinger interpreta quindi l’acqua – di cui il Signore dice semplicemente a Nicodemo che l’essere umano sarebbe nato dall’acqua nel grembo di sua madre – una volta come simbolo del battesimo, poi come simbolo della rinascita e infine come "acqua della ‘madre universale’ della vita naturale" e "immagine-sorella" della cattolica Maria. Qui si riconosce esattamente come l’esegesi che non si mette alla prova e non prende come punto di riferimento costante la Scrittura lasciando libero corso alla fantasia e ai desideri plasmati dai dogmi, non solo sprofonda sempre più in fondo al pantano di dottrine di fede autoprodotte, ma seduce e trascina con sé anche tutte quelle persone che, senza verificarne la veridicità, credono a queste idee e affermazioni, e le adottano nel proprio percorso di fede.


(I testi nella cornice nera sono citazioni dei visitatori di questo sito o di altri autori!)

(La rinascita. / "Gesù di Nazaret" di papa Benedetto XVI, pag. 282 e ss.)

La rinascita – per dirla diversamente – richiede la forza creativa dello Spirito di Dio, ma anche il sacramento del grembo materno della Chiesa che riceve e accoglie. Photina Rech cita Tertulliano: "Cristo non è mai senza acqua" (De baptismo IX, 4), e nel tentativo di correggere questo detto un po’ enigmatico dichiara: "Cristo non è mai senza Ekklesia… " (Rech, ibid., II, p. 304). Spirito e acqua, cielo e terra, Cristo e Chiesa, vanno insieme. È così che avviene la "rinascita". Nel sacramento l’acqua sta per terra materna, per santa Chiesa, che incorpora e rappresenta la creazione.


(Estratto dal libro Gesù di Nazaret di Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI, Rizzoli)



Anche questa interpretazione dimostra in maniera allarmante a quali idee assurde e assolutamente bizzarre si perviene quando non si prende come base la Scrittura, ma opinioni umane e interpretazioni (Rech, Tertulliano). Mentre prima si supponeva che l’acqua si riferiva al battesimo e alla rinascita, qui si sostiene: "Nel sacramento l’acqua sta per terra materna, per santa Chiesa, che incorpora e rappresenta la creazione".

Per rendere un po‘ più leggero l’argomento, permettetemi a questo punto di inserire un esempio tratto dall’ambito militare per mostrare l’efficacia di una comunicazione fortemente stratificata. Questo esempio viene spesso fatto nei seminari di management per documentare i casi studio relativi al mondo del lavoro.

L’eclisse solare. / Uno studio in teoria della comunicazione
Il comandante di compagnia al capitano:


0

Domani alle 9:00 ci sarà un‘eclisse solare. Cioè qualcosa che non si vede tutti i giorni. Faccia schierare la compagnia in uniforme d’ordinanza. Io personalmente darò istruzioni, mentre osserveremo questo raro evento. Se dovesse piovere, non lo vedremo bene. In questo caso la compagnia si recherà in refettorio.


Il capitano al sottotenente:

0

Su comando del comandante di compagnia domani alle 9:00 avrà luogo un’eclisse solare. Se dovesse piovere, non la vedremo bene in uniforme d‘ordinanza dal piazzale della caserma. In questo caso vedremo il calare del sole dal refettorio. Cioè qualcosa che non si vede tutti giorni.


Il sottotenente al sottufficiale:

0

Su comando del comandante di compagnia, domani alle 9:00 vedremo il calare del sole in uniforme d’ordinanza dal refettorio. Il comandante di compagnia darà ordini, se dovesse piovere. Cioè qualcosa che non si vede tutti i giorni.


Il sottufficiale al caporale:

0

Se domani dovesse piovere nel refettorio, cioè qualcosa che non si vede tutti i giorni, alle 9:00 il nostro comandante di compagnia sparirà in uniforme d’ordinanza.


Il caporale ai militari:

0

Domani alle 9:00 il nostro comandante di compagnia sparirà. Peccato che ciò non si veda tutti i giorni.




Una cosa molto simile succede nel caso dell‘interpretazione biblica del papa, dove dalla nascita dall’acqua improvvisamente emerge la santa Chiesa cattolica, che dal canto suo incorpora subito l’intera creazione. Anche se le conclusioni di simili "studi" suscitano sonore risate, le interpretazioni del papa e le sue conclusioni che da esse trae destano piuttosto serie preoccupazioni, come vedremo tra breve.

Si potrebbero riempire pagine di controargomentazioni soltanto quando dichiara: "Nel sacramento l’acqua sta per terra materna (!), per santa Chiesa (!), che incorpora (!) e rappresenta la creazione". Tuttavia, qui ci riferiremo soltanto allo sfondo più evidente e più pericoloso di questa formulazione di J. Ratzinger.

Anche a causa di molte altre dichiarazioni del Vaticano, qui si tratta di invitare le religioni di tutto il mondo a unirsi all’"unica e sola Chiesa cattolica romana". Qui con "terra materna" – la "madre natura" adorata da molti popoli primitivi – si intende la Chiesa cattolica, che "incorpora la creazione", cioè unisce in sé tutti i popoli e tutte le religioni.

E questo invito è rivolto alle religioni naturali di qualsiasi colore. Lì dove la Chiesa cattolica si è stabilita già da secoli, come ad esempio in Brasile, dove il 93% della popolazione di oggi è cattolica, questi "cristiani" e i loro preti cattolici non ci trovano nulla di strano se dopo la messa domenicale adorano e portano sacrifici agli spiriti della foresta e della terra – che intanto sono stati promossi "santi" cattolici. In Africa esistono pratiche sciamaniche e riti voodoo molto simili. Questo è il reale cattolicesimo che esiste in questi paesi.

Ma anche gli animisti con il loro culto dei morti, di cui la Chiesa cattolica è già stata un precedente con la sua adorazione dei santi, sono i benvenuti qui perché così aumentano il numero dei membri e rafforzano il potere della Chiesa cattolica. E anche se nelle grandi religioni, come il buddismo, l’induismo e le altre due religioni monoteiste, l’ebraismo e l’islam, dovrebbe essere molto più difficile, anche qui ci si impegna diligentemente a trovare interessati e convertirli in cattolici (non in cristiani!).

E, inoltre, viene anche fatto un cattivo uso della parabola del buon samaritano, interpretata in maniera errata e trasformata il messaggio nel suo contrario. In questa parabola, uno scriba chiede al Signore chi è il "prossimo" che ci viene comandato di amare come noi stessi (Lev 19:18). Il Signore racconta poi la nota parabola del Buon Samaritano (Luca 10:30-37.)

In questa parabola, un ebreo viene attaccato dai ladri e giace ferito sulla strada. Due clerici ebrei mosaici gli passano accanto con noncuranza, mentre un uomo di Samaria, un popolo che gli israeliti consideravano miscredente, raccoglie il ferito e lo aiuta. Alla fine della sua relazione, il Signore chiese allo scriba:

"Quale di questi tre credi che fosse più vicino a colui che cadde tra i briganti? Al che lo scriba rispose: "Colui che ha avuto pietà di lui".


Mentre qui il Signore Gesù spiega agli scribi che il "prossimo" dell’uomo aggredito è il samaritano, il quale dovrebbe essere amato da lui proprio grazie all’aiuto ricevuto, Ratzinger capovolge la parabola nella consueta maniera cattolica e spiega:

"Poi sopraggiunge un samaritano, probabilmente un mercante che deve percorrere spesso quel tratto di strada ed evidentemente conosce il padrone della locanda più vicina; un samaritano, quindi uno che non appartiene alla comunità solidale di Israele e non è tenuto a vedere nella persona assalita dai briganti il suo ‘prossimo’" (pag. 236)


Cioè il prossimo del samaritano non è colui che viene attaccato, ma, al contrario, il samaritano grazie al suo aiuto è diventato il prossimo di colui che viene attaccato e da quest’ultimo deve essere amato. Di conseguenza, tutti questi noti inviti a donare ai poveri di tutto il mondo in nome dell’amore per il prossimo esulano completamente dal significato di questa parabola, dato che qui per amore per il prossimo si intende l’amore del bisognoso d’aiuto nei confronti del suo benefattore; perciò l’invito ad amare il prossimo (carità) dovrebbe essere rivolto ai poveri.

Anche la Chiesa cattolica invita costantemente a donare al terzo mondo. Ma evidentemente il Vaticano stesso ne è esonerato. La Chiesa cattolica distribuisce sempre e solo il denaro che i suoi membri hanno raccolto dai cittadini in diverse occasioni. A tal riguardo ancora non ho mai sentito che il papa stesso – cioè il Vaticano – abbia versato un considerevole contribuito finanziario.

La Chiesa cattolica non è ben nota per le sue donazioni ai poveri, bensì per le sanzioni pecuniarie che questa Chiesa dovrà pagare per gli abusi sessuali su bambini perpetrati dal suo clero in celibato. Recentemente negli Stati Uniti d’America si sono conclusi diversi processi, che hanno visto la Chiesa cattolica romana condannata a pagare salate sanzioni pecuniarie.

Nella diocesi californiana Santa Rosa la Chiesa cattolica è stata condannata a pagare un risarcimento di 3,3 milioni di dollari (2,5 milioni di euro) perché un prete aveva abusato sessualmente di una ragazzina di 14 anni.

americano del Kentucky, la corte ha accolto una class action di diverse centinaia di vittime di abusi sessuali perpetrati da preti cattolici condannando la Chiesa cattolica a pagare un risarcimento di 120 milioni di dollari (92 milioni di euro).

La diocesi cattolica romana di Boston lo scorso anno è stata costretta a risarcire 300 vittime di abusi sessuali perpetrati da preti cattolici versando la somma di 85 milioni di dollari (circa 65 milioni di euro).

E molto recentemente – a metà luglio del 2007 – in una class action intentata dalle vittime di abusi, l’arcidiocesi di Los Angeles, un giorno prima dell’inizio del processo, si è detta disponibile a un accordo extragiudiziale e pronta a risarcire un totale di 500 vittime di abusi sessuali perpetrati da preti cattolici pagando la somma di 480 milioni di dollari (circa 370 milioni di euro).

Al momento ci sono altre 150 cause pendenti nelle diocesi della California del nord.


Tuttavia, nella maggior parte di questi crimini i pedofili non sono stati puniti dalla Chiesa cattolica, ma i loro superiori li hanno semplicemente trasferiti da una parrocchia all’altra, dove hanno potuto continuare a molestare altri bambini. Il Vaticano si è anche rifiutato di consegnare i preti pedofili alle autorità. In presenza di mandati di cattura internazionali, i preti coinvolti vengono portati in Vaticano, dove vige l’extraterritorialità, che impedisce qualsiasi azione legale alle autorità.

Non sapete voi che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio?

1Cor 6,9 Non sapete voi che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non v’ingannate: né i fornicatori, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né gli omosessuali, 6,10 né i ladri, né gli avari, né gli ubriaconi, né gli oltraggiatori, né i rapinatori erediteranno il regno di Dio. 1Cor 6, 9-10;


A gennaio del 2001 Papa Benedetto XVI, in quanto prefetto della Congregazione cattolica per la dottrina della fede, aveva inviato una lettera su questo tema a tutti i vescovi cattolici del mondo, in cui dava disposizioni a proposito delle procedure da adottare in casi di abusi sessuali perpetrati da preti cattolici. Nella lettera il papa faceva riferimento anche al documento segreto "Crimen sollicitationis", redatto in latino nel 1962 dal Sant’Uffizio (oggi Congregazione della dottrina della fede), e in particolare alle disposizioni che si devono adottare in simili casi. Tuttavia, la Chiesa cattolica non può sottrarsi al giudizio dei tribunali quando le infliggono pesanti pene pecuniarie e la condannano a risarcire i danni.


(I testi nella cornice nera sono citazioni dei visitatori di questo sito o di altri autori!)

(Crimen sollicitationis / Un documento segreto della Chiesa cattolica)

Crimen sollicitationis (dal latino, delitto di istigazione (a delinquere) è un documento segreto del Vaticano, redatto nel 1962 dalla Sacra Congregatio Sancti Officii (Sacra Congregazione del Sant’Uffizio), oggi Congregatio pro doctrina fidei (Congregazione per la dottrina della fede). Il documento fu redatto dal cardinale Alfredo Ottaviani e approvato da papa Giovanni XXIII. Contiene disposizioni che i cardinali avrebbero dovuto adottare in caso di accuse di abusi sessuali dirette a preti. I legali canonici non sono d’accordo sull’estensione della validità del documento nel presente. In caso di crimen sollicitationis è richiesto di mantenere segreti gli eventi di questa natura; questa segretezza viene estesa anche al documento stesso e alle vittime. La violazione della segretezza, tra le pene, prevede la scomunica.

Crimen sollicitationis venne alla luce nel 2001 perché l’allora cardinale J. Ratzinger vi si riferì in una lettera [1] indirizzata ai vescovi, in cui venivano presentate le nuove procedure da adottare per trattare simili accuse di abusi sessuali.

Negli Stati Uniti d’America durante i processi civili contro i preti pedofili, i difensori delle vittime hanno dichiarato che Crimen sollicitationis è la prova dell’ostruzione della giustizia da parte della Chiesa cattolica. I difensori della Chiesa hanno ribattuto che il documento non vieta ai vescovi di informare le autorità pubbliche e che la segretezza vale solo per i processi che si svolgono all’interno della Chiesa.

Padre Tom Doyle, ex legale canonico, in un’intervista rilasciata alla britannica BBC disse che il documento è "una direttiva espressamente scritta per mettere a tacere i casi di abusi sessuali perpetrati da preti, per punire coloro che richiamano l’attenzione su questi crimini del clero" (an explicit written policy to cover up cases of child sexual abuse by the clergy, to punish those who would call attention to these crimes by the churchmen).


Volltext von Crimen sollicitationis auf Latein, 1.9 MB PDF [Testo completo in latino di Crimen sollicitationis, 1.9 MB PDF]
Englische Übersetzung, 1.8 MB PDF [Traduzione inglese, 1.8 MB PDF]

Auszug aus Wikipedia-Crimen sollicitationis [Estratto da Wikipedia-Crimen sollicitationis]




Sembra che la Chiesa Cattolica con l’indice alzato inviti il mondo intero a donare ai poveri del terzo mondo, affinché possa permettersi di pagare i colossali risarcimenti per gli abusi sessuali del suo clero. Proprio le persone del terzo mondo sono quelle a cui il papa rivolge il suo summenzionato invito a entrare nella "santa Chiesa, che incorpora e rappresenta la creazione". Si potrebbe pensare, a prima vista, che sono i cittadini dei paesi sviluppati a sostenere finanziariamente i poveri del terzo mondo, mentre quest’ultimi – come in Brasile – mostrerebbero la loro gratitudine attraverso l’adesione alla Chiesa cattolica. Ciò si nota anche nelle seguenti parole del papa:

"L’attualità della parabola (del buon Samaritano) è lampante. Se la applichiamo alle dimensioni della società globalizzata, vediamo come le popolazioni dell’Africa che si trovano derubate e saccheggiate ci riguardano da vicino." (pag. 238)


I commenti del papa qui si riferiscono all’Africa, anche se, in questo contesto, si dovrebbero menzionare soprattutto le popolazioni dell’America latina, che circa 500 anni fa sono state massacrate brutalmente dai cattolici spagnoli (conquistadores) per saccheggiare i loro tesori d’oro e d’argento. Con le loro conquiste i conquistadores distrussero i grandi imperi degli Inca (battaglia di Cajamarca), dei Maya e degli Aztechi. Si stima che tra il 1500 e il 1600 persero la vita circa 50 milioni di indios, direttamente o indirettamente per opera dei conquistadores. E tutto questo con l’approvazione del papa, che aveva ordinato la cattolicizzazione degli indios nominando a tale scopo il re spagnolo come suo rappresentante.

Risale a quei tempi anche il seguente racconto di Hatuey, cacicco (capo villaggio) indigeno famoso ancora oggi a Cuba e prominente figura della resistenza, che prima di essere arso sul rogo fu invitato a convertirsi dal frate francescano che era insieme ai conquistadores, affinché potesse entrare nel Regno dei cieli.

"Il cacicco ci pensò un po‘ e poi chiese al frate se anche i cristiani spagnoli andassero in cielo. Certo, disse il frate, tutti i buoni cristiani vanno in cielo, anche gli spagnoli! Immediatamente e senza ulteriori indugi il cacicco replicò che lì non ci voleva andare, ma che piuttosto sarebbe andato all’inferno per non vedere più persone così crudeli."


Ancora più sorprendente è il fatto che in occasione della sua recente visita in Brasile il papa ha espresso l’idea che la Chiesa cattolica non si è imposta con la forza sui nativi latinoamericani. Piuttosto erano le tribù che in silenzio aspettavano con ansia (sic!) l‘arrivo dei preti che accompagnava la conquista spagnola. E ancora: "In nessun modo l’annuncio del Vangelo ha mai comportato l’alienazione delle civiltà precolombiane, né l’occupazione di territori, né l’imposizione di una cultura straniera". Gli esperti di storia lo sanno bene.

Ma poiché oggi le persone non possono più essere minacciate di essere arse su rogo, se non si convertono alla fede cattolica, la Chiesa, cambiando un po’ la tattica, promette loro di accettare e integrare nella religione cattolica gli idoli e gli spiriti delle loro religioni. E così poi anche il papa arriva a parlare di questa strategia segreta della Chiesa cattolica, quando scrive:

"Invece di dare loro Dio, il Dio in Cristo vicino a noi, e accogliere così dalle loro tradizioni tutto ciò che è prezioso e grande e portarlo a compimento, abbiamo portato loro il cinismo di un mondo senza Dio, in cui contano solo il potere e il profitto (…)." (pag. 238)


La Chiesa cattolica quindi vuole accogliere tutto ciò che è prezioso e grande dalle tradizioni di questi popoli primitivi – come l’idolatria, il culto degli antenati, l’adorazione degli spiriti e le religioni voodoo – e portarlo a compimento (!). Il summenzionato esempio del Brasile mostra quanto questa strategia fosse vincente già in passato. Queste antiche religioni legate alla natura e agli spiriti continuano a sopravvivere allegramente all’interno del cattolicesimo con il nome di Chiesa cattolica. E ciò spiega anche perché nel cattolicesimo si nutrono abitudini completamente aliene alla Bibbia, come l’idolatria (la venerazione della cattolica "Maria" e di altre figure di legno e di pietra), il culto dei morti (l’adorazione dei "santi" defunti), il battesimo di bambini innocenti, il culto della magia dove presumibilmente attraverso la "transustanziazione" il pane e il vino vengono trasformati nel corpo e nel sangue di Cristo, e altri ancora.

I loro idoli sono argento e oro, opera delle mani dell’uomo.

Salm 1115,3 Il nostro Dio è nei cieli; egli fa tutto ciò che gli piace. 115,4 I loro idoli sono argento e oro, opera delle mani dell’uomo. 115,5 Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, 115,6 hanno orecchi e non odono, hanno naso e non odorano, 115,7 hanno mani e non toccano, hanno piedi e non camminano, la loro gola non emette alcun suono. 115,8 Come loro sono quelli che li fanno, tutti quelli che in essi confidano.Salm 115,3-8;

Gli idoli sono come spauracchi in un campo di cocomeri, e non parlano; bisogna portarli, perché non possono camminare.

Ger 10,2 «Non imparate a camminare nella via delle nazioni, e non abbiate paura dei segni del cielo, perché sono le nazioni quelle che ne hanno paura. 10,3 Infatti i costumi dei popoli sono vanità; poiché si taglia un albero nella foresta e le mani dell’operaio lo lavorano con l’ascia; 10,4 lo si adorna d’argento e d’oro, lo si fissa con chiodi e con i martelli perché non si muova. 10,5 Gli idoli sono come spauracchi in un campo di cocomeri, e non parlano; bisogna portarli, perché non possono camminare. Non li temete! perché non possono fare nessun male, e non è in loro potere di far del bene». Ger 10,2-5;


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(Il battesimo. / "Gesù di Nazareth", libro di papa Benedetto XVI, pag. 284 e ss.)

Poi incontriamo ancora una volta il simbolismo dell’acqua nel capitolo 9, dove Gesù guarisce un cieco dalla nascita. In base alle istruzioni di Gesù, il processo di guarigione prevede che il cieco faccia il bagno nelle acque della piscina di Siloe. In questo modo otterrà la vista. "Siloe, che significa ‘mandato’", fa notare l’evangelista al lettore che non conosceva l’ebraico (Giov 9,7). Ma questa è più di un’osservazione filologica. Qui ci viene rivelata la vera ragione del miracolo. Perché "il mandato" è Gesù. In ultima analisi è Gesù, attraverso cui e in cui il cieco si purifica per acquistare la vista. L’intero capitolo si rivela essere un‘interpretazione del battesimo, che ci permette di vedere. Cristo è il donatore della luce, che ci apre gli occhi attraverso l’intercessione del sacramento.


(Estratto dal libro Gesù di Nazareth di Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI, Rizzoli)



Ovviamente qui il papa non si avvale del supporto di altri esegeti, ma interpreta il testo personalmente. Mentre si può essere assolutamente d’accordo con l’interpretazione di Cristo come donatore di luce, la guarigione del cieco nato come simbolo del battesimo deve essere accettata con qualche riserva. Il battesimo non ci rende "vedenti" – cioè credenti – perché in base alla Scrittura il battesimo è la conseguenza e non il presupposto della conversione.

Ravvedetevi e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo.

Atti 2,38 E Pietro a loro: «Ravvedetevi e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo. Atti 2,38;


Tuttavia, se fosse davvero così come intende il papa, cioè che "attraverso l’intercessione del sacramento" (del battesimo) verrebbero aperti gli occhi degli esseri umani, intendendo quindi il battesimo come l’atto della conversione, allora sarebbe proprio la Chiesa cattolica a impedire questo atto della conoscenza. Qui non si praticano battesimi di persone adulte, ma si battezzano bambini piccoli subito dopo la nascita. E poiché questi bambini non sono minimamente consapevoli della loro colpa, di conseguenza, il battessimo cattolico non li rende "vedenti", come chiarisce sopra J. Ratzinger.

L’infallibile papa (secondo la dottrina cattolica) qui commette un duplice errore; da un lato, perché sostiene che il battesimo è l’atto della conversione – che in base alla Scrittura è chiaramente falso – e, dall’altro, perché la Chiesa cattolica pratica un battesimo di bambini non contemplato dalla Bibbia, ed è assolutamente impossibile che un bambino piccolo possa esprimere un simile atto intellettuale. Ma questo doppio errore del papa potrebbe anche essere un’indicazione del fatto che egli qui abbia effettivamente parlato ex cathedra, cioè abbia parlato nello Spirito Santo, il quale voleva suggerire al papa che la sua personale interpretazione in merito al battesimo (di adulti) chiaramente contraddice la relativa dottrina della Chiesa Cattolica con il suo battesimo di bambini.

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(Guarigione di un cieco nato, Vangelo di Giovanni, capitolo 9: / Commento di Alexandra Klein 00, 21-08-2012)

La guarigione del cieco dalla nascita come simbolo del battesimo semplicemente non è valida o impossibile perché nel Vangelo di Giovanni non era Gesù che battezzava: in Giov 4:1-3 quando Gesù seppe che i farisei avevano udito che egli faceva e battezzava più discepoli di Giovanni – sebbene non fosse Gesù che battezzava, ma i suoi discepoli – lasciò la Giudea e se ne andò di nuovo in Galilea.
Quindi il cieco dalla nascita non si è diretto verso Gesù, il mandato, con l’intenzione di battezzarsi, e, infatti, non lo aveva fatto.
Dal momento in cui Gesù passando vide un uomo, che era cieco fin dalla nascita, fino al momento in cui il cieco tornò che ci vedeva – Giov 9:1-7 – il cieco non esprime alcun desiderio o alcuna intenzione. Fino al versetto 7 non aveva ancora capito cosa stesse succedendo! E, cosa importante, non aveva ricevuto alcuna istruzione.
Nel versetto 4 si dice: Bisogna che NOI compiamo le opere di colui che mi ha mandato mentre è giorno; la notte viene in cui nessuno può operare.
NOI, dunque, sono i discepoli E Gesù.
Questa è solo la nota interpretazione della missione di evangelizzazione dei cristiani. Qui non si parla affatto di battesimo, non ne parla Gesù, né i discepoli o lo stesso cieco dalla nascita. Inoltre, da nessuna parte si dice che il cieco dalla nascita DOVESSE FARE qualcosa, come invece sostiene papa Benedetto XVI.
A differenza della ‘traduzione unificata’ (Einheitsübersetzung) dell’attuale versione tedesca della Bibbia, nella traduzione italiana dal latino e dal greco di Mat 28,19 si dice correttamente:

  28:19 poreuqenteV oun maqhteusate panta ta eqnh
   baptizonteV autouV
   eiV to onoma tou PatroV kai tou Uiou kai tou Agiou PneumatoV

 euntes ergo docete omnes gentes 
 baptizantes eos
 in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti

ANDATE ADUNQUE / ISTRUITE TUTTE LE GENTI /
BATTEZZANDOLE /
IN NOME DEL PADRE / DEL FIGLIUOLO / E DELLO SPIRITO SANTO /



Alexandra Klein, organista cieca di fede cattolica, è stata allieva dell‘Istituto statale bavarese per ciechi di Monaco dal 1991 al 1994, nella cui cappella un enorme quadro raffigura la guarigione del cieco nato, a significare la missione di evangelizzazione (della scuola).




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(I fiumi d‘acqua viva. / "Gesù di Nazareth", libro di papa Benedetto XVI, pag. 286 e ss.)

Passiamo ora alle parole della rivelazione proferite da Gesù nel contesto della festa delle Capanne, che ci comunica Giovanni in 7,37 e ss. "Nell’ultimo giorno, il giorno più solenne della festa, Gesù stando in piedi esclamò: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno»" (…)

Ma ora dobbiamo ascoltare ancora più attentamente il testo, che continua: "Come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno" (7,38). Dal seno di chi? Sin dai primi tempi a questa domanda si è risposto in due modi diversi. La tradizione alessandrina fondata da Origene (+ circa nel 254), alla quale si uniscono anche i grandi padri latini San Geronimo e Sant’Agostino, legge il testo così: "Chi crede… sgorgheranno dal suo seno…" Colui che crede diventa sorgente a sua volta, un’oasi dove sgorga acqua pulita e incontaminata, la forza dello Spirito Creatore che ha dato la Sua vita.

Ma accanto a questa c’è la tradizione dell’Asia minore, certamente molto meno diffusa, ma più vicina a Giovanni fin dalle origini, attestata da Giustino (+ 165), Ireneo, Ippolito, Cipriano, Efrem. Questa tradizione fa un uso diverso della punteggiatura: "Come ha detto la Scrittura: fiumi sgorgheranno dal suo seno". "Dal suo seno" ora si riferisce a Cristo; è Lui la sorgente, la roccia viva, da cui sgorga l’acqua nuova.


(Estratto dal libro Gesù di Nazareth, di Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI, Rizzoli)



Osserviamo ora questo versetto, che i padri della Chiesa cattolica interpretano in maniera così divergente, nella traduzione della Bibbia nella versione Nuova Riveduta.

Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno.

Giov 7,37 Nell’ultimo giorno, il giorno più solenne della festa, Gesù stando in piedi esclamò: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. 7,38 Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno». Giov 7,37-38;


E per sgomberare fin da subito il campo da eventuali incertezze relative alla traduzione corretta, ecco il testo greco tratto dalla traduzione interlineare della versione Nestle-Aland:

Giov 7,37 Ma nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù si alzò e gridò, dicendo: "Se qualcuno ha sete, venga a me e beva". 7,38 "Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo corpo. Giov 7,37-38


Se si legge questo testo in maniera obiettiva, senza preconcetti né dogmi, si può tranquillamente essere d’accordo con la summenzionata versione della "tradizione alessandrina" citata da J. Ratzinger:

"Colui che crede diventa sorgente a sua volta, un’oasi dove sgorga acqua pulita e incontaminata, la forza dello Spirito Creatore che ha dato la Sua vita."


Eppure, nelle sue dichiarazioni successive il papa preferisce l’altra "tradizione dell’Asia minore", che riferisce il corpo a Cristo negando così il dono dello Spirito Santo a coloro che arrivano alla fede.

Qui si riconoscono molto chiaramente due cose: innanzitutto, il problema nell’interpretazione di questo testo non è una questione di punteggiatura, come sostiene Benedetto, ma piuttosto il fatto che in questa "tradizione dell’Asia minore" si tratta semplicemente di tacere sulla promessa del Signore, che i credenti avranno in sé fiumi "d’acqua viva" dello Spirito di Dio. E, in secondo luogo, proprio le dichiarazioni del papa sono il migliore esempio di un approccio completamente sbagliato all’interpretazione della Scrittura da parte della teologia cattolica, similmente a quanto abbiamo potuto constatare all’inizio a proposito dell’ebraismo. Anche qui viene primariamente consultata la tradizione e si cerca di indovinare chi ha ragione e chi no, invece di consultare la Scrittura stessa.

Ed è esattamente quello che faremo adesso, cercando di risolvere questa controversa questione della tradizione cattolica in maniera semplice e conforme alla bibbia. Innanzitutto, nel seguente versetto notiamo subito la prima spiegazione del testo di Giovanni summenzionato dal papa:

Disse questo dello Spirito, che dovevano ricevere quelli che avevano creduto in lui.

Giov 7,39 Disse questo dello Spirito, che dovevano ricevere quelli che avevano creduto in lui; lo Spirito, infatti, non era ancora stato dato, perché Gesù non era ancora glorificato. Giov 7,39;


In base alla spiegazione dell’evangelista Giovanni, la dichiarazione del Signore nel versetto precedente: "Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno ", si riferisce a coloro che credono in Gesù Cristo. E così viene risolta proprio quella questione, che la tradizione cattolica – almeno della tradizione dell’Asia minore con Giustino, Ireneo, Ippolito, Cipriano, Efrem – presenta come un problema. Un problema che doveva essere corretto attraverso l’interpretazione cattolica stessa, cioè che il Signore qui non intendeva i credenti, ma parlava di se stesso.

In questo modo la Chiesa cattolica ancora una volta ha derubato il suo popolo di fedeli e – nella "successione apostolica" – destinando a se stessa quei doni, che il Signore aveva riservato a tutti i credenti, come nel caso del sacerdozio, dell’evangelizzazione, della remissione dei peccati, della celebrazione della Santa Cena e della Santa messa del Signore. In base alla Scrittura i credenti hanno tutti questi doni e abilità, che li devono anche mettere in pratica. Ma nel cattolicesimo la Chiesa ha vietato l’esercizio di tali doni e tali abilità al suo popolo di fedeli, riservandoli solo al suo clero.

E poiché per questi scrittori di chiesa l’evangelista Giovanni evidentemente non è abbastanza affidabile per poter credere alle sue parole, cercheremo conseguentemente di trovare una dichiarazione diretta del Signore stesso relativa a questo tema. E nella Sua conversazione con il Samaritano, in Giov 4,14 troviamo una selezione di parole quasi identica.

L’acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vita eternat.

Jh 4,10 Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è che ti dice: "Dammi da bere", tu stessa gliene avresti chiesto, ed egli ti avrebbe dato dell’acqua viva». 4,11 La donna gli disse: «Signore, tu non hai nulla per attingere, e il pozzo è profondo; da dove avresti dunque quest’acqua viva? 4,12 Sei tu più grande di Giacobbe, nostro padre, che ci diede questo pozzo e ne bevve egli stesso con i suoi figli e il suo bestiame?»

4,13 Gesù le rispose: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 4,14 ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna». Giov 4,10-14;


Dunque, non c’è prova migliore del fatto che il Signore Gesù intendeva lo Spirito Santo con le Sue dichiarazioni in Giov 7,38 "Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno". Infatti, lo Spirito Santo riceverà coloro che credono in Lui e li condurrà verso la vita eterna. Ora non sorprende molto che il papa qui preferisca l’interpretazione sbagliata. Del resto, si è avventurato in "terra salata" e ha creduto ai padri della tradizione cattolica.

Maledetto l’uomo che confida nell’uomo e fa della carne il suo braccio.

Ger 17,5 Così parla il SIGNORE: «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo e fa della carne il suo braccio, e il cui cuore si allontana dal SIGNORE! 17,6 Egli è come una tamerice nel deserto: quando giunge il bene, egli non lo vede; abita in luoghi aridi, nel deserto, in terra salata, senza abitanti.

17,7 Benedetto l’uomo che confida nel SIGNORE, e la cui fiducia è il SIGNORE! 17,8 Egli è come un albero piantato vicino all’acqua, che distende le sue radici lungo il fiume; non si accorge quando viene la calura e il suo fogliame rimane verde; nell’anno della siccità non è in affanno e non cessa di portare frutto». Ger 17, 5- 8;


(I testi nella cornice nera sono citazioni dei visitatori di questo sito o di altri autori!)

(L’eucarestia: passaggio attraverso la croce? / "Gesù di Nazareth", libro di papa Benedetto XVI, pag. 314 e ss.))

Il discorso del pane pronunciato da Gesù, da una parte, orienta il grande movimento dell’incarnazione e della via pasquale verso il sacramento in cui incarnazione e Pasqua sempre coesistono; dall’altro lato, però, anche il sacramento, la Santa Eucarestia, a sua volta s’inserisce nel grande contesto della discesa di Dio da noi e per noi.

Così, da un lato, l’Eucarestia si sposta categoricamente al centro dell’esistenza cristiana: qui Dio ci offre davvero la manna che l’umanità aspetta, il "pane del cielo" – il nutrimento che ci tiene intimamente in vita come essere umani. Dall’altro, l’Eucaristia appare come il permanente grande incontro dell’uomo con Dio, in cui il Signore dà se stesso come «carne» affinché noi – in Lui e nella partecipazione al suo cammino – possiamo diventare «spirito»: come Egli, attraverso la croce, si è trasformato in un nuovo genere di corporeità e di umanità, che si compenetra con la natura di Dio, così questo mangiare deve essere anche per noi un’apertura dell’esistenza, un passaggio attraverso la croce e un’anticipazione della nuova esistenza della vita in Dio e con Dio.


(Estratto dal libro Gesù di Nazareth, di Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI, Rizzoli)



Qui sopra il papa descrive l’Eucarestia cattolica come

la manna, che l’umanità aspetta

"il "pane del cielo" e

il nutrimento che ci tiene intimamente in vita come essere umani.


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Qui è in primo piano "il mangiare". Il punto fondamentale è il "cibo". Non viene menzionato il vino perché la Chiesa cattolica lo vieta al suo popolo di fedeli durante l’Eucarestia. L’Eucarestia cattolica viene descritta come "incontro dell’essere umano con Dio", dove Gesù Cristo "dà se stesso come carne", affinché i cattolici mangiando questa carne possano partecipare alla Sua via crucis insieme a Lui e diventare "spirito". In questo modo anche per loro sarà il "passaggio attraverso la croce".

In base a questa dottrina Cristo non è andato sulla croce per i peccati del mondo, ma per permettere ai cattolici di "passare" per la croce per mezzo del settimanale consumo della Sua carne, consentendo loro di salvarsi come "anticipazione della nuova esistenza della vita in Dio e con Dio".

Ma è davvero questo il contesto delle parole del Signore? La Scrittura ci dice qualcosa di completamente diverso:

«Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me».

uca 22,14 Quando giunse l’ora, egli si mise a tavola, e gli apostoli con lui. 22,15 Egli disse loro: «Ho vivamente desiderato di mangiare questa Pasqua con voi, prima di soffrire; 22,16 poiché io vi dico che non la mangerò più, finché sia compiuta nel regno di Dio». 22,17 E, preso un calice, rese grazie e disse: «Prendete questo e distribuitelo fra di voi; 22,18 perché io vi dico che ormai non berrò più del frutto della vigna, finché sia venuto il regno di Dio».

22,19 Poi prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». 22,20 Allo stesso modo, dopo aver cenato, diede loro il calice dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, che è versato per voi. Luca 22,14-20;


Come si vede, qui non è in primo piano l’alimentazione dei discepoli, dato che il pane e il vino sono solo portatori di ciò che deve essere ricordato di questa cena di commemorazione che il Signore ordina di continuare a fare in Sua memoria. Il Signore non ha neanche ordinato "Fate questo, affinché possiate partecipare al mio dolore", ma "Fate questo in memoria di me". Il vero punto fondamentale di questo evento, dunque, non sono il pane e il vino, bensì il sacrificio di redenzione del Signore sulla croce per i peccati del mondo. Il Suo corpo e il Suo sangue sono stati offerti sulla croce come sacrificio che compiacesse Dio, affinché chiunque crede in questo sacrificio possa essere salvato dai suoi peccati. Dunque, in base al comandamento di Dio, ciò che dobbiamo ricordare in occasione di questa cena è la morte sulla croce del Signore, che ci libera dai nostri peccati e ci riconcilia con Dio.

Vi ricordo, fratelli, il vangelo, che Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture.

1Cor 15,1 Vi ricordo, fratelli, il vangelo che vi ho annunciato, che voi avete anche ricevuto, nel quale state anche saldi, 15,2 mediante il quale siete salvati, purché lo riteniate quale ve l’ho annunciato; a meno che non abbiate creduto invano. 15,3 Poiché vi ho prima di tutto trasmesso, come l’ho ricevuto anch’io, che Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture; 15,4 che fu seppellito; che è stato risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture; 15,5 che apparve a Cefa, poi ai dodici.1Cor 15,1-5;

Gesù Cristo, che ha dato se stesso per i nostri peccati.

Gal 1,1 Paolo, apostolo non da parte di uomini né per mezzo di un uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre che lo ha risuscitato dai morti, 1,2 e tutti i fratelli che sono con me, alle chiese della Galazia; 1,3 grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo, 1,4 che ha dato se stesso per i nostri peccati, per sottrarci al presente secolo malvagio, secondo la volontà del nostro Dio e Padre, 1,5 al quale sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen. Gal 1,1-5;


È questo, dunque, il vero Vangelo, la Buona Novella. Tuttavia, proprio di questo non si parla nelle dichiarazioni di J. Ratzinger. E naturalmente ciò dipende dalla comprensione assolutamente errata di questo passaggio biblico. Come possiamo leggere nel summenzionato estratto, la dottrina cattolica vede l’Eucarestia come "il permanente grande incontro dell’uomo con Dio (…), in cui il Signore dà se stesso come "carne", affinché noi – in Lui e partecipazione al suo cammino – possiamo diventare ‘spirito’

Nell’interpretazione cattolica dell’Eucarestia quindi il Signore qui dà se stesso come "carne", affinché attraverso il "consumo" di questa carne possiamo partecipare alla Sua via crucis. Per fugare ogni dubbio, Ratzinger intende dire esattamente ciò che scrive! Nel suo libro Introduzione al Cristianesimo (Casa Editrice Queriniana, 2012), Ratzinger cita a tal proposito Platone e scrive

"… la rettitudine d’un uomo risulterebbe davvero perfetta e collaudata, solo allorché egli si accollasse tutta l’apparenza dell’ingiustizia. (…) Diranno quindi ‘che stando così le cose, il giusto verrà flagellato, torturato, gettato in catene, accecato col ferro rovente, e infine, dopo tutto questo scempio finirà per esser crocifisso’…"


E qui vediamo la visione cattolica della morte sulla croce del Signore: il Signore non è andato sulla croce per i nostri peccati, ma è l’essere umano stesso a dover soffrire per essere salvato da Dio. In base alla dottrina cattolica questo è ciò che ci ha mostrato Gesù Cristo e per essere salvati dobbiamo seguirlo su questa via crucis. E conseguentemente anche nel libro Gesù di Nazareth, che qui stiamo commentando, il papa sostiene:

"Le sofferenze di Giobbe servono alla giustificazione dell’uomo. Mediante la sua fede provata nella sofferenza, egli ristabilisce l’onore dell’uomo. Così le sofferenze di Giobbe sono anticipatamente sofferenze in comunione con Cristo, che ristabilisce l’onore di noi tutti al cospetto di Dio e ci indica la via per non perdere, neppure nell’oscurità più profonda, la fede in Dio." (pag. 197)

Riassumendo le summenzionate dichiarazioni di J. Ratzinger, emerge il quadro seguente:

o  Dal punto di vista del papa, Gesù Cristo è venuto a ristabilire l’onore e a indicarci la via. Uno, che mediante la sua sofferenza sulla croce ha ristabilito il nostro onore al cospetto di Dio e ci ha indicato la via che dobbiamo percorrere anche noi in comunione con Lui: nell’Eucarestia, in cui il Signore dà se stesso come "carne", possiamo partecipare alla Sua via crucis. Così come il Signore era stato trasformato passando attraverso la croce, allo stesso modo anche per noi mangiare il corpo di Cristo deve essere un passaggio attraverso la croce, se vogliamo salvarci come "anticipazione della nuova esistenza della vita in Dio e con Dio".

A differenza di quest’interpretazione cattolica della salvezza di se stessi per mezzo della sofferenza, la dottrina biblica ci insegna che l’essere umano non è in grado di salvare se stesso. Il prezzo del peccato è la morte. E precisamente di qualsiasi peccato, grande o piccolo che sia. E poiché in base alla Scrittura tutti gli esseri umani sono peccatori, dovrebbero morire tutti per essere salvati. Ma è proprio per questo motivo che Dio ha mandato Suo Figlio, che sulla croce ha dato la Sua vita per redimere i peccati di tutta l’umanità. Quindi non dobbiamo più morire e neanche soffrire sulla croce per essere salvati. Dobbiamo soltanto accettare questo dono di Dio e credere che siamo salvati per mezzo di questo sacrifico sulla croce dal Signore.

Sopra abbiamo trattato il ragionamento del papa a proposito di Giov 7,37-38, dove scrive:

"Passiamo ora alle parole della rivelazione proferite da Gesù nel contesto della festa delle Capanne, che Giovanni ci comunica in 7,37 e ss. "Nell’ultimo giorno, il giorno più solenne della festa, Gesù stando in piedi esclamò: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno» (…)
Ma ora dobbiamo ascoltare ancora più attentamente il testo, che continua: ‘Come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno’ (7,38). Dal seno di chi? Sin dai primi tempi a questa domanda si è risposto in due modi diversi."


A prescindere dal fatto che, come abbiamo detto prima, sarebbe stato utile, se il papa avesse letto anche il versetto Giov 7,39, che immediatamente avrebbe dato la risposta giusta alla sua summenzionata domanda, in questo testo bisogna rispondere a una domanda di gran lunga più importante e sostanziale. Cosa intende dire il Signore quando dice "chi crede in me"? Significa credere alla Sua esistenza come essere umano? Che ha fatto miracoli? Che è stato il fondatore di una religione? Che era il Figlio di Dio? Che lui stesso era Dio? – Ecco, comprende tutto questo, ma è questa la cosa fondamentale?

No, la cosa fondamentale nella fede in Gesù Cristo è la croce! Se il Figlio di Dio fosse venuto sulla terra e avesse fatto tutto questo evitando la croce, allora gli ebrei forse sarebbe stati contenti perché era così che avevano immaginato il loro Messia. Il resto dell’umanità, però, sarebbe andato in perdizione. Di conseguenza, "credere in Gesù Cristo" è la convinzione che l’essere umano, proprio a causa del suo comportamento durante la sua vita, meriti la morte in quanto peccatore al cospetto di Dio, ma che grazie al sacrificio di redenzione sulla croce del Suo Salvatore è stato salvato e i suoi peccati sono stati perdonati.

E qui bisognerebbe raccomandare di leggere l’Antico Testamento sia a Joseph Ratzinger, che al rabbino Jacob Neusner, così tanto volentieri citato dal papa. Il capitolo 53 del libro del profeta Isaia tratta esattamente questo tema del servo di Dio. Forse si tratta di un testo che gli scribi ai tempi di Gesù evidentemente non conoscevano!

Tuttavia erano le nostre malattie che egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato.

Isa 53,1 Chi ha creduto a quello che abbiamo annunciato? A chi è stato rivelato il braccio del SIGNORE? 53,2 Egli è cresciuto davanti a lui come una pianticella, come una radice che esce da un arido suolo; non aveva forma né bellezza da attirare i nostri sguardi, né aspetto tale da piacerci. 53,3 Disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo di dolore, familiare con la sofferenza, pari a colui davanti al quale ciascuno si nasconde la faccia, era spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna. 53,4 Tuttavia erano le nostre malattie che egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato;; ma noi lo ritenevamo colpito, percosso da Dio e umiliato! Isa 53,1-4;

Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità.

Isa 53,5 Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti. 53,6 Noi tutti eravamo smarriti come pecore, ognuno di noi seguiva la propria via; ma il SIGNORE ha fatto ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. 53,7 Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la bocca. Come l’agnello condotto al mattatoio, come la pecora muta davanti a chi la tosa, egli non aprì la bocca. 53,8 Dopo l’arresto e la condanna fu tolto di mezzo; e tra quelli della sua generazione chi rifletté che egli era strappato dalla terra dei viventi e colpito a causa dei peccati del mio popolo? Isa 53,5-8;

Egli ha portato i peccati di molti e ha interceduto per i colpevoli.

Isa 53,9 Gli avevano assegnato la sepoltura fra gli empi, ma nella sua morte, egli è stato con il ricco, perché non aveva commesso violenze né c’era stato inganno nella sua bocca. 53,10 Ma il SIGNORE ha voluto stroncarlo con i patimenti. Dopo aver dato la sua vita in sacrificio per il peccato, egli vedrà una discendenza, prolungherà i suoi giorni, e l’opera del SIGNORE prospererà nelle sue mani. 53,11 Dopo il tormento dell’anima sua vedrà la luce e sarà soddisfatto; per la sua conoscenza, il mio servo, il giusto, renderà giusti i molti, si caricherà egli stesso delle loro iniquità. 53,12 Perciò io gli darò in premio le moltitudini, egli dividerà il bottino con i molti, perché ha dato se stesso alla morte ed è stato contato fra i malfattori; perché egli ha portato i peccati di molti e ha interceduto per i colpevoli. Isa 53,9-12;


Se ora prendiamo seriamente la dottrina cattolica della transustanziazione (trasformazione) e immaginiamo che ogni prete cattolico può trasformare a proprio piacimento un pezzetto di pane in carne, nel reale corpo di nostro Signore, sottomettendo così il Figlio di Dio al potere discrezionale del clero cattolico, si ha l’impressione che la Chiesa cattolica qui abbia chiaramente oltrepassato il confine tra Dio e l’essere umano e che stia giocando a fare "Dio". Si percepisce tutta la dimensione opprimente di questa falsa dottrina, specialmente se si pensa che le stesse mani che poi abbracciano il corpo di Cristo e lo distribuiscono al popolo di fedeli nelle chiese, poche ore prima – come negli Stati Uniti d’America (vedi sopra) – forse hanno abusato sessualmente e violentato bambini.

Ringraziando Dio, questa è solo una delle aberrazioni della Chiesa cattolica. Oltre al rifiuto dottrinale della transustanziazione non biblica operata dalle chiese cattoliche, c’è anche una fondata e logica ragione biblica che ci mostra come una simile incarnazione non sia affatto realistica. Durante la cena pasquale con gli apostoli il Signore in persona aveva spezzato quel pane e lo aveva distribuito, ordinando agli apostoli di continuare a fare la stessa cosa in Sua memoria anche in seguito. Se allora questa fosse stata una "trasformazione" in linea con la dottrina cattolica, il Signore qui avrebbe trasformato il pane nel Suo stesso corpo, e di conseguenza, avrebbe avuto una doppia esistenza. Da ciò si evince che il Signore ha istituito questo sacramento come cena di commemorazione, in cui annunciamo la Sua morte per la nostra salvezza, e non come trasformazione (transustanziazione).

«Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me».

Luca 22,14 Quando giunse l’ora, egli si mise a tavola, e gli apostoli con lui. 22,15 Egli disse loro: «Ho vivamente desiderato di mangiare questa Pasqua con voi, prima di soffrire; 22,16 poiché io vi dico che non la mangerò più, finché sia compiuta nel regno di Dio». 22,17 E, preso un calice, rese grazie e disse: «Prendete questo e distribuitelo fra di voi; 22,18 perché io vi dico che ormai non berrò più del frutto della vigna, finché sia venuto il regno di Dio».

22,19 Poi prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». 22,20 Allo stesso modo, dopo aver cenato, diede loro il calice dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, che è versato per voi. Luca 22,14-20;

«Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me»

1Cor 11,23 Poiché ho ricevuto dal Signore quello che vi ho anche trasmesso; cioè, che il Signore Gesù, nella notte in cui fu tradito, prese del pane 11,24 e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». 11,25 Nello stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne berrete, in memoria di me. 11,26 Poiché ogni volta che mangiate questo pane e bevete da questo calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga». 1Cor 11,23-26;

(Vedi anche Discorso 92: "La Cena del Signore: commemorazione o trasformazione?")


Benedetto XVI: tra pretesa e verità.

 

Nella dichiarazione conclusiva del suo libro il papa scrive:

Di certo non c’è affatto bisogno di dire espressamente che questo libro non è assolutamente un atto magisteriale, ma è unicamente espressione della mia ricerca personale del “volto del Signore” (Salmo 27, 8). Perciò ognuno è libero di contraddirmi. Chiedo solo alle lettrici e ai lettori quell’anticipo di simpatia senza la quale non c’è alcuna comprensione."    (Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI)


Molte lettrici e molti lettori soddisferanno sicuramente la richiesta di anticipo di simpatia del papa, non da ultimo grazie a questa confessione della sua personale ricerca del "volto del Signore". E anch’io devo confessare che a differenza dei suoi predecessori, Joseph Ratzinger mi è molto simpatico come essere umano, nel modo in cui si pone e come parla. Tuttavia, deve essere sottolineato che proprio nelle discussioni teologiche cristiane e nelle questioni di fede non è la simpatia che permette la comprensione di posizioni opposte. Sono profondamente convinto che ciò è possibile solo con un’argomentazione fondata, che possa dimostrare che quanto dichiarato si basa sulle dichiarazioni della Bibbia. Chi basa la fede cristiana su cose diverse dai principi fondamentali della Bibbia, esce dalla dottrina biblica e quindi esce dal cristianesimo.

Questo è ciò che ci fa capire anche il Signore nel Vangelo di Giovanni, citato dal papa:

Chi non entra per la porta nell’ovile delle pecore, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante.

Giov 10,1 «In verità, in verità vi dico che chi non entra per la porta nell’ovile delle pecore, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 10,2 Ma colui che entra per la porta è il pastore delle pecore. 10,3 A lui apre il portinaio, e le pecore ascoltano la sua voce, ed egli chiama le proprie pecore per nome e le conduce fuori. 10,4 Quando ha messo fuori tutte le sue pecore, va davanti a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. 10,5 Ma un estraneo non lo seguiranno; anzi, fuggiranno via da lui perché non conoscono la voce degli estranei». 10,6 Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono quali fossero le cose che diceva loro. 10,7 Perciò Gesù di nuovo disse loro: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Giov 10,1-7;


Così, chi non indica Gesù Cristo come la "porta", come unico mediatore e unica via verso Dio, è un ladro e un brigante.

Nella Chiesa cattolica la venerazione della cattolica Maria come "mediatrice" e l’utilizzo dell’espressione "Madre di Dio", che a lei si applica, furono già stabiliti nel Concilio di Efeso (431). 1500 anni dopo, cioè nel 1931, questa dottrina fu confermata da papa Pio XI! Il dogma assolutamente non biblico dell’Immacolata Concezione di Maria, che significa che Maria è stata concepita da sua madre (!!) Anna senza peccato originale, fu elevato a dogma da papa Pio IX nel 1854. Questa voluta somiglianza con la nascita del Signore Gesù fu ulteriormente completata nel 1950 quando papa Pio XII dichiarò che anche Maria era ascesa al cielo elevando a dogma questa visione – evidentemente a causa della sua finta "infallibilità".

Così come la tradizione umana della Chiesa cattolica ha derubato la Sacra Scrittura del suo esclusivo diritto di essere la rivelazione divina, allo stesso modo anche il diritto del Figlio di Dio di essere l’unico mediatore tra Dio e l’essere umano è stato sostituito da una "mediatrice". Così, relativamente alle diverse apparizioni mariane nella Chiesa cattolica (ad esempio, nel 1977 a Roma), anche ai cattolici viene chiesto:

"Dovete usare me come unico mezzo sacro per arrivare a Dio e condurre a me le anime." [2]


È ovvio dove andranno a finire queste anime alla fine.

Anche le apparizioni di Maria a Medjugorje annunciano la Buona Novella in una serie di messaggi pubblici dal 1981 fino alla fine degli anni ‘90:

"Io sono la mediatrice tra voi e Dio." [3]

(Vedi anche Discorso 52: "L’opera di Maria può essere efficace per evitare le profezie della Bibbia relative agli Ultimi Tempi?".)


Ma la Bibbia ci insegna che esiste solo un unico mediatore tra l’essere umano e Dio, il Figlio di Dio, il nostro Signore Gesù Cristo. Citeremo qui le note dichiarazioni di 1Tess 2,5 e Giov 14,6:

C’è un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù.

1Tim 2,5 Infatti c’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo. 1Tim 2,5;

Io sono la via – Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.

Giov 14,6 Gesù gli disse: «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Giov 14,6;


E qui, con tutta la simpatia, non possiamo separare l’essere umano Joseph Ratzinger dalla sua carica come papa e responsabile della Chiesa più grande del mondo (oltre 1 miliardo di membri). Chi cerca il volto di Dio non può perdere di vista Suo Figlio. Questo errore si è rivelato fatale già 2000 anni fa.


La nuova dichiarazione della Congregazione cattolica per la dottrina della fede sulle chiese cristiane.

Infine, per la sua attualità, va anche detto che la Congregazione cattolica per la Dottrina della Fede nella sua nuova dichiarazione approvata dal papa, nega ai protestanti così come ad altre comunità cristiane, il diritto di definirsi Chiesa. La dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede Cattolica Dominus Jesus, redatta da J. Ratzinger – allora ancora cardinale e prefetto di questa Congregazione – già nel 2001 viene citata con l’affermazione:

"La Chiesa cattolica è la sola e unica Chiesa di Cristo mediatrice di salvezza" e

"La Chiesa cattolica, la cui fondazione è da ricondursi a San Pietro e ai suoi legittimi successori tramite Cristo, è della massima importanza per la verità, perché è di origine divina." [4]

(Vedi anche Discorso 32: "Commento sulla Dichiarazione ‘Dominus Iesus’ della Congregazione per la Dottrina della Fede Cattolica.".)


Nel nuovo documento quest‘arrogante attribuzione di priorità – completamente errata e aliena alla Bibbia – da parte della Chiesa cattolica nei confronti delle chiese cristiane o "comunità", come le chiama il papa, è motivata nel modo seguente:

"Perché, in base alla dottrina cattolica, queste comunità non possiedono la successione apostolica nel sacramento dell’Ordine e perciò a loro manca un elemento costitutivo della Chiesa. Queste comunità ecclesiali, che specialmente a causa della mancanza del sacerdozio sacramentale non hanno preservato l’originaria e integrale verità del mistero eucaristico, in base alla dottrina cattolica non possono definirsi ‘Chiese’, in senso stretto."


Ma in realtà succede il contrario: la Chiesa cattolica non possiede una simile successione proprio perché è fondata su Pietro. In base alla Scrittura, lo Spirito Santo sceglie Paolo insieme a Barnaba per portare il Vangelo al mondo non ebraico.

«Mettetemi da parte Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati».

Atti 13,1 Nella chiesa che era ad Antiochia c’erano profeti e dottori: Barnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaem, amico d’infanzia di Erode il tetrarca, e Saulo. 13,2 Mentre celebravano il culto del Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse: «Mettetemi da parte Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati». 13,3 Allora, dopo aver digiunato, pregato e imposto loro le mani, li lasciarono partire. Atti 13,1-3;


E, di conseguenza, secondo Gal 2,9 anche Pietro affida con una stretta di mano all’apostolo Paolo la responsabilità di evangelizzare le nazioni (non ebraiche), che a sua volta Pietro aveva ricevuto dal Signore in Mat 16,18-19, responsabilità, sulla quale si fonda la Chiesa cattolica in quanto "successione apostolica".

Giacomo, Cefa e Giovanni, diedero a me e a Barnaba la mano in segno di comunione perché andassimo noi agli stranieri, ed essi ai circoncisi;

Gal 2,6 Ma quelli che godono di particolare stima quello che possono essere stati, a me non importa; Dio non ha riguardi personali, quelli, dico, che godono di maggiore stima non m’imposero nulla; 2,7 anzi, quando videro che a me era stato affidato il vangelo per gli incirconcisi, come a Pietro per i circoncisi 2,8 perché colui che aveva operato in Pietro per farlo apostolo dei circoncisi aveva anche operato in me per farmi apostolo degli stranieri, 2,9 riconoscendo la grazia che mi era stata accordata, Giacomo, Cefa e Giovanni, che sono reputati colonne, diedero a me e a Barnaba la mano in segno di comunione perché andassimo noi agli stranieri, ed essi ai circoncisi; Gal 2,6-9;


In base alla dottrina biblica, da questo momento in poi Pietro (Cefa) avrà il compito di evangelizzare gli ebrei (i circoncisi), mentre Paolo porterà il Vangelo alle nazioni (non ebraiche). E Dio ha confermato questa decisione facendo di Paolo il fondatore e la fonte di benedizione delle Chiese nelle nazioni. Nel Nuovo Testamento è possibile seguire la fondazione delle chiese ad opera di Paolo, il quale scrisse 17 delle complessive 21 lettere. Si tratta di 101 pagine, che rappresentano oltre il 70% del contenuto di tutte le lettere (Pietro ha scritto 2 lettere di 5 pagine in totale!). Così è stato chiaramente Paolo che ha diffuso e preservato la dottrina cristiana nelle chiese primitive delle nazioni.

Tuttavia, il papa evidentemente non riesce ad accettarlo e quindi nel suo libro Gesù di Nazaret commenta il summenzionato versetto di Gal 2,9 con le seguenti parole completamente contrarie al contenuto di questo versetto:

"(Gal 2,9) Così prima Pietro e poi le tre colonne vengono presentati come i garanti della Communio, come i punti di riferimento indispensabili che si fanno garanti dell’integrità e dell’unità del Vangelo e quindi della nascente Chiesa. (…)
Proprio nell’appassionata apologia nella lettera ai Galati, Paolo prevede con molta chiarezza lo speciale incarico di Pietro; questo primato, infatti, è attestato dall’ampio spettro della tradizione in tutte le sue diverse sfumature" (pag. 343 e ss.)


Tuttavia, ecco le reali dichiarazioni di Paolo in Gal 2.9:

Giacomo, Cefa [Pietro] e Giovanni.

Gal 2,9 riconoscendo la grazia che mi era stata accordata, Giacomo, Cefa [Pietro!!] e Giovanni, che sono reputati colonne, diedero a me e a Barnaba la mano in segno di comunione perché andassimo noi agli stranieri, ed essi ai circoncisi; Gal 2,9;


Come si vede, per primo viene nominato Giacomo (il fratello del Signore e guida della chiesa di Gerusalemme). Pietro è descritto come una delle tre colonne (Giacomo, Cefa, Giovanni) di questa chiesa di Gerusalemme. Con il termine communio, un evidente concetto cattolico, Ratzinger cerca di occultare il fatto che questi tre garanti confermano la missione di Paolo di evangelizzare le nazioni perché hanno riconosciuto la grazia che il Signore aveva dato a Paolo.

Gal 2,7 anzi, quando videro che a me era stato affidato il vangelo per gli incirconcisi, come a Pietro per i circoncisi 2,8 perché colui che aveva operato in Pietro per farlo apostolo dei circoncisi aveva anche operato in me per farmi apostolo degli stranieri. Gal 2,7-8;


MCon i "punti di riferimento indispensabili che si fanno garanti dell’integrità e dell’unità del Vangelo e quindi della nascente Chiesa" citati da Ratzinger, il papa riesce a salvare ciò che non può più essere salvato: da un lato, si dà l’impressione che Giacomo, Cefa e Giovanni fossero ancora responsabili dell’"integrità e dell’unità del Vangelo" e che in un certo qual modo abbiano assoggettato Paolo. E, dall’altro lato, l’indicazione che questi tre "si fanno garanti quindi della nascente Chiesa", rimette in gioco la Chiesa cattolica con la sua "successione apostolica".

Infine, proprio nella lettera ai Galati, sostanzialmente a favore della riforma, non si parla affatto del "primato" di Pietro postulato da Ratzinger e della derivante supremazia della Chiesa cattolica. Al contrario, Paolo racconta che ad Antiochia resistette a Pietro in faccia perché "era da condannare" a causa del suo comportamento.

Ma quando Cefa venne ad Antiochia, gli resistei in faccia perché era da condannare.

Gal 2,11 Ma quando Cefa venne ad Antiochia, gli resistei in faccia perché era da condannare. 2,12 Infatti, prima che fossero venuti alcuni da parte di Giacomo, egli mangiava con persone non giudaiche; ma quando quelli furono arrivati, cominciò a ritirarsi e a separarsi per timore dei circoncisi.

2,13 E anche gli altri Giudei si misero a simulare con lui; a tal punto che perfino Barnaba fu trascinato dalla loro ipocrisia. 2,14 Ma quando vidi che non camminavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei giudeo, vivi alla maniera degli stranieri e non dei Giudei, come mai costringi gli stranieri a vivere come i Giudei?» Gal 2,11-14;


Allora questa è evidentemente anche la ragione per cui deve essere tirata in ballo la "tradizione in tutte le sue diverse sfumature" come prova di questo primato inventato.

In realtà, Paolo ha predicato il Vangelo in tutte le nazioni indipendentemente da Pietro e dalla comunità cristiana di Gerusalemme, mentre Pietro evangelizzava gli ebrei (vedi Atti 10, specialmente 10,28). Di conseguenza, se la Chiesa cattolica si fonda su Pietro, la sua missione biblica e la sua reclamata "successione apostolica" sono circoscritte agli ebrei. Tuttavia, la Chiesa cristiano-biblica (ekklesia) evangelizza le nazioni del mondo in base alla successione paolina.

Anche il "sacerdozio sacramentale", ripetutamente tirato in ballo dal Vaticano, è privo di qualsiasi fondamento biblico. Innanzitutto, il Signore ha istituito solo due sacramenti: il battesimo e l’Eucarestia. La Chiesa cattolica non solo ne ha inventati altri cinque (1439), ha anche completamente alterato i veri due sacramenti:

o  Al posto del battesimo degli adulti, che hanno preso questa decisione consapevolmente e autonomamente e in piena coscienza delle conseguenze, nella Chiesa cattolica pochi giorni dopo la loro nascita i neonati vengono fatti battezzare dai loro genitori, i quali a loro volta non hanno mai tenuto una Bibbia in mano.

o  Durante l’Ultima Cena il Signore ordina di spezzare il pane e di bere dal calice in memoria (cena di commemorazione, Luca 22,19) del Suo sacrificio di redenzione. Dal 1414 la Chiesa cattolica vieta ai suoi fedeli di bere dal calice sacerdotale. Inoltre, si pretende che sussurrando delle formule i sacerdoti riescano a trasformare il pane nel reale (!) corpo di Cristo (transustanziazione: 1215). Un avvenimento che non è preso seriamente neanche dagli stessi cattolici, perché altrimenti dovrebbero supporre di mangiare effettivamente il corpo di Cristo durante la comunione, ragione per cui non dovrebbero fare la comunione di venerdì (astinenza dalle carni). Questa "transustanziazione", che il Signore non ha mai ordinato, di conseguenza, è da inserire nell’ambito dell’occulto..


E non serve alcun prete cattolico per amministrare questi due sacramenti. La parola italiana ‘prete’ viene dal greco p?esß?te???, presbyteros - "più anziano". E in base alla Scrittura il più anziano ha caratteristiche di qualificazione che un prete cattolico non può assolutamente avere in base alla dottrina della sua Chiesa.

Le caratteristiche di qualificazione di un sacerdote.

Tito 1,6 quando si trovi chi sia irreprensibile, marito di una sola moglie, che abbia figli fedeli, che non siano accusati di dissolutezza né insubordinati. 1,7 Infatti bisogna che il vescovo sia irreprensibile, come amministratore di Dio; non arrogante, non iracondo, non dedito al vino, non violento, non avido di illeciti guadagni, 1,8 ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, santo, temperante, 1,9 attaccato alla parola sicura, così come è stata insegnata, per essere in grado di esortare secondo la sana dottrina e di convincere quelli che contraddicono., Tito 1, 6- 9;


Così un prete cattolico non può avere una moglie né avere figli a causa del celibato a cui lo obbliga la sua Chiesa. Il fatto che molti preti cattolici nel mondo, apertamente o in segreto, abbiano entrambi, aiuta considerevolmente a ridurre le molestie ai minori nella Chiesa cattolica, oltre a essere la prova che la Chiesa cattolica ancora una volta ha inventato e poi trasformato in dogmi fatti che non corrispondono né alla Scrittura né alla realtà della vita umana. E non c’è neanche un prete cattolico "attaccato alla parola sicura, così come è stata insegnata", perché nella Chiesa cattolica la parola sicura – la Bibbia – ha la minima importanza rispetto alla tradizione tramandata. E ogni sacerdote che vuole attaccarsi alla Bibbia entrerebbe subito in conflitto con la dottrina cattolica e probabilmente verrebbe scomunicato.

Ma nelle Chiese cattoliche è proprio questo a caratterizzare i presbyteros, gli anziani, accanto alle altre citate qualificazioni: essere attaccati alla parola sicura della Scrittura ed essere in grado di esortare secondo la sana dottrina e di convincere quelli che contraddicono. E simili anziani sono anche in grado di amministrare nella maniera giusta entrambi i sacramenti del battesimo e dell’Eucarestia.


La successione apostolica della chiesa cattolica?


Per successione apostolica, la Chiesa cattolica intende la trasmissione ininterrotta del sacramento dell’Ordine Santo attraverso l’imposizione delle mani fino agli Apostoli. Questo vale in modo speciale per i vescovi, ma anche per i sacerdoti e i diaconi.
Kathweb: Apostolische-Sukzession



I preti cattolici, che in centinaia di migliaia di casi in tutto il mondo nella "transustanziazione" hanno offerto l’Eucaristia nella "consacrazione" con le loro mani durante le messe, in seguito, proprio con quelle loro stesse mani, hanno abusato e violentato dei bambini (1Cor,6:9). I vescovi cattolici, che prima hanno benedetto le loro "pecore", sono poi stati arrestati per corruzione (Banca Vaticana, Der Spiegel 28.6:2013).

Vescovo benedica

Certo è vero che ovunque ci sono delle pecore nere. Ma quando i "reverendi" stupratori vengono coperti e nascosti per decenni tra le schiere della chiesa, e persino i "pastori" episcopali corrotti devono essere smascherati dalla polizia, si comprende che l’organizzazione stessa è assolutamente priva di scrupoli, depravata e corrotta (Mat 7:16-20).

Osare parlare di "Successione Apostolica" è un’offesa senza pari agli Apostoli di nostro Signore Gesù Cristo.




La Chiesa cattolica non può definirsi Chiesa "cristiana".

A causa delle molte immagini e statue di idoli presenti nelle chiese, la Chiesa cattolica ha alterato i dieci comandamenti di Dio, sopprimendo il secondo comandamento e dividendo in due il decimo, affinché fossero nuovamente dieci (vedi Tabella: "I 10 comandamenti). Al posto dell’Eucarestia, che in base al comandamento del Signore dobbiamo celebrare come cena di commemorazione, ha istituito una transustanziazione occulta e magica, in cui i credenti presumibilmente consumano il corpo di Cristo. E con la venerazione della cattolica Maria (rosario) e dei santi defunti ha introdotto l’idolatria e il culto dei morti nella sua dottrina.

Con queste e altre gravi inosservanze nei confronti della dottrina biblica, la Chiesa cattolica ha intrapreso la via dell’apostasia dalla fede ortodossa e dalla dottrina di Cristo. Con questi presupposti alla Chiesa cattolica si deve negare l‘autorità e la capacità di evangelizzare e insegnare conformemente alla Scrittura; di conseguenza, la Chiesa cattolica non può neanche definirsi Chiesa "cristiana".

È vergognoso che coloro che ricoprono posizioni di responsabilità nelle Chiese cristiane fino a oggi non hanno trovato il coraggio di prendere le distanze da questa Chiesa cattolica, ma al contrario, conducono i fratelli e le sorelle affidati loro da Dio in un "movimento ecumenico" completamente non biblico con religioni non cristiane e contenuti dottrinali.

Chi va oltre e non rimane nella dottrina di Cristo, non ha Dio.

2Gio 1,9 Chi va oltre e non rimane nella dottrina di Cristo, non ha Dio. Chi rimane nella dottrina, ha il Padre e il Figlio. 1,10 Se qualcuno viene a voi e non reca questa dottrina, non ricevetelo in casa e non salutatelo. 1,11 Chi lo saluta, partecipa alle sue opere malvagie. 2Gio 1,9-11;









[1] Per la traduzione inglese della lettera del 2001 si veda: https://www.bishop-accountability.org/resources/resource-files/churchdocs/EpistulaEnglish.html

[2] Erscheinungen und Botschaften der Gottesmutter Maria – Vollständige Dokumentation durch zwei Jahrtausende [Apparizioni e messaggi di Maria, la Madre di Dio – Documentazione completa attraverso due milleni], di G. Hierzenberger e O. Nedomansky. Aschaffenburg: Pattloch/1993, pag. 469

[3] ibid. pag. 484

[4] Dominus Jesus, citato dall’emerito Bertagnolli OFM, commissario generale e direttore di Terra Santa, A-1010 Vienna, Franziskanerplatz 4, nel saggio cattolico: "Im Land des Herrn", ["Nella Terra del Signore"]", rivista sulla Terra Santa, quaderno 1/2001