Il dialogo delle religioni.
/ L’internazionale "Waldzell Meeting 2007" presso l’abbazia benedettina di Melk.
Il buddismo è una religione tollerante e pacifica?
/ Perry Schmidt-Leukel, Università di Glasgow.
Il papa e il re Abdullah dell’Arabia Saudita uniti sul dialogo interreligioso. / Info di Giuseppe De Candia 06/11/2007
Commenti della chiesa cattolica ed evangelica sul dialogo interreligioso.
I confini tra le religioni devono cadere. / Articolo del dott. Lothar Gassmann.
Gli evangelici statunitensi apprezzano Allah e mettono Gesù sullo stesso piano di Maometto. / Servizio informazioni TOPIC, 2007/12
La pretesa della rappresentanza esclusiva del cristianesimo biblico.
Partendo dal presupposto che oggi Gesù Cristo agisca nelle
rivoluzioni e nelle religioni straniere per la salvezza del mondo, i leader del
movimento ecumenico delle chiese (cristiane) ormai aspirano a un ecumenismo
delle religioni. In particolare, le quattro grandi religioni del mondo –
buddismo, islam, ebraismo e cristianesimo – stanno intensificando gli sforzi per
trovare una base comune. La principale idea ecumenica qui perseguita è una
"visione utopica" di una comunità basata sulla pace mondiale, creata dall’unione
di forze umane di tutte le razze, religioni e ideologie.
In occasione del "Waldzell Meeting 2007" presso l’abbazia di Melk nella Bassa
Austria, si sono riuniti i rappresentanti di queste quattro religioni mondiali
al fine di condurre un dialogo interreligioso con il Dalai Lama quale
ospite d’onore. Il buddista tibetano ha discusso con i rappresentanti
dell’islam, dell’ebraismo, della chiesa cattolica e della chiesa ortodossa
ucraina. Ecco un breve riassunto, molto significativo, di questo evento ad opera
di H. Rauscher (quotidiano Der Standard) e di seguito alcune importanti
dichiarazioni dei relatori, poi commentate alla luce della Bibbia.
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Abbazia di Melk – Sua Santità ha suscitato la maggiore ilarità.
Se c’è un leader religioso al mondo che sarebbe adatto anche come cabarettista,
questo è il Dalai Lama. Questa caratteristica – alla quale ci è voluto un po ’di
tempo per abituarsi – si è resa di nuovo evidente in occasione del "Waldzell
Dialog" presso l’abbazia di Melk, in cui il buddista tibetano ha discusso con
rappresentanti dell’islam, dell’ebraismo, della chiesa cattolica e della chiesa
ortodossa ucraina.
Il pubblico di "Waldzell" – manager e imprenditori con un debole per
l’esoterismo – è, come molti in Occidente, estremamente disponibile a farsi
affascinare dal Dalai Lama. Quando alla domanda su come si possa usare la fede
per far fronte alle preoccupazioni quotidiane, risponde con un secco "I don’t
know" ("Non so"), la sala Kolomann del monastero barocco trema dalle risate. A
volte sembra che il Dalai Lama sia stufo del misticismo, che questi occidentali
in cerca di significato si aspettano da lui. Egli ha altri problemi. Ad esempio,
il rapidissimo contenimento della cultura tibetana attraverso la massiccia
immigrazione cinese. Ma anche qui si affida a un astuto pragmatismo: nella
stessa Cina, il buddismo è nuovamente in ascesa. Quindi: "Non ho nulla contro i
buddhisti cinesi istruiti che vengono in Tibet. Loro ci portano la buona cucina,
noi diamo loro nutrimento spirituale".
A Melk il "Buddha vivente" si è presentato di nuovo come un non fondamentalista,
tollerante e multiculturale. Le diverse religioni esistono, affinché ognuno
creda – se ha fede – che la sua sia l’unica vera, ma ciò poco importa, fintanto
che ognuno viva solo i valori umani fondamentali. Tutte le religioni hanno lo
stesso messaggio di amore, tolleranza e compassione. "Il mondo intero si fonde
in un unico corpo, ma è multireligioso". Il monaco benedettino David
Steindl-Rast non poteva che essere d’accordo con tale visione olistica.
Tuttavia, alcune tensioni si sono palesate quando il moderatore ha chiesto, se i
leader spirituali riuniti sul palco avessero mai dubitato della loro fede, come
Madre Teresa. Che l’islam sia leggermente diverso, si è reso evidente dalla
risposta fornita da Ahmed Mohammad El-Tayyib, rettore dell’Università Al-Azhar
del Cairo, il più importante istituto di formazione islamica: egli non ha alcun
dubbio, che l’islam sia diverso. Quando i seguaci delle religioni occidentali
hanno un dubbio, cercano prove empiriche, ma ciò è conoscenza, non fede.
Nell’islam il dubbio è "sempre accompagnato dallo spirito, che controlla se è
ancora valido". Quando un musulmano ha un dubbio, ha la sua regola di
comportamento: "Quando hai dubbi su Allah, devi invocarlo, finché non credi di
nuovo".
Il rabbino David Rosen, presidente dell’Istituto israeliano per la comunicazione
con le altre religioni, ha risposto a questa dichiarazione con una brillante
analisi critica: "Chi non ha dubbi, è una persona pericolosa". Il Dalai Lama ha
spiegato:" Il Buddha mi ha dato la libertà di verificare le cose". E
l’arcivescovo Filip von Poltava, incaricato dal Patriarcato di Mosca per la
chiesa ortodossa ucraina, ha affermato: "Tutti dubitano della loro fede a un
certo punto. Chi non dubita è spiritualmente morto". Non era un "tutti contro
l’islam", ma la frattura era evidente: Elizabeth Lesser, fondatrice dell’"Omega
Institute": "Ho un’affinità con l’islam grazie al mio insegnante sufi, ma il
modo in cui vengono trattate le donne è semplicemente ridicolo".
(Hans Rauscher/ Quotidiano austriaco DER STANDARD, edizione cartacea, 19.9.2007)
La domanda citata nell’articolo di sopra posta al Dalai Lama da
un partecipante alla conferenza, come si possa usare la fede per far fronte alle
preoccupazioni quotidiane e la relativa risposta: "I don’t know" ("Non lo so"),
fa scoppiare il forum di Waldzell in una fragorosa risata. È il modo consueto in
cui il capo spirituale dei buddisti tibetani confonde i suoi ascoltatori
occidentali. Poiché i partecipanti al convegno erano manager e imprenditori, ci
si dovrebbe chiedere se – alla domanda su come realizzare profitto in
un’azienda, il presidente del consiglio di amministrazione di tale azienda avesse risposto con
l’affermazione: ’"Non lo so’" – si sarebbe generato un entusiasmo simile.
L’"astuto pragmatismo" del Dalai Lama è evidente non solo nelle sue
dichiarazioni sui cinesi immigrati in massa in Tibet, ma anche e soprattutto nel
modo in cui crede, attraverso caute tattiche, di conquistare il favore
dell’Occidente a sostegno della sua causa. E non ci sarebbe assolutamente nulla
da obiettare, se questo buddista tibetano fosse il primo ministro del suo paese
e questo evento fosse una conferenza politica. Questo incontro, però, è un
dialogo tra religioni e il Dalai Lama è il capo spirituale di una comunità
religiosa, che fa dichiarazioni molto chiare e concrete proprio sugli effetti
dello stile di vita dell’essere umano sulla situazione dopo la sua morte. Ma su
questo il "Buddha vivente" saggiamente non si lascia sfuggire nulla in questa
sede. E, purtroppo, pare che non ci fosse neanche qualcuno disposto a fargli
simili domande.
La testimonianza della suora cattolica Agnes Gonxha Bojaxhiu, "Madre Teresa",
citata anche nell’articolo di cui sopra, in merito ai dubbi sulla sua fede, è
tratta dal libro che raccoglie i suoi appunti segreti, in cui scrive:
"Sin dal 1949 o dal 1950 avverto questo terribile
senso di perdita, questa indicibile oscurità (…) Il posto di Dio nella mia anima
è vuoto: non c’è Dio in me. (…) Il silenzio e il vuoto è così grande che io lo
cerco e non lo trovo, provo ad ascoltarlo e non lo sento (…) Soltanto anelo e
anelo a Dio… ma Lui non è qui (…) A volte sento proprio il mio cuore gridare
«Mio Dio» e nient’altro"
(Dal libro "Sii la mia luce. Gli scritti più intimi della "santa di Calcutta" –
Rizzoli)
Con queste parole la "Santa di Calcutta" confessa da un lato,
di aver vissuto gli ultimi trent’anni della sua vita senza essere in comunione con
lo Spirito Santo e, dall’altro lato, di aver cercato Dio evidentemente nel posto sbagliato.
Dio non si trova nell’anima. Secondo le Scritture, l’anima è il sangue (Lev 17,11, 14;
Deut 12,23) e il sangue è la sede di tutti gli impulsi istintivi
negli uomini e negli animali. Ma Dio è spirito (Giov 4,24) e coloro che lo
cercano e lo adorano devono adorarlo in spirito e in verità. Dio, di
conseguenza, non è presente nella nostra anima, ma nel nostro spirito.
A margine di questo dialogo di alto livello tra i rappresentanti delle religioni
di tutto il mondo, non accessibile ai media – ovviamente a parte le notizie
"standard" – anche l’ORF (Österreichischer Rundfunk Fernsehen – Radiotelevisione
nazionale austriaca) ha intervistato alcuni partecipanti in merito alle
dichiarazioni espresse durante le conferenze. E qui il Dalai Lama si appella
ancora una volta, come afferma, ai valori umani. La spiritualità sarà utile per
sempre più persone. Ma la compassione e la misericordia non sono importanti solo
per i credenti.
Il 14. Dalai Lama (Tenzin Gyatso), capo del
buddismo tibetano:
Le nostre religioni hanno molto in comune: amore praticato,
compassione, perdono, tolleranza, sobrietà, semplicità, autodisciplina, come il
celibato di monache e monaci cattolici. Quindi ci sono molte analogie, ma la
filosofia è diversa. Alcuni, ad esempio i cristiani, credono in un Dio, altri,
come noi buddisti, no. Ma la finalità è la medesima: rafforzare l’entusiasmo con
cui si vivono questi valori.
(Waldzell Meeting 2007 – https://religion.orf.at/)
Per il Dalai Lama si tratta dell’entusiasmo (entusiasmo
passionale), con cui vengono vissuti i punti in comune tra le religioni. Se ora
consideriamo i singoli criteri che qui vengono citati, non occorre un ampio
trattato teologico per riconoscere la differenza – almeno rispetto alla
religione cristiana. I buddisti praticano questi modi di comportamento perché
attraverso il "frutto di una buona azione" sperano in una migliore posizione di
partenza al momento della loro "rinascita" (il buddismo insegna la rinascita di
ogni persona, in base al suo karma, ogni volta come essere umano, animale, ecc,
fino a quando, alla fine delle rinascite, potrà accedere al Nirvana).
Naturalmente, valori come l’amore, la compassione, il perdono, ecc. sono della
massima importanza anche nel cristianesimo. Tuttavia, il fondamento dell’agire
cristiana biblica non è la raccolta di punti premio su un "conto" (rendimento
personale), quanto piuttosto la fede nel sacrificio sulla croce di Gesù Cristo,
morto in rappresentanza dei nostri peccati (salvezza per grazia). È ciò che
distingue il cristianesimo biblico dal buddismo (frutto di buone azioni),
dall’ebraismo (giustizia), dall’islam (lotta contro i miscredenti predicata in
modo sbagliato) e dal cattolicesimo (sopportazione delle sofferenze). E quando
il Dalai Lama spiega: "Buddha mi ha dato la libertà di verificare le cose" ",
allo stesso modo l’unico e solo Dio attraverso suo figlio Gesù Cristo ha dato a
tutte le persone la libertà di accettare tale sacrificio di redenzione in
rappresentanza dei loro peccati e così di essere salvate in eterno.
E ora è alquanto interessante notare che il rappresentante dell’ebraismo in
questo dialogo tra le religioni, il presidente del Comitato ebraico
internazionale per le consultazioni interreligiose, il rabbino David Rosen, che
in realtà dovrebbe condividere con i cristiani la fede in questo unico e solo
Dio, nel suo intervento fa un’analisi critica e ammette che la sua verità non è
migliore di quella delle altre religioni.
Rabbino David Rosen, presidente del Comitato
ebraico internazionale per le consultazioni interreligiose:
Non credo ci sia un’unica via. Se Dio ci parla con tale
diversità, ci devono essere vie diverse. Credo nella mia verità ma non potrei
affermare che essa sia migliore della verità degli altri.
(Waldzell Meeting 2007 – https://religion.orf.at/)
Se ora si considera, in base alla fede ebraica, ma anche in base
a quella cristiana, che le altre due religioni qui rappresentate sono del tutto
non-bibliche – poiché l’islam, con Allah, adora un falso dio, mentre il buddismo
non adora alcun dio – affermare che la verità proclamata da queste religioni non
sia migliore della verità della Bibbia, è estremamente inquietante – soprattutto
per un leader spirituale ebreo come Rabbi Rosen.
Ora vedete che io solo sono Dio e che non vi è altro dio accanto a me.
Deut 32,39 Ora vedete che io solo sono Dio e che
non vi è altro dio accanto a me. Io faccio morire e faccio vivere, ferisco e
risano, e nessuno può liberare dalla mia mano. 32,40 Sì, io alzo la mia mano
al cielo e dico: ’Com’è vero che io vivo in eterno. Deut 32,39-40;
Prima di me nessun Dio fu formato, e dopo di me, non ve ne sarà nessuno.
Isa 43,10 I miei testimoni siete voi, dice il
SIGNORE, voi, e il mio servo che io ho scelto, affinché voi lo sappiate, mi
crediate, e riconosciate che io sono. Prima di me nessun Dio fu formato, e
dopo di me, non ve ne sarà nessuno. 43,11 Io, io sono il SIGNORE, e fuori
di me non c’è salvatore. 43,12 Io ho annunciato, salvato, predetto, e non un
dio straniero in mezzo a voi; voi me ne siete testimoni, dice il SIGNORE; io
sono Dio. Isa 43,10-12;
Ricordate il passato, le cose antiche; perché io sono Dio, e non ce n’è alcun altro; sono Dio, e nessuno è simile a me.
Isa 46,5 A chi mi assomigliereste, a chi mi
eguagliereste, a chi mi paragonereste, quasi fossimo pari? 46,6 Costoro
prelevano l’oro dalla loro borsa, pesano l’argento nella bilancia, pagano un
orefice perché ne faccia un dio per prostrarglisi davanti, per adorarlo. 46,7
Se lo caricano sulle spalle, lo trasportano, lo mettono sul suo piedistallo;
esso sta in piedi e non si muove dal suo posto; benché uno gridi a lui, esso non
risponde né lo salva dalla sua afflizione. 46,8 Ricordatevi di questo e
mostratevi uomini! O trasgressori, rientrate in voi stessi! 46,9 Ricordate il
passato, le cose antiche; perché io sono Dio, e non ce n’è alcun altro; sono
Dio, e nessuno è simile a me. Isa 46, 5- 9;
E se persino il rabbino Rosen, quale rappresentante del credo
mosaico, ammette che la sua religione ebraica è solo una delle "diverse vie" e
nemmeno la migliore, nonostante la sua Torah (i 5 libri di Mosè) e le scritture
ebraiche affermino che non esiste altro Dio all’infuori del Dio di Israele, non
sorprende che il rappresentante della chiesa cattolica, il monaco benedettino
David Steindl-Rast, sia dell’opinione che anche il cristianesimo, come
le altre religioni, è solo "una porta attraverso cui accediamo al Supremo"
Padre David Steindl-Rast, benedettino,
Austria/USA:
Fino a quando consideriamo la nostra religione l’unica giusta,
mentre tolleriamo soltanto le altre, alla fine non riusciremo mai a comunicare
tra di noi. Ci sono sempre solo parole pie e forme di cortesia. Ma quando ci
rendiamo conto che la nostra religione, come qualsiasi altra, è una porta
attraverso la quale accediamo al Supremo, che non si può più pronunciare, che
non si può più esprimere, allora potremo andare d’accordo con questa
possibilità, in cui parole e forme falliscono.
(Waldzell Meeting 2007 – https://religion.orf.at/)
Nel suo tentativo di cancellare le differenze tra le religioni
con una sorta di "politica di pacificazione", il monaco benedettino Steindl-Rast
piuttosto inconsciamente svela i retroscena del suo punto di vista. Quando dice
che "alla fine non riusciremo mai a comunicare tra di noi", se "consideriamo la
nostra religione l’unica giusta", semplicemente ci conferma, come ha fatto il
rabbino Rosen in precedenza, che per lui la sua religione non è l’unica giusta.
D’altra parte, così ci mostra altrettanto chiaramente cosa sia fondamentale per
lui: vuole una comunicazione tra le religioni.
Ora la comunicazione è certamente una buona cosa e anche auspicabile, se apporta
dei benefici a tutte le persone coinvolte. Per rimanere nell’ambito aziendale,
la comunicazione tra datore di lavoro e dipendente è da raccomandare, se ciò
comporta un maggiore profitto per il primo e un adeguato aumento salariale per
il secondo. Da respingere tassativamente è il ben noto tentativo di motivare con
doni i sindacati, affinché tengano segreta la distribuzione disuguale dei
benefici.
Qualcosa di molto simile è praticato anche qui. Proprio come questi sindacalisti
non rappresentano più i lavoratori, D. Steindl-Rast evidentemente qui non
rappresenta la chiesa cattolicha e sicuramente non le chiese cristiane. Come è
possibile verificare dal suo curriculum, i suoi meriti effettivi sono da
ricercare più nell’ambito del dialogo cristiano-buddista e della "costruzione di
ponti tra tradizioni religiose".
Dopo dodici anni di formazione monastica e di studi
di filosofia e teologia, l’abate del monastero mandò frate David a partecipare
al dialogo cristiano-buddista, per il quale ricevette l’autorizzazione dal
Vaticano nel 1967. I suoi insegnanti Zen erano Hakkuun Yasutani Roshi, Soen
Nakagawa Roshi, Shunryu Suzuki Roshi ed Eido Shimano Roshi. Nel 1968 fu
co-fondatore del Centro di studi spirituali e nel 1975 ricevette il Premio
Martin Buber per i suoi meriti nella creazione di ponti tra le tradizioni
religiose.
(https://www.waldzell.org/site?page=147)
E questo è anche il motivo per cui il monaco benedettino non
poteva che essere d’accordo con la visione "olistica" del Dalai Lama: "Il mondo
intero si fonde in un unico corpo, ma è multireligioso". Proprio il buddismo,
che non ha assolutamente nulla da offrire ai suoi fedeli – nemmeno un dio –
cerca di compensare questa lacuna mettendosi sullo stesso piano delle altre
religioni.
E proprio come dobbiamo ricordare a Rabbi Rosen sopra le dichiarazioni del
suo Dio (se ci crede ancora) nei libri di Mosè e dei Profeti, non possiamo fare
a meno di richiamare qui anche l’attenzione di Padre Stendl-Rast sulle
dichiarazioni del suo Signore Gesù Cristo (se ci crede ancora) nel Nuovo
Testamento.
Chi non entra per la porta nell’ovile delle pecore, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante.
Giov 10,1 «In verità, in verità vi dico che chi
non entra per la porta nell’ovile delle pecore, ma vi sale da un’altra parte, è
un ladro e un brigante. 10,2 Ma colui che entra per la porta è il pastore
delle pecore. Giov 10, 1. 2;
In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore.
Giov 10,7 Perciò Gesù di nuovo disse loro: «In
verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. 10,8 Tutti quelli
che sono venuti prima di me, sono stati ladri e briganti; ma le pecore non li
hanno ascoltati. 10,9 Io sono la porta; se uno entra per me, sarà salvato,
entrerà e uscirà, e troverà pastura. 10,10 Il ladro non viene se non per
rubare, ammazzare e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e
l’abbiano in abbondanza. Giov 10, 7-10;
Io sono nato per questo, e per questo sono venuto nel mondo: per testimoniare della verità.
Giov 18,37 Allora Pilato gli disse: «Ma dunque, sei
tu re?» Gesù rispose: «Tu lo dici; sono re; io sono nato per questo, e per
questo sono venuto nel mondo: per testimoniare della verità. Chiunque è dalla
verità ascolta la mia voce».Giov 18,37;
Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Giov 14,6 Gesù gli disse: «Io sono la via, la
verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Giov 14, 6:
Secondo queste dichiarazioni del Figlio di Dio, vincolanti per
un cristiano-biblico, non c’è altra via per l’unico e solo Dio, se non per mezzo
di Gesù Cristo. Egli è la via, la verità e la vita. Chiunque è dalla verità,
ascolta la sua voce. Chi non proclama Gesù Cristo come l’unico salvatore degli
essere umani, proclama un falso vangelo e, secondo Gal 1,9, sia anatema
(maledetto), dal greco anáthema, Gal 1,8.9; 1Cor 16,22.
Se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema.
Gal 1,6 Mi meraviglio che così presto voi passiate,
da colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo, a un altro vangelo.
1,7 Ché poi non c’è un altro vangelo; però ci sono alcuni che vi turbano e
vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. 1,8 Ma anche se noi o un angelo
dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato,
sia anatema. 1,9 Come abbiamo già detto, lo ripeto di nuovo anche adesso: se
qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia
anatema. Gal 1, 6- 9;
Se qualcuno viene a voi e non reca questa dottrina, non ricevetelo in casa e non salutatelo.
2Gio 1,9 Chi va oltre e non rimane nella dottrina
di Cristo, non ha Dio. Chi rimane nella dottrina, ha il Padre e il Figlio. 1,10
Se qualcuno viene a voi e non reca questa dottrina, non ricevetelo in casa e
non salutatelo. 1,11 Chi lo saluta, partecipa alle sue opere malvagie.
2Gio 1, 9-11;
Questi passaggi delle Scritture non sono validi solo per
Steindl-Rast ma per tutta la chiesa cattolica, poiché è proprio il Vaticano
(vedi sopra) che sostiene simili sviluppi non biblici tra le sue fila. E come ci
informa Giuseppe De Candia, assiduo visitatore di Immanuel.at, il Papa
ormai si accorda personalmente con i rappresentanti dell’Islam su questo Dialogo
interreligioso. Il fratello De Candia scrive:
"La seguente notizia di attualità ha lo stesso
tenore delle dichiarazioni di cui sopra. In realtà, è una buona notizia, perché
conferma il valore di verità della Bibbia sugli avvenimenti della fine dei
tempi".
6 novembre 2007: Oggi, martedì, per la prima volta Papa
Benedetto XVI ha ricevuto Abdullah, re dell’Arabia Saudita. Si sono stretti la
mano durante i saluti e si sono scambiati doni. In una successiva discussione
sul "dialogo interreligioso" e sulla situazione in Medio Oriente, il Papa e il
re Abdullah hanno convenuto che cristiani, musulmani ed ebrei devono lavorare
insieme per raggiungere "pace, giustizia e valori spirituali e morali". Inoltre,
si sono dichiarati a favore di una "soluzione giusta" in Medio Oriente.
Particolare enfasi è stata posta sul "conflitto israelo-palestinese".
https://www.die-topnews.de/koenig-abdullah-besucht-den-papst-3536
E qui è degno di nota il fatto che in occasione del "Waldzell
Meeting 2007" ben due rappresentanti del cattolicesimo siano stati tra i
relatori di questo dialogo tra le religioni: l’arcivescovo Filip di Poltava
e Kremenchuk in Ucraina, in qualità di rappresentante della chiesa
ortodossa del Patriarcato di Mosca, e l’austriaco/americano David Steindl-Rast ,
monaco benedettino e "guida spirituale", in qualità di rappresentante del
cattolicesimo romano. Evidentemente, non è stato invitato nemmeno un
rappresentante delle chiese cristiane, perché avrebbe – si spera !! – ricondotto
sul terreno della realtà questa prematura visione di un’unità politicamente
corretta delle grandi religioni del mondo.
Uno dei relatori ha cercato di farlo, ma – com’era prevedibile – le sue
dichiarazioni non sono state prese veramente sul serio. Il rappresentante
dell’islam, Ahmad Al-Tayyeb, Rettore dell’Università Al-Azhar del
Cairo, la più antica università del mondo (fondata nel 975), è stato l’unico in
questo dialogo a indicare le differenze esistenti tra le religioni e tra i
principi delle varie fedi.
Grand Imam Ahmad Al-Tayyeb, Rettore
dell’Università Al-Azhar del Cairo e membro del Consiglio supremo per gli affari
islamici:
Da questa differenza voluta da Dio consegue che gli esseri umani
differiscono per religione e principi della fede, e continueranno a
differenziarsi fino al Giorno del Giudizio. La differenza dei principi della
fede e la loro persistenza è una verità coranica e allo stesso tempo una verità
della creazione.
(Waldzell Meeting 2007 – https://www.waldzell.org/site?page=150)
Ora per un cristiano biblico è umiliante che un rappresentante
di una falsa fede con un falso Dio e una falsa aspettativa di salvezza sia stato
apparentemente l’unico in questo gruppo a smascherare questi ipocriti tentativi
di egualitarismo religioso. Poi però dice:
Quando i seguaci delle religioni occidentali hanno
un dubbio, cercano prove empiriche, ma ciò è conoscenza, non fede. Nell’islam il
dubbio è "sempre accompagnato dallo spirito, che controlla se è ancora valido".
Quando un musulmano ha un dubbio, ha la sua regola di comportamento: "Quando hai
dubbi su Allah, devi invocarlo, finché non credi di nuovo".
si nota che non è stata la saggezza a fargli maturare tale
convinzione, ma semplicemente la mancanza di informazioni. Similmente il maestro
del corano ha risposto alle domande dei suoi studenti: "Non potete fare domande
sul corano, dovete solo impararlo a memoria". Ed è proprio questo atteggiamento
spirituale a essere responsabile di quei problemi che l’islam oggi si trova ad
affrontare in tutto il mondo. Si vuole evitare che i credenti facciano troppe
domande perché altrimenti "saprebbero" e non crederebbero, ma allo stesso tempo
si permette ad altri falsi maestri con false risposte di soddisfare il desiderio
di conoscenza dei credenti.
Il buddismo è percepito da molti in Occidente come esemplare,
tollerante e pacifico. Proprio questa percezione è stata l’argomento principale
di una manifestazione buddista presso il centro di formazione St. Virgil di
Salisburgo. Lo studioso di religioni Perry Schmidt-Leukel, egli stesso
cristiano-anglicano, impegnato nel dialogo cristiano-buddista, è stato il
relatore di riferimento della conferenza.
Perry Schmidt-Leukel, professore di teologia
sistematica e scienza delle religioni, Università di Glasgow:
La storia religiosa delle religioni orientali, ad esempio, non è
solo quella storia straordinaria, pura, pacifica e tollerante, come spesso qui
viene presentata. Si trova sempre qualcuno che, parlando soggettivamente spesso
con la coscienza pulita, afferma: "in nome del buddismo non è mai stata condotta
una guerra di religione". E questo è da un punto di vista storico semplicemente
sbagliato. (…)
Sulla base di criteri speciali relativi alla propria religione, di norme
speciali relative alla propria religione: dobbiamo davvero dire che questa altra
religione concreta testimonia meno verità, testimonia meno bene, testimonia meno
santità della mia? Oppure non dobbiamo piuttosto dire: Sì, è diversa sotto molti
punti di vista, è molto diversa, ma alla fine ha lo stesso valore. E l’idea
teologica che permetterebbe un tale modello è – ora in termini cristiani – che
Dio si è rivelato a tutti gli esseri umani. Che non c’è stato un essere umano –
da quando esiste l’umanità – che abbia vissuto senza un legame con il divino. E
che questo legame che Dio ha con ogni essere umano si è naturalmente manifestato
anche nelle diverse culture e nelle diverse religioni dell’umanità. (…)
(Evento buddista presso il Bildungshaus St. Virgil [Centro di formazione St.
Virgil] di Salisburgo - https://religion.orf.at/)
Perry Schmidt-Leukel è un rappresentante della teologia
pluralista delle religioni. Questa concezione nega che il cristianesimo sia la
religione superiore a tutte le altre e presume che almeno alcune religioni siano
equivalenti tra loro per quanto riguarda la loro conoscenza della verità divina
e la loro forza di procurare la salvezza.
Se ora consideriamo le dichiarazioni di P. Schmidt-Leukel di cui sopra, in cui
tra l’altro, dice:
"Dobbiamo davvero dire che questa altra religione
concreta testimonia meno verità?"
tutta la problematica relativa a questa linea di pensiero
diventa immediatamente chiara: quando lo studioso di religioni, impegnato nel
dialogo cristiano-buddista, confronta il buddismo con il cristianesimo – da un
lato una religione senza Dio, senza Creatore, dall’altro una religione con Dio,
il Creatore di tutti cose – e poi dice:
"Oppure non dobbiamo piuttosto dire: Sì, (l’altra
religione) è diversa sotto molti punti di vista, è molto diversa, ma alla fine
ha lo stesso valore"
tutto questo ci ricorda in modo sorprendente il proverbiale
paragone tra ronzino e cavallo da corsa. In tutti questi tentativi di
rappresentare le diverse religioni come uguali, anche il loro
contenuto alla fine diventa uguale cioè irrilevante. E allora naturalmente si può anche
rinunciare a pretendere la verità: l’unità a prezzo della verità.
Proprio il buddismo è visto da noi occidentali – forse anche un po’ grazie
all’"astuto pragmatismo" del Dalai Lama – come modello di una religione
tollerante e pluralista e anche la prima parte della seguente parabola di P.
Schmidt-Leukel sembra confermarlo.
Perry Schmidt-Leukel, professore di teologia
sistematica e scienza delle religioni, Università di Glasgow:
Una parabola su cui riflettere.
Dei ciechi dalla nascita, che non avevano mai visto un elefante, toccano un
elefante ognuno in diverse parti del corpo. Uno tocca la gamba dell’elefante, un
altro la coda, un terzo l’orecchio, un quarto la proboscide, e così via. E poi
viene loro richiesto di descrivere l’elefante. E ciascuno lo descrive in base
alla parte che aveva toccato. Chi aveva toccato la gamba dice: l’elefante è come
un tronco d’albero. Quello che aveva toccato la proboscide dell’elefante dice
che è come una liana e quello che aveva toccato la coda dice che l’elefante è
simile a uno scacciamosche, allora molto diffuso in India, e così via. E poi si
misero a litigare tra loro perché ognuno sosteneva che l’altro diceva qualcosa
di completamente falso sugli elefanti. Questa parabola è spesso citata per
presentare simili interpretazioni pluraliste delle religioni: le religioni
percepiscono aspetti diversi della verità comune e, invece di riconoscere la
loro complementarità, entrano in conflitto tra loro.
(Evento buddista presso il Bildungshaus St. Virgil [Centro di formazione St.
Virgil] di Salisburgo - https://religion.orf.at/)
Questa parabola è davvero un eccellente esempio, perché è così
chiara e quindi facile da capire. I ciechi dalla nascita rappresentano i
fondatori delle religioni di tutto il mondo, i quali – ciascuno per sé – credono
di possedere la verità, ma in realtà ne hanno "compreso" solo una parte più o
meno ampia. E anche il conflitto sulle rispettive conoscenze diverse si presta
perfettamente a essere confrontato con la realtà. Ora qui si può comprendere
molto bene la tesi di P. Schmidt-Leukel, il quale significativamente dice che se
queste persone, invece di discutere, si riunissero e si scambiassero le
rispettive conoscenze, si avvicinerebbero molto rapidamente alla verità.
Tuttavia, questa è purtroppo solo la "variante occidentale" di questa parabola,
la seconda parte della quale è più spesso taciuta dai sostenitori di una
religione dell’unità pluralista.
Perry Schmidt-Leukel, professore di teologia
sistematica e scienza delle religioni, Università di Glasgow:
Non è così, però, che la parabola è stata raccontata nel buddismo. In realtà, il
finale è completamente diverso nella versione buddista. C’è infatti un re
vedente che fa portare i ciechi da questo elefante. E alla fine il re si prende
beffa della lite tra i ciechi. E il contesto non lascia dubbi sul fatto che il
re vedente rappresenti il Buddha. E i ciechi rappresentano gli insegnanti e
maestri religiosi rivali al tempo del Buddha. E in base al contesto si evince
addirittura a chiare lettere che la visione parziale degli altri non è
sufficiente per ottenere la salvezza, ma la può fornire solo la visione
completa, che è precisamente quella del re vedente, che non è un cieco, ma ha la
visione del Buddha.
(Evento buddista presso il Bildungshaus St. Virgil [Centro di formazione St.
Virgil] di Salisburgo - https://religion.orf.at/)
Eccoci di nuovo nella realtà di questo mondo. La tolleranza e la
pluralità del buddismo sono finite. Al contrario: alla fine il Buddha
addirittura si fa beffa della lite dei ciechi perché solo lui è vedente e ha la
visione completa.
Da un punto di vista cristiano, qui andrebbe aggiunta qualche altra cosa:
Il Buddha si è rallegrato troppo presto! Provando gioia per il male degli altri
e con la sua arroganza fornisce la prova che egli stesso è cieco e manca di
conoscenza. In effetti, non si tratta di chi vede o meno l’elefante. L’elefante
qui rappresenta la conoscenza della verità e quindi la conoscenza di Dio. Ma Dio
è spirito e chiunque vuole conoscerlo deve adorarlo in spirito e verità. Quindi
qui non si tratta della capacità visiva fisica, bensì di quella spirituale.
Ora è vero che nella maggior parte noi esseri umani siamo "nati ciechi" dal
punto di vista spirituale. Ma a differenza del comportamento del Buddha in
questa parabola, che lascia questi ciechi a litigare e si beffa di loro,
screditando in questo modo il buddismo come religione della salvezza, il
cristianesimo mostra la giusta via: Cristo non si beffa di questi ciechi, ma
ridà loro la vista spirituale. E, inoltre, non li obbliga a convertirsi a lui,
ma dà loro la libertà di decidere a favore o contro di lui.
Io sono venuto come luce nel mondo, affinché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.
Giov 12,44 Ma Gesù ad alta voce esclamò: «Chi crede
in me, crede non in me, ma in colui che mi ha mandato; 12,45 e chi vede me, vede
colui che mi ha mandato. 12,46 Io sono venuto come luce nel mondo, affinché
chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Giov 12,44-46;
Io sono venuto in questo mondo per fare un giudizio, affinché quelli che non vedono vedano, e quelli che vedono diventino ciechi.
Giov 9,39 Gesù disse: «Io sono venuto in questo
mondo per fare un giudizio, affinché quelli che non vedono vedano, e quelli che
vedono diventino ciechi». 9,40 Alcuni farisei, che erano con lui,
udirono queste cose e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?» 9,41 Gesù
rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite:
"Noi vediamo", il vostro peccato rimane. Giov 9,39-41;
E questo è effettivamente il comportamento di un Dio amorevole.
Il Buddha era un "re vedente", che era cieco spiritualmente. Era uno di quei
fondatori della religione che in quanto ciechi stavano attorno all’elefante a
discutere, senza sapere che per arrivare alla conoscenza di Dio non avevano
bisogno dei loro occhi, ma del loro spirito.
E qui si capisce anche perché la religione cristiana è considerata l’unica
religione della salvezza: perché ha un Redentore e non fa affidamento su teorie
di redenzione personale come le altre religioni. È Dio stesso che attraverso suo
Figlio si rivela a tutti gli uomini. Ma Gesù Cristo non è un demone che possiede
lo spirito dell’uomo senza il suo consenso. Tutte le persone sono libere di
credere nel Figlio di Dio o di rifiutarlo. Chi lo accetta è redento e ha vita
eterna, chi lo rifiuta rimane nei suoi peccati ed è già giudicato. Chi non l’ha
capito – proprio in qualità di teologo e anglicano – non ha capito affatto il
cristianesimo.
Chi crede in lui non è giudicato; chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
Giov 3,16 Perché Dio ha tanto amato il mondo,
che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca,
ma abbia vita eterna. 3,17 Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo
per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 3,18
Chi crede in lui non è giudicato; chi non crede è già giudicato, perché non ha
creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. Giov 3,16-18;
Disse questo dello Spirito, che dovevano ricevere quelli che avrebbero creduto in lui.
Giov 7,38 Chi crede in me, come ha detto la
Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno». 7,39 Disse
questo dello Spirito, che dovevano ricevere quelli che avrebbero creduto in lui;
lo Spirito, infatti, non era ancora stato dato, perché Gesù non era ancora
glorificato. Giov 7,38-39;
Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà.
Giov 11,25 Gesù le disse: «Io sono la
risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 11,26 e
chiunque vive e crede in me, non morirà mai. Credi tu questo?».
Giov 11,25-26;
Chiesa cattolica – Arcivescovado di Colonia (https://www.erzbistum-koeln.de/seel
)
Le grandi sfide che gli uomini del nostro tempo devono affrontare, possono
essere superate solo attraverso la cooperazione di tutti. Il dialogo
interreligioso oggi offre un contributo alla comprensione e alla pacifica
convivenza tra persone di diverse origini culturali e religiose. Nel dialogo
interreligioso la chiesa è testimone della sua fede e della sua speranza.
Il consiglio ecumenico delle chiese: Der interreligiöse Dialog [Il dialogo interreligioso]
Chiesa evangelica di Germania (www.ekd.de/ezw/42787_42920.php)
In un’epoca in cui in Germania, come nella maggior parte dei paesi del mondo,
domina la pluralità religiosa e non è più possibile presupporre l’esistenza di
una cultura cristiana unitaria, il dialogo a tutti i livelli possibili non solo
è necessario, ma è l’unica alternativa. (…)
In generale, il dialogo interreligioso deve essere condotto nello spirito della
cortesia e del rispetto reciproco. Ciò che conta è la capacità e la
disponibilità a testimoniare anche la propria fede senza che ciò implichi
l’esplicita intenzione di conquistare l’interlocutore a questa fede. Il dialogo
non consiste nella ricerca comune di un compromesso sulla verità o sulla
teologia, ma nella migliore comprensione dell’altro, e in questo modo, talvolta,
nella migliore comprensione della propria fede (…)
Questo processo include la possibilità di cambiamento, perché le tradizioni
religiose non sono entità chiuse. Le esperienze che i fedeli fanno nel corso
degli incontri e dei dialoghi interreligiosi hanno delle conseguenze nel tempo.
La seguente preghiera tratta da "oekumene-live", mostra dove
conduce la strada sbagliata dell’ecumenismo:
"Sii lodato Signore, tu Dio di Maometto. Sei grande e sublime. Sei inafferrabile
e inavvicinabile. Sei grande tra i tuoi profeti.
Sii lodato Signore, tu Dio di Buddha. Vivi nelle profondità del mondo. Vivi in
ogni essere umano. Sei l’abbondanza del silenzio.
Sii lodato Signore, Dio d’Africa. Sei la vita sugli alberi. Sei la forza nel
padre e nella madre. Sei l’anima nel mondo".
(Materiale ufficiale e dichiarazione dell’opera missionaria pontificia "Missio"
di Aquisgrana, destinato alla distribuzione nelle parrocchie cattoliche).
Fonte: https://www.oekumene-live.de/content/view/39/44/
Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Giov 14,6 Gesù gli disse: «Io sono la via, la
verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Giov 14, 6:
La pace del mondo diventa improvvisamente così importante, tanto
da far perdere di vista la pace con Dio. La pace del mondo viene spiegata per
ultimo, ma in ciò viene persa la pace con Dio. Cioè, si parla ancora di Dio,
tuttavia, a Lui spetta poco più del ruolo dello spettatore davanti agli sforzi
umani per la pace. Il regno della pace viene costruito qui su questa antica
terra da questa stessa umanità riunita. Attraverso il suo "sforzo morale" l’uomo
dovrebbe realizzare ciò che non ci si aspetta più da Dio. La verità cristiana
viene annacquata.
Le persone non vogliono più sentire che Gesù Cristo rivendica di essere la
verità in persona e l’unica via per arrivare a Dio Padre. Per amore della pace
politica, vige l’opinione che sia necessario anteporre l’unità degli uomini alla
verità cristiana. I confini tra le religioni devono cadere. Gesù deve essere
considerato solo come uno dei fondatori delle molte religioni, ma non come
Redentore e unico Figlio di Dio. La sua rivendicazione dell’assoluto non deve
ostacolare l’auspicata unità dell’umanità e la conseguente sperata pace nel
mondo. La pace con Dio si perde. La pace con Dio significa prendere sul serio la
sua volontà e i suoi comandamenti (Isa 48,18).
Chi trasgredisce il primo fondamentale comandamento non può in alcun modo
contare sulla pace con Dio, neanche con una pace terrena durevole, a maggior
ragione se è una pseudopace di breve durata. In tutta la storia biblica della
salvezza appare chiaro che il popolo di Dio ha sempre perso la vera pace con il
suo Signore ogni volta che ha ritenuto di dover scendere a compromessi con
rappresentanti di religioni pagane.
(Lothar Gassmann)
Nel suo numero di novembre, TOPIC ha riportato una lettera
redatta da 138 studiosi islamici e inviata a numerosi leader cristiani. In essa,
i musulmani hanno elaborato dei parallelismi tra l’islam e il cristianesimo e
hanno incoraggiato i cristiani ad avviare un dialogo con l’islam sulla base
dell’amore per Dio e per il prossimo.
Ora 138 leader cristiani – per lo più dagli Stati Uniti – hanno risposto ai
musulmani. Nella loro lettera, sottoscritta da tutti, richiamano l’attenzione
sul fatto che sia il Dio della Bibbia che Allah chiedono agli uomini di amare e
che, perciò, cristiani e musulmani potrebbero incontrarsi su questo terreno
comune dell’amore. È del tutto ovvio che Allah è messo sullo stesso piano del
Dio della Bibbia e le dichiarazioni di Gesù sono messe, senza commenti, sullo
stesso piano di quelle del profeta islamico Maometto. All’inizio della lettera,
i firmatari chiedono perdono ai musulmani per le crociate e per gli "eccessi dei
cristiani" nella guerra contro il terrorismo. Alla fine dello scritto, invitano
i leader musulmani a muovere insieme i primi passi per soddisfare la "pretesa di
amare Dio e di amarci reciprocamente".
Hanno firmato la lettera tra gli altri:
Bill Hybels (fondatore di Willow Creek), Rick Warren (fondatore
della Saddleback Community Church), Brian D. McLaren
(uno dei rappresentanti della Emerging-Church), Robert Schuller
(predicatore televisivo), David Yonggi Cho (carismatico di fama
mondiale), Geoff Tunnicliffe (presidente della Alleanza
Evangelica mondiale), George Verwer e Peter Maiden
(Operazione Mobilitazione/OM), nonché diversi rappresentanti di rinomati centri
di formazione evangelica negli Stati Uniti.
La chiesa evangelica tedesca (EKD), contrariamente, ha accolto con cautela la
lettera dei 138 studiosi islamici. Il presidente del consiglio della EKD, il
vescovo Wolfgang Huber, ha sottolineato che il testo originale della lettera
conteneva la parola araba "Da’wa", che indica la "chiamata all’islam". Quindi il
documento non fa sconti all’idea di immutabilità e di insuperabilità dell’islam.
Inoltre, i cristiani interpreterebbero il "doppio comandamento dell’amore" –
l’amore per Dio e per il prossimo – in modo diverso da quanto spiegato dagli
studiosi dell’islam. Secondo Huber, il fondamento per i cristiani è l’amore di
Dio, che si mostra in Cristo e nell’alleanza con Israele.
Servizio d’informazione TOPIC / editore: Ulrich Skambraks (Kreuztal presso
Siegen). Casella postale 1544.0-57206 Kreuztal Tel. 02732/791859. Fax
02732/74677
La pretesa della rappresentanza esclusiva del cristianesimo biblico.Dio è raggiungibile da ogni singola persona che lo desidera. |