Le correnti
interpretative convenzionali.
Il punto di vista preterista o legato
al tempo.
Il punto di vista legato agli
Ultimi Tempi o escatologico.
Un punto di vista nuovo e
metatemporale delle cose.
Per le sette lettere indirizzate alle Chiese vi sono diverse
correnti interpretative:
- Il punto di vista legato al tempo o preterista
ritiene che queste lettere si riferiscano alla condizione delle sette Chiese
nell’Asia Minore di quel tempo.
- Il punto di vista storico postula che le sette Chiese
rappresentano sette fasi successive della storia della chiesa (delle quali una
parte si trova ancora nel futuro).
- La corrente interpretativa escatologica o legata agli
Ultimi Tempi crede che la condizione descritta nelle lettere rifletta la
situazione di diverse correnti di confessione cristiane nel tempo escatologico.
In linea di massima, bisogna tenere a mente che, sulla base di
Apoc 1,11, non vi sono dubbi che "il libro" è indirizzato alle
Chiese, ma non queste sette lettere, che sono invece indirizzate agli
"angeli delle Chiese".
Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette chiese.
Apoc 1,10 Mi trovai nello Spirito nel giorno del
Signore e udii dietro a me una forte voce, come di una tromba, 1,11 che diceva:
«Quello che vedi, scrivi lo in un libro e manda lo alle sette chiese che
sono in Asia: ad Efeso, a Smirne, a Pergamo, a Tiatira, a Sardi, a Filadelfia e
a Laodicea». Apoc 1,10-11;
(Vedi anche Discorso 35: "L’approccio
preterista: gli Ultimi Tempi sono già avvenuti?." [non ancora
disponibile in Italiano, leggi in tedesco / leggi
in inglese])
Il mistero delle sette stelle.
Apoc 1,17 Quando lo vidi, caddi ai suoi piedi come
morto. Ma egli mise la sua mano destra su di me, dicendomi: «Non temere! Io
sono il primo e l’ultimo, 1,18 e il vivente; io fui morto, ma ecco sono vivente
per i secoli dei secoli, amen; e ho le chiavi della morte e dell’Ades.
1,19 Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle che sono e quelle che stanno
per accadere dopo queste, 1,20 il mistero delle sette stelle che hai visto
nella mia destra e quello dei sette candelabri d’oro. Le sette stelle
sono gli angeli delle sette chiese, e i sette candelabri che hai visto sono
le sette chiese». Apoc 1,17-20;
All’angelo della chiesa in Efeso scrivi..
Apoc 2,1«All’angelo della chiesa in Efeso
scrivi: queste cose dice colui che tiene le sette stelle nella sua destra e
che cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro. Apoc 2, 1;
L’identità di questi angeli delle Chiese viene interpretata
in modi diversi. Per il fatto che il significato originario di
"angelo" (gr. "angelos") indica propriamente il
"messaggero" (umano), molte persone – come appunto anche il punto di
vista preterista – vedono qui un essere umano, e pensano che si tratti di un
officiante, come egli fu definito anche nella sinagoga ebraica "messaggero
della congregazione".
Vi sono però due potenti argomenti che parlano contro. Da un lato, l’utilizzo
della denominazione "angelo" nell’Apocalisse. Questo concetto viene
menzionato in tutto 66 volte nell’Apocalisse, ma nessuna volta nel senso del
punto di vista sopraccitato come "messaggero umano". Anche la menzione
di "angelo della chiesa" nella lettera a Sardi, in Apoc 3,1 e subito
dopo, in Apoc 3,5 con la stessa espressione (al plurale) di "Angeli del
Padre", permette di evincere che la stessa denominazione "angelos"
nello stesso paragrafo non può avere un significato diverso, e infatti una
volta sta per esseri umani e l’altra per angeli. L’unica differenza che qui
si può evincere, è la differenza nella categoria "angelo", ossia una
volta gli angeli "della chiesa" e l’altra gli angeli "del
Padre".
Il secondo argomento contro la sopraccitata interpretazione dell’"angelos"
in quanto messaggero umano, emerge dal contenuto delle lettere stesse. Così si
dice nella stessa lettera all’angelo della chiesa in Sardi: "Se tu non
vegli, io verrò su di te come un ladro, e non saprai a quale ora verrò su di
te". Questo è un riferimento che conosciamo bene anche dai Vangeli ed esso
allude al Ritorno del Signore negli Ultimi Tempi. Ciò presuppone dunque che
questo angelo esista dal momento del ricevimento di questa lettera fino al
Ritorno del Signore – dunque migliaia di anni più tardi. E ciò non è
proprio possibile per un essere umano.
Lo stesso vale per Apoc 2,16, nella lettera a Pergamo, dove si dice:
"Ravvediti dunque, altrimenti verrò presto da te e combatterò contro di
loro con la spada della mia bocca.". Anche questo è un riferimento alla
parusia ed implica l’esistenza di questo angelo dal momento del ricevimento di
questa lettera nel passato fino al Ritorno del Signore nel futuro.
L’idea che non potrebbe trattarsi di angeli veri, poiché "in questo caso
il Signore celeste manderebbe alle cose celesti un messaggio, dettandolo però
ad un essere umano sulla terra, a condizione che esso fosse inviato alle sette
città", mostra – come prova del contrario – una complessità dei
rapporti che, comunque, alla luce di un’analisi più precisa dei relativi
passi biblici, è ben maggiore di quanto si possa credere di evincere qui.
In effetti, secondo Apoc 1,1, questa rivelazione fu rivelata da Dio, il Padre,
prima a suo Figlio, nostro Signore, che a sua volta l’ha trasmessa a Giovanni
per mezzo di un angelo. Secondo la tradizione, Giovanni, nella grotta di Patmos,
ha poi dettato le visioni al suo discepolo, che le ha scritte in un libro.
Questo libro – insieme alle singole lettere – fu inviato alle Chiese. E pare
che solo dopo che questo libro fu letto nella chiesa e i fedeli ne appresero
spiritualmente il contenuto, anche l’angelo di questa chiesa – sulla via
dello spirito – ne venne a conoscenza.
Se si parte dal presupposto che i destinatari sono effettivamente angeli, e che
questi angeli sono i responsabili in cielo di queste Chiese, allora la
differenza nel dettaglio è marginale, mentre per la sinossi nell’interpretazione
da ciò emerge un approccio essenzialmente diverso.
Se non si tiene conto di questa circostanza e se le Chiese vengono considerate i
destinatari, si approda facilmente all’interpretazione secondo la quale queste
lettere furono in realtà indirizzate a quelle che un tempo erano le Chiese
nella provincia dell’Asia, e che esse avevano qualcosa da dire soltanto a
questo gruppo di destinatari. Dunque, avremmo qui la comprensione di base della
prima corrente interpretativa menzionata più sopra, ossia il punto di vista
legato al tempo o preterista.
Se si tiene tuttavia conto del fatto che gli angeli appaiono essere i
destinatari, ovvero angeli che sono come stelle nella mano destra del Signore
Gesù, e che anche le sette Chiese stanno come candelabri al cospetto del
Signore ed egli cammina in mezzo a loro (Apoc 1,13; 2,1), si comprende subito
che gli angeli e le Chiese non possono essere fenomeni transeunti della storia
contemporanea e che qui il discorso non può riguardare un solo particolare
periodo della storia. Questi angeli vivono ancora oggi e continueranno a vivere
anche in futuro fino al Ritorno del Signore e anche oltre.
E non è nemmeno pensabile che i "candelabri", ossia le Chiese al cui
centro si trova il Signore, spariscano dalla storia gradualmente una dopo l’altra,
così come postula il punto di vista storico. Inoltre, il Signore stesso mette
in guardia per esempio l’angelo della chiesa in Sardi in Apoc 3,3: "Se
tu non vegli, io verrò su di te come un ladro, e non saprai a quale ora verrò
su di te". Questa espressione "venire come un ladro" ci è nota
dai Vangeli, dove sta sempre per il Ritorno del Signore. Di conseguenza, questi
sette angeli e le loro Chiese devono continuare ad esistere fino all’arrivo
del Signore.
Si deve dunque trattare in questo caso di "Chiese" la cui esistenza
superi essenzialmente qualunque esistenza di una collettività terrena limitata
nel tempo. La loro origine può essere senz’altro cercata nelle cosiddette
sette Chiese nell’Asia Minore. Tuttavia, oggi, dopo quasi duemila anni, queste
sette Chiese non possono più essere circoscritte entro un luogo preciso, né
entro un particolare paese. Queste Chiese sono tutti i fedeli cristiani di
questo mondo, disseminati su tutta la terra e nella molteplicità delle forme e
dell’espressione della loro fede. Nella loro somma, esse costituiscono la
Chiesa di Gesù Cristo.
La seconda corrente interpretativa menzionata più sopra, ossia
il punto di vista storico, si avvicina leggermente di più al nocciolo della
questione. Sebbene anche qui erroneamente le Chiese siano considerate i
destinatari, in questo caso tali Chiese rappresentano epoche diverse. Mentre nel
caso del punto di vista legato al tempo o preterista, la comparsa delle Chiese
era riferita ad un momento preciso – ossia al momento in cui vengono spedite
le lettere – "in parallelo" l’una all’altra, qui le Chiese
appaiono "in serie", ossia una dopo l’altra in successione
temporale.
Tenendo conto dei veri destinatari, in entrambi i casi ci si deve però chiedere
cosa accade ai rispettivi angeli le cui Chiese spariscono dalla storia? Se l’intero
libro dell’Apocalisse fa riferimento agli Ultimi Tempi, perché allora proprio
qui, dove si parla dei "consigli" che ci dà il Signore per
riconoscere le debolezze nella nostra fede e per rafforzarla, anche tutti i
giudizi dovrebbero diventare obsoleti e scomparire nel corso del tempo insieme
alle rispettive Chiese?
Anche per altre questioni (Rapimento), questo sembra essere il punto saliente:
nell’interpretazione della Sacra Scrittura, si è facilmente tentati di
rimanere "al di sopra del problema". Si tratta, cioè, un tema nel
quale non ci si sente coinvolti, né si vede coinvolto il proprio tempo. Di
fatto, non vi è nessuna apparente necessità che ci costringa a riferire questo
rimprovero nelle lettere eventualmente anche a noi stessi. Noi preferiamo
piuttosto prenderci le lodi! E, comunque, la cosa più semplice da fare, è
imputare queste cose spiacevoli o interamente al passato – come si fa nel
punto di vista legato al tempo – o lasciarle gradualmente svanire nel corso
del tempo – come si fa nel punto di vista storico – così che nel nostro
tempo non rimanga nulla di ciò che potrebbe gravare sulla nostra coscienza.
Lo stesso accade con il Rapimento. Qui sosteniamo piuttosto – di contro a
tutte le relative dichiarazioni del Signore nei Vangeli – l’opinione secondo
la quale noi, la congregazione, non dobbiamo attraversare l’orribile tempo
della tribolazione (si pensi solo all’aspetto morale di questa singolare
opinione), prima di prendere anche solo in considerazione il fatto che questa
difficile situazione potrebbe essere diretta anche contro di noi e mettere alla
prova anche noi. E se anche qui manca qualunque tipo di costrizione esterna,
dobbiamo ascoltare solo la nostra voce interiore per comprendere che noi, come
congregazione, non possiamo facilmente liberarci di questi temi!
Contro la corrente interpretativa storicizzante vi è anche un secondo
importante argomento. Nella lettera all’angelo della chiesa in Sardi, in Apoc
3,1-3 si dice:
Io verrò su di te come un ladro, e non saprai a quale ora verrò su di te.
Apoc 3,1 «E all’angelo della chiesa in Sardi
scrivi: queste cose dice colui che ha i sette Spiriti di Dio e le sette stelle.
Io conosco le tue opere; tu hai la reputazione di vivere, ma sei morto. 3,2 Sii
vigilante e rafferma il resto delle cose che stanno per morire, perché non ho
trovato le tue opere compiute davanti al mio Dio.
3,3 Ricordati dunque quanto hai ricevuto e udito; serba lo e ravvediti. Se tu
non vegli, io verrò su di te come un ladro, e non saprai a quale ora verrò
su di te. Apoc 3, 1- 3;
Apoc 16,15 «Ecco, io vengo come un ladro;
beato chi veglia e custodisce le sue vesti per non andare nudo e non lasciar
così vedere la sua vergogna». Apoc 16,15;
Questo riferimento presente nella lettera alla chiesa in Sardi
"Verrò su di te come un ladro", lo ritroviamo similmente in molti
altri libri del Nuovo Testamento:
Se il padrone sapesse a che ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe forzare la casa.
Mat 24,43 Ma sappiate questo che, se il padrone
di casa sapesse a che ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si
lascerebbe forzare la casa. 24,44 Perciò anche voi siate pronti, perché
nell’ora che non pensate, il Figlio dell’uomo verrà». Mat 24,43-44;
il giorno del SIGNORE verrà come un ladro di notte.
1Tess 5,1 Ora, quanto ai tempi e alle stagioni,
fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva, 5,2 poiché voi stessi sapete
molto bene che il giorno del SIGNORE verrà come un ladro di notte. 5,3
Quando infatti diranno: «Pace e sicurezza», allora una subitanea rovina cadrà
loro addosso, come le doglie di parto alla donna incinta e non scamperanno
affatto . 5,4 Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel
giorno vi sorprenda come un ladro. 1Tess 5, 1- 4;
2Pie 3,10 Ora il giorno del SIGNORE verrà come
un ladro di notte; in quel giorno i cieli passeranno stridendo, gli elementi
si dissolveranno consumati dal calore e la terra e le opere che sono in essa
saranno arse. 2Pie 3,10;
E ogni volta che questa espressione viene usata, si tratta
sempre del Ritorno del Signore.
(Vedi anche Capitolo 06: "Il
Ritorno del Signore.")
Questo è un forte argomento contro la prima corrente
interpretativa descritta più sopra, ovvero il punto di vista legato al tempo,
perché non ha alcun senso minacciare la chiesa in Sardi di quel tempo con la
venuta del Signore, quando al tempo della sua venuta nel futuro, questa chiesa
non esisterà più già da migliaia di anni.
Ma anche se – come qui nel caso del punto di vista storico – si parte dal
presupposto che le singole lettere rappresenterebbero diverse fasi cronologiche
(e dunque in successione temporale) della storia della chiesa – dalla
risurrezione del Signore fino al suo Ritorno – allora la lettera a Sardi, di
conseguenza, dovrebbe riguardare l’ultimo periodo della cristianità prima del
regno millenario a causa del riferimento alla venuta del Signore in quella
lettera. Tuttavia, quella di Sardi non è l’ultima delle sette lettere – l’ultima
sarebbe la lettera a Laodicea – ma bensì la quinta.
La terza corrente interpretativa sopraccitata è il punto di
vista legato agli Ultimi Tempi. Delle tre modalità di approccio illustrate,
questa è quella che più di tutte rende giustizia al contesto profetico del
libro. Tuttavia, si pone qui una domanda, ovvero se i messaggi abbiano valore
davvero esclusivamente per il tempo immediatamente precedente al Ritorno del
Signore. Essi sarebbero allora mere profezie e non avrebbero assolutamente nulla
a che fare con il tempo della loro origine – ossia con il periodo del primo
secolo d. C.
Se dunque – come è assai probabile – si può supporre che queste lettere
siano effettivamente giunte alle sette Chiese dell’Asia Minore, allora tali
Chiese avrebbero ricevuto ed anche "rielaborato" quelle informazioni,
che, secondo il punto di vista escatologico non avrebbero assolutamente nulla a
che fare con esse né con il loro tempo.
Come si è già ricordato più sopra, ci si chiede se non è
possibile che ognuna delle modalità di approccio sopraccitate contenga una
parziale verità, e se solo tutte e tre insieme possano produrre un senso
logico. In particolare, se si parte dal presupposto che le profezie di questo
libro dell’Apocalisse a Giovanni hanno una validità generale e che il loro
riferimento è da vedersi esteso all’umanità intera.
Se supponiamo dunque che – similmente al punto di vista preterista – le
lettere erano effettivamente indirizzate alle (angeli delle) sette Chiese dell’Asia
Minore di quel tempo, i cui membri presentavano quella specifica caratteristica
di fede – con la quale anche i punti di forza e di debolezza di ciascuna
singola chiesa venivano alla luce – ma il cui relativo modo di pensare poi,
nel corso dei secoli, si è sparso e diffuso in tutto il mondo, approdiamo ad un’esistenza
continua di queste Chiese (poi virtuali) – similmente al punto di vista
storico – dal primo secolo fino agli Ultimi Tempi. In contrasto con l’approccio
storico, tuttavia, queste chiese non avrebbero alcuna esistenza
"seriale", ossia che si sussegue nel tempo, ma sarebbero – così
come gli effettivi destinatari, ossia gli angeli di queste sette Chiese –
continue e tutte parallele al di là dei secoli, e cioè esistenti
contemporaneamente e in tutto il mondo.
Ma non sarebbero nemmeno "chiese" fisiche, bensì spirituali e i
"membri" sarebbero legati ad esse non mediante barriere fisiche come
chiese, lingue, paesi o continenti, ma tutti i cristiani al di là di ogni tempo
e di ogni paese del mondo sarebbero associabili ad una delle sette Chiese
unicamente in base alla loro fede specifica e personale, anche se ciascuno nel
suo tempo e nel suo luogo. E a seconda di a quale "chiesa" il singolo
stesso crede di appartenere dopo una verifica approfondita ed onesta, e di
questa chiesa egli dovrebbe assumersi il rimprovero ma anche la lode.
E ciò sarebbe valido anche e in special modo per i credenti degli Ultimi Tempi.
In questa fase critica, essi potrebbero più facilmente riconoscere dove essi
corrano il pericolo di allontanarsi dalla giusta fede, preservandosi così dalle
tentazioni. E questo è un argomento essenziale della terza corrente
interpretativa escatologica.
Queste sette Chiese, che, come sette candelabri d’oro, stanno
attorno al Figlio dell’Uomo, andrebbero concepite come l’origine, ma anche
come la "patria", della cristianità di tutti i tempi
I sette candelabri sono le sette chiese.
Apoc 1,12 Io mi voltai per vedere la voce che aveva
parlato con me. E, come mi fui voltato, vidi sette candelabri d’oro 1,13 e, in
mezzo ai sette candelabri, uno simile a un Figlio d’uomo, vestito d’una veste
lunga fino ai piedi e cinto d’una cintura d’oro al petto. Apoc 1,12-13;
Le sette stelle sono gli angeli delle sette chiese.
Apoc 1,20 Il mistero delle sette stelle che hai
visto nella mia destra e quello dei sette candelabri d’oro. Le sette
stelle sono gli angeli delle sette chiese, e i sette candelabri che hai visto
sono le sette chiese». Apoc 1,20;
E le sette stelle nella mano destra del Signore Gesù, gli
angeli delle sette Chiese, rappresentano dunque la cristianità, così come le
dodici stelle nella corona della donna in Apoc 12 stanno per le dodici
tribù d’Israele e dunque per l’ebraismo.
Una donna sul suo capo una corona di dodici stelle.
Apoc 12,1 Poi apparve nel cielo un gran segno: una
donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona
di dodici stelle.
12,2 Era incinta e gridava per le doglie e i dolori del parto. 12,3 Nel cielo
apparve anche un altro segno: un gran dragone rosso che aveva sette teste e
dieci corna, e sulle sue teste vi erano sette diademi. 12,4 La sua coda
trascinava dietro a sé la terza parte delle stelle del cielo e le gettò sulla
terra; poi il dragone si fermò davanti alla donna che stava per partorire, per
divorare suo figlio quando lo avesse partorito. 12,5 Ed ella partorì un
figlio maschio, che deve governare tutte le nazioni con uno scettro di ferro; e
il figlio di lei fu rapito presso Dio e il suo trono. Apoc 12, 1- 5;
(Vedi anche excursus 10: "La
donna sul cielo."
Ma è proprio dal passo biblico citato sopra, in Apoc 1,20,
concernente le sette stelle che il Signore Gesù rivela come segreto a Giovanni,
che comprendiamo che, quindi, i segreti in questo libro dell’Apocalisse sono
proprio segreti, e che per noi esseri umani sono incomprensibili senza una
"traduzione", poiché essi rappresentano dati di fatto provenienti da
un’altra dimensione.
Se per esempio ci dicessero che i setti spiriti di Dio sono immanenti nello
spirito del Figlio di Dio e che egli li conserva nel suo spirito – sebbene
anche questo sia già una "traduzione" – suonerebbe difficilmente
visibile, così come quando le sette stelle sono tenute nella mano destra del
Signore Gesù e intorno a lui appaiono le sette Chiese come candelabri.
Ma qui occorre comprendere anche un secondo aspetto. La simbologia nella Sacra
Scrittura – proprio perché essa è una traduzione di nessi che altrimenti
sarebbero per noi incomprensibili – deve essere analizzata attentamente e
nessun dettaglio deve essere tralasciato. Può essere ascritto soltanto ad un
simile modo superficiale di vedere le cose il fatto che, per esempio, il testo
sopraccitato, tratto da Apoc 12,1-2, inerente alla donna con le dodici stelle,
sia di nuovo ed ancora falsamente interpretato come "Maria, la regina del
cielo" oppure anche come "la vera chiesa di Cristo".
Intendiamo ora analizzare nel dettaglio le singole lettere, al
fine di verificare l’opinione sostenuta più sopra e relativa ad un’interpretazione
metatemporale.
All’angelo della chiesa in Efeso.
Apoc 2,1 «All’angelo della chiesa in Efeso
scrivi: queste cose dice colui che tiene le sette stelle nella sua destra e che
cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro.
2,2 Io conosco le tue opere, la tua fatica e la tua costanza e che non puoi
sopportare i malvagi; e hai messo alla prova coloro che si dicono apostoli e non
lo sono, e li hai trovati bugiardi. 2,3 Tu hai sopportato, hai costanza e per
amore del mio nome ti sei affaticato senza stancarti.
2,4 Ma io ho questo contro di te: che hai lasciato il tuo primo amore. 2,5 Ricordati
dunque da dove sei caduto, ravvediti e fa’ le opere di prima; se no verrò
presto da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto, se non ti ravvedi.
2,6 Tuttavia hai questo, che odi le opere dei Nicolaiti, che odio anch’io.
2,7 Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese: a chi vince io
darò da mangiare dell’albero della vita, che è in mezzo al paradiso di Dio».
Apoc 2, 1- 7;
Come è già stato illustrato più sopra, nell’interpretazione
convenzionale non si presta la sufficiente attenzione al fatto che qui gli
angeli sono i destinatari delle lettere, e non le Chiese. Ciò è espresso molto
chiaramente anche nelle singole lettere, nelle quali gli angeli – e non le
Chiese – vengono sistematicamente confrontate con la lode e il rimprovero.
Nella maggior parte dei casi, anche le conseguenze per il comportamento
sbagliato delle Chiese non viene attribuito a queste ultime, ma anche agli
angeli delle Chiese.
E la prova che qui non si tratta di una metafora, dove "chi non può dare
all’asino, dà al basto", la troviamo nella prima lettera citata più
sopra, indirizzata all’angelo della chiesa in Efeso. La minaccia della
punizione: "se no verrò presto da te e rimuoverò il tuo candelabro dal
suo posto, se non ti ravvedi" mette completamente la chiesa in una
posizione nella quale il suo destino sembra dipendere esclusivamente dal
comportamento dell’angelo di questa chiesa.
Ma ci rendiamo anche conto del fatto il Signore, all’inizio di questa lettera
– così come anche nelle due successive – si presenta con quelle
caratteristiche con le quali poi, alla fine, egli esprime la sua promessa o la
sua minaccia. Egli si presenta qui come colui che "cammina in mezzo ai
sette candelabri d’oro" e alla fine ammonisce dicendo: "verrò
presto da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto".
Se consideriamo ora il giudizio di questo angelo della chiesa in Efeso
attraverso il Signore, possiamo constatare che le sue opere furono esemplari. La
sua fatica e la sua pazienza sono note al Signore, così come il fatto che egli
non può sopportare i cattivi e che ha smascherato i falsi apostoli come
mentitori. Egli ha pazienza e, per amore del nome di Cristo, ha portato il peso
e non si è stancato.
Tuttavia, il Signore lo minaccia di "rimuovere il suo candelabro dal suo
posto", che forse significa che la chiesa – il candelabro – in Efeso
sarebbe esclusa dalla sua posizione privilegiata nella comunità delle altre sei
Chiese al cospetto del Signore. E come ragione di ciò, il Signore adduce il
fatto che l’angelo avrebbe abbandonato il suo primo amore. Ciò può essere
indubbiamente interpretato soltanto nel senso che le opere sopraccitate sono le
opere di questo primo amore, che il Signore gli ordina di compiere di nuovo, e
nel senso che l’angelo si è allontanato da tali opere.
Nella lettera alla chiesa in Pergamo discuteremo la dichiarazione sui Nicolaiti,
nella quale questa setta pure viene citata.
Infine, colpisce il fatto che questa lettera all’angelo della chiesa in Efeso
e quella alla chiesa in Laodicea (Col 2,1) siano le uniche due lettere alle
chiese paoline. Nelle lettere, non vengono nominate né Corinto, né Tessalonica,
né Filippi, né Colossi, né alcuna delle chiese della Galazia. E se si può
prestare fede alla tradizione, allora Giovanni – prima che i Romani lo
esiliassero a Patmo – divenne vescovo di Efeso, e perciò la chiesa di questa
città gli deve essere stata particolarmente a cuore.
All’angelo della chiesa in Smirne.
Apoc 2,8 «E all’angelo della chiesa in Smirne
scrivi: queste cose dice il primo e l’ultimo, che morì e tornò in vita.
2,9 Io conosco le tue opere, la tua tribolazione, la tua povertà (tuttavia tu
sei ricco) e la calunnia di coloro che si dicono Giudei e non lo sono, ma sono
una sinagoga di Satana. 2,10 Non temere ciò che dovrai soffrire; ecco, il
diavolo sta per gettare alcuni di voi in prigione per mettervi alla
prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte
e ti darò la corona della vita. Apoc 2, 8-11;
Anche qui, nella lettera all’angelo della chiesa in Smirne, si
può cogliere il nesso tra l’introduzione e la promessa conclusiva. Al
versetto 2,8 si dice: "queste cose dice il primo e l’ultimo, che morì e
tornò in vita", con cui il Figlio di Dio presenta se stesso come il
Signore della vita e della morte. Nella promessa al versetto 2,10: "Sii
fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita.", emerge anche la
volontà del Signore di impiegare il suo potere anche per le sue genti.
La "corona della vita" sembra essere un riferimento di estrema
importanza. Essa viene menzionata anche nella lettera all’angelo della chiesa
in Filadelfia, dove questo angelo già possiede la corona e deve mantenerla e
conservarla, mentre essa all’angelo della chiesa in Smirne viene solo
promessa, se egli rimarrà fedele fino alla morte. Tale corona, dunque,
contraddistingue questi due angeli delle Chiese – in Smirne e in Filadelfia
– in un modo del tutto particolare dagli altri cinque destinatari delle
lettere. Ma cos’è però questa "corona"? Su questo aspetto, nelle
sue lettere, Paolo ci ha lasciato delle parole assolutamente inequivocabili.
Correte in modo da conquistare una corona incorruttibile.
1Cor 9,24 Non sapete voi che quelli che corrono
nello stadio, corrono bensì tutti, ma uno solo ne conquista il premio? Correte
in modo da conquistar lo . 9,25 Ora, chiunque compete nelle gare si
auto-controlla in ogni cosa; e quei tali fanno ciò per ricevere una corona
corruttibile, ma noi dobbiamo farlo per riceverne una incorruttibile. 9,26
Io dunque corro, ma non in modo incerto; così combatto, ma non come battendo
l’aria; 9,27 anzi disciplino il mio corpo e lo riduco in servitù perché, dopo
aver predicato agli altri, non sia io stesso riprovato. 1Cor 9,24-27;
Gioia e corona mia, state fermi in questa maniera nel Signore.
Fil 3,20 La nostra cittadinanza infatti è nei
cieli, da dove aspettiamo pure il Salvatore, il Signor Gesù Cristo, 3,21 il
quale trasformerà il nostro umile corpo, affinché sia reso conforme al suo
corpo glorioso, secondo la sua potenza che lo mette in grado di sottoporre a
sé tutte le cose. 4,1 Perciò, fratelli miei cari e desideratissimi, gioia e
corona mia, state fermi in questa maniera nel Signore, o carissimi. Fil
3,20-21; Fil 4, 1;
Per il resto, mi è riservata la corona di giustizia.
2Tim 4,7 Ho combattuto il buon combattimento, ho
finito la corsa, ho serbato la fede. 4,8 Per il resto, mi è riservata la
corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel
giorno, e non solo a me, ma anche a tutti quelli che hanno amato la sua
apparizione. 2Tim 4, 7- 8;
Perché, uscendone approvato, riceverà la corona della vita.
Gia 1,12 Beato l’uomo che persevera nella prova, perché,
uscendone approvato, riceverà la corona della vita, che il Signore ha promesso
a coloro che l’amano. Gia 1,12;
Questa corona immortale è quindi la ricompensa dopo la prova,
il diritto civile nei cieli, il diritto al corpo glorioso, trasformato dall’efficace
potenza del Signore Gesù Cristo.
Nella prima lettera di Pietro apprendiamo poi anche in quale momento ha luogo
questa cerimonia della vittoria e quando verranno assegnati questa corona e il
corpo glorioso
E quando apparirà il Signore, riceverete la corona della gloria che non appassisce.
1Pie 5,2 pascete il gregge di Dio che è fra voi,
sorvegliandolo non per forza, ma volentieri, non per avidità di guadagno ma di
buona volontà, 5,3 e non come signoreggiando su coloro che vi sono affidati, ma
essendo i modelli del gregge.
5,4 E quando apparirà il sommo pastore, riceverete la corona della gloria
che non appassisce. 5,5 Similmente voi, giovani, siate sottomessi agli
anziani. Sì , sottomettetevi tutti gli uni agli altri e rivestitevi di umiltà,
perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili. 1Pie 5, 2- 5;
Quando sarà apparso il sommo pastore, quindi con il Ritorno del
Signore, verranno assegnati questa corona che mai potrà appassire e questo
glorioso corpo immortale. E il Ritorno del Signore avverrà al suono dell’ultima
tromba, quando i "morti in Cristo" dal Risveglio dai Morti e dal
Rapimento verranno giudicati dal Giudizio di Premio e quando a tutti quei servi
di Dio, i profeti e i santi, verrà data la loro ricompensa (Apo 11,15-18).
Il Signore stesso discenderà dal cielo, e noi saremo rapiti.
1Tess 4,15 Ora vi diciamo questo per parola del
Signore: noi viventi, che saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non
precederemo coloro che si sono addormentati, 4,16 perché il Signore stesso
con un potente comando, con voce di arcangelo e con la tromba di Dio discenderà
dal cielo, e quelli che sono morti in Cristo risusciteranno per primi; 4,17
poi noi viventi, che saremo rimasti, saremo rapiti assieme a loro sulle nuvole,
per incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre col Signore.
1Tess 4,15-17;
Al suono dell’ultima tromba i morti risusciteranno incorruttibili e noi, i viventi, saremo mutati.
1Cor 15,50 Or questo dico, fratelli, che la carne e
il sangue non possono ereditare il regno di Dio; similmente la corruzione non
eredita l’incorruttibilità. 15,51 Ecco, io vi dico un mistero: non tutti
morremo, ma tutti saremo mutati in un momento, 15,52 in un batter d’occhio,
al suono dell’ultima tromba; la tromba infatti suonerà, i morti
risusciteranno incorruttibili e noi saremo mutati, 15,53 poiché bisogna
che questo corruttibile rivesta l’incorruttibilità e questo mortale rivesta
l’immortalità. 1Cor 15,50-53;
Se uno compete nelle gare atletiche, riceve la corona unicamente se ha lottato
2Tim 2,1 Tu dunque, figlio mio, fortificati nella
grazia che è in Cristo Gesù; 2,2 e le cose che hai udite da me in presenza di
molti testimoni, affidale a uomini fedeli, che siano capaci di insegnar le anche
ad altri. 2,3 Tu dunque sopporta sofferenze, come un buon soldato di Gesù
Cristo. 2,4 Nessuno che presta servizio come soldato s’immischia nelle faccende
della vita, se vuol piacere a colui che lo ha arruolato. 2,5 Similmente, se
uno compete nelle gare atletiche, riceve la corona unicamente se ha lottato
secondo le regole. 2,6 L’agricoltore, che lavora duramente, deve essere
il primo a goderne i frutti. 2,7 Considera le cose che dico, poiché il
Signore ti darà intendimento in ogni cosa. 2Tim 2, 1- 7;
Qui, in 2Tim 2,5.-7, Paolo parla ancora con un po’ di riserbo
di ciò che in 1Cor 15,51 e 1Tes 4,15-16 egli esprimerà chiaramente: ossia del
Rapimento. Qui Paolo scrive a Timoteo, suo discepolo prediletto, che egli ha
amato come un figlio. E in 2Tim 2,6 egli dice: "L’agricoltore, che lavora
duramente, deve essere il primo a goderne i frutti". L’ordine successivo
nel versetto seguente: "Considera le cose che dico, poiché il Signore ti
darà intendimento in ogni cosa" rafforza ancora maggiormente l’impressione
che con l’infaticabile agricoltore, che "deve essere il primo a goderne i
frutti", si intenda alludere a coloro che al Risveglio dai morti saranno
presi nel Rapimento insieme con i Cristiani viventi nel Rapimento e condotti in
cielo.
Mentre il testo della prima lettera è indirizzato esclusivamente all’angelo
della chiesa, qui nella seconda lettera si fa per la prima volta allusione anche
alla chiesa stessa. Nel versetto 10 si dice: "ecco, il diavolo sta per
gettare alcuni di voi in prigione" e "avrete una
tribolazione per dieci giorni". Ma poi la frase si concluderà di nuovo con
la seguente promessa: "ti darò la corona della vita" e con
questo "ti" il riferimento non può essere ancora una volta che all’angelo
della chiesa in Smirne.
All’angelo della chiesa in Pergamo.
Apoc 2,12 «E all’angelo della chiesa in Pergamo
scrivi: queste cose dice colui che ha la spada affilata a due tagli.
2,13 Io conosco le tue opere e dove tu abiti, là dove Satana ha il suo trono;
tuttavia tu rimani fedele al mio nome e non hai rinnegato la fede in me neppure
nei giorni in cui il mio fedele testimone Antipa fu ucciso tra di voi,
là dove abita Satana.
2,14 Ma ho alcune cose contro di te: tu hai colà alcuni che ritengono la
dottrina di Balaam, il quale insegnò a Balak a porre un’insidia davanti ai
figli d’Israele per farli cadere, inducendoli a mangiare cose sacrificate agli
idoli e a fornicare. 2,15 Così hai pure alcuni che ritengono la dottrina dei
Nicolaiti, la qual cosa io odio. 2,16 Ravvediti dunque, altrimenti verrò
presto da te e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca.
2,17 Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese: a chi vince
io darò da mangiare della manna nascosta; e gli darò una pietruzza bianca, e
sulla pietruzza sta scritto un nuovo nome che nessuno conosce, se non colui che
lo riceve». Apoc 2,12-17;
Nella lettera all’angelo della chiesa in Pergamo, comprendiamo
nuovamente la legittimazione del Signore: "queste cose dice colui che ha la
spada affilata a due tagli" e al versetto 2,15 la conferma del fatto che
egli userà questa spada anche in caso di impenitenza.
Pure qui, oltre all’angelo, ci si riferisce anche alla chiesa nei versetti
2,13.14.15 e 16.
Nel versetto 2,13, la constatazione che il "trono di Satana" è a
Pergamo e che là abita Satana, è interessante nella misura in cui troviamo
nell’Apocalisse la dichiarazione che afferma che Satana – il dragone –
consegnerà il proprio trono alla bestia – l’anticristo – e questo trono
poi sarà oscurato insieme al regno della bestia quando la quinta coppa dell’ira
verrà versata
Il dragone le diede la sua potenza, il suo trono e grande autorità.
Apoc 13,2 E la bestia che io vidi era simile a un
leopardo, i suoi piedi erano come quelli dell’orso e la sua bocca come quella
del leone; e il dragone le diede la sua potenza, il suo trono e
grande autorità. Apoc 13, 2;
Poi il quinto angelo versò la sua coppa sul trono della bestia.
Apoc 16,10 Poi il quinto angelo versò la sua coppa
sul trono della bestia e il suo regno fu coperto di tenebre, e gli uomini
si mordevano la lingua per il dolore, 16,11 e bestemmiarono il Dio del cielo, a
causa delle loro sofferenze e delle loro ulcere, ma non si ravvidero dalle loro
opere. Apoc 16,10-11;
Se si volesse davvero trovare una correlazione tra queste
dichiarazioni, si dovrebbe partire dal presupposto che Pergamo – o la regione
di Pergamo – sarà la futura capitale del regno anticristiano.
La "dottrina dei Nicolaiti" citata qui, al versetto 2,15 e anche più
sopra, in Apoc 2,6 (Efeso) viene paragonata alla "dottrina di Balaam"
(versetto 2,14), che insegnò a Balak a mangiare il cibo immolato agli idoli e a
darsi alla fornicazione. Questa dottrina la ritroviamo anche in Apoc 2,20
(Tiatira), nell’accenno a Iezabel, che si definisce profetessa e che sedusse i
servi di Dio.
Secondo questa dottrina, all’apparenza a quel tempo ampiamente diffusa, si
dovrebbe trattare dell’influenza della gnosi, che intendeva la salvazione come
una questione unicamente della conoscenza spirituale e per la quale le azioni e
i comportamenti esteriori dell’essere umano erano irrilevanti. Sempre secondo
questa dottrina, si potrebbe dunque essere fedeli e "salvati" senza
dovere trarre le conseguenze nella vita pratica (fornicazione, sacrifici agli
idoli).
Nel confronto con le dottrine della salvazione di quel tempo e in parte in uso
ancora oggi (gnostici, stoici, epicurei, etc…), la questione è in sostanza la
persona di Cristo. Così come avviene presso gli Ebrei, anche qui Gesù Cristo
viene rifiutato come Figlio di Dio e Salvatore del mondo. Egli non viene
riconosciuto come il Messia (= Cristo) promesso nell’Antico Testamento, e la
possibilità che Dio si sia fatto uomo in carne viene negata come assurda.
Questa interpretazione è comunque chiaramente in contrasto con la dottrina
cristiana, che conferma entrambe le asserzioni.
Chi è il mendace, se non colui che nega che Gesù è il Cristo?
1Gio 2,22 Chi è il mendace, se non colui che
nega che Gesù è il Cristo? Costui è l’anticristo, che nega il Padre e il
Figlio. 22,23 Chiunque nega il Figlio, non ha neanche il Padre; chi
riconosce il Figlio, ha anche il Padre. 1Gio 2,22-23;
Poiché sono apparsi nel mondo molti seduttori, i quali non confessano che Gesù Cristo sia venuto in carne.
2Gio 1,7 Poiché sono apparsi nel mondo molti
seduttori, i quali non confessano che Gesù Cristo sia venuto in carne; questi
è il seduttore e l’anticristo. 1,8 Fate attenzione a non perdere il frutto
delle cose compiute, ma fate in modo di riceverne una piena ricompensa. 1,9 Chi
va oltre e non dimora nella dottrina di Cristo, non ha Dio; chi dimora nella
dottrina di Cristo, ha il Padre e il Figlio. 2Gio 1, 7- 9;
Con ciò si conferma anche l’interpretazione secondo la quale
lo spirito anticristiano non sarà una nuova, speciale eresia degli Ultimi
Tempi, ma che esso accompagna il cristianesimo e si è imposto fin dalle sue
origini.
All’angelo della chiesa in Tiatira.
Apoc 2,18 «E all’angelo della chiesa in Tiatira
scrivi: queste cose dice il Figlio di Dio, che ha gli occhi come fiamma di
fuoco e i cui piedi sono simili a bronzo lucente.
2,19 Io conosco le tue opere, il tuo amore, la tua fede, il tuo servizio e la
tua costanza, e so che le tue ultime opere sono più numerose delle prime. 2,20
Ma ho alcune cose contro di te: tu permetti a quella donna Iezabel, che si dice
profetessa, di insegnare e di sedurre i miei servi inducendoli a fornicare e a
mangiare cose sacrificate agli idoli.
2,21 Le ho dato tempo per ravvedersi dalla sua fornicazione, ma lei non si è
ravveduta. 2,22 Ecco, io la getto in un letto di sofferenze e quelli che
commettono adulterio con lei, in una grande tribolazione, se non si ravvedono
dalle loro opere. 2,23 E farò perire con la morte i suoi figli; e tutte le
chiese conosceranno che io sono colui che investiga le menti e i cuori, e
renderò a ciascuno di voi secondo le sue opere.
2,24 Ma a voi e agli altri che sono in Tiatira, a quanti non hanno questa
dottrina e non hanno conosciuto le profondità di Satana, come essi le chiamano,
io dico: non vi impongo alcun altro peso; 2,25 ma tenete fermamente ciò che
avete finché io venga.
2,26 A chi vince e ritiene fino alla fine le opere mie, darò potestà sulle
nazioni; 2,27 ed egli le governerà con uno scettro di ferro ed esse
saranno frantumate come vasi d’argilla, come anch’io ho ricevuto autorità dal
Padre mio; 2,28 e darò a lui la stella del mattino.
2,29 Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese».
Apoc 2,18-29;
La dottrina di Iezabel l’abbiamo già trattata in precedenza
nella lettera a Pergamo. Qui bisogna osservare ancora che il Signore stesso
concede a quegli esseri umani che hanno intrapreso la strada sbagliata ancora
del tempo per pentirsi, così come ci dice il versetto 2,21. Coloro che di se
stessi dicono di avere conosciuto "le profondità di Satana", non sono
più, come sembra, dei meri "svitati". Essi si muovono chiaramente su
una falsa direzione. E, tuttavia, il Signore spera che "essi si pentano
delle loro azioni".
Agli altri a Tiatira il Signore non vuole accollare nessun altro peso ulteriore.
Egli ordina loro solo di tenere fermamente ciò che hanno. E precisamente, essi
devono tenere fermamente ciò che hanno "finché io venga". Qui il
Signore parla del suo Ritorno negli Ultimii Giorni. E ciò in una lettera all’angelo
della chiesa in Tiatira quasi duemila anni prima.
Da qui, di nuovo, si evince chiaramente che i destinatari di queste lettere, sia
gli angeli che le Chiese, non possono essere fenomeni del primo secolo d. C
limitati nel tempo. Il Signore non potrebbe esortarli dicendo: "ma tenete
fermamente ciò che avete finché io venga".
Di conseguenza, sia gli angeli che le Chiese devono esistere fino alla venuta
del Signore. Mentre ciò si può pienamente supporre nel caso degli angeli
immortali, questo presupposto per le Chiese significa che esse non formano un’unità
chiusa, ma che sono formate, conservate e continuate attraverso i millenni di
generazione in generazione da fedeli sempre nuovi
All’angelo della chiesa in Sardi.
Apoc 3,1 «E all’angelo della chiesa in Sardi
scrivi: queste cose dice colui che ha i sette Spiriti di Dio e le sette
stelle.
Io conosco le tue opere; tu hai la reputazione di vivere, ma sei morto. 2 Sii
vigilante e rafferma il resto delle cose che stanno per morire, perché non ho
trovato le tue opere compiute davanti al mio Dio. 3,3 Ricordati dunque quanto
hai ricevuto e udito; serba lo e ravvediti. Se tu non vegli, io verrò su di te
come un ladro, e non saprai a quale ora verrò su di te.
3,4 Tuttavia hai alcune persone in Sardi che non hanno contaminato le loro
vesti; esse cammineranno con me in vesti bianche, perché ne sono degne.
3,5 Chi vince sarà dunque vestito di vesti bianche e io non cancellerò il suo
nome dal libro della vita, ma confesserò il suo nome davanti al Padre mio, e
davanti ai suoi angeli. 3,6 Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice
alle chiese». Apoc 3, 1- 6;
Dopo Laodicea il destinatario della lettera a Sardi è l’angelo
che il Signore ha giudicato come il peggiore degli angeli di una chiesa. E,
significativamente, il Signore si presenta qui come colui "che ha i sette
spiriti di Dio". Così come apprendiamo da Apoc 5,6, questi sette spiriti
sono i sette occhi dell’Agnello. Ed essi sono mandati per tutta la terra.
I sette Spiriti di Dio mandati per tutta la terra.
Apoc 5,6 Poi vidi ritto, in mezzo al trono e ai
quattro esseri viventi e in mezzo agli anziani, un Agnello come ucciso, il quale
aveva sette corna e sette occhi, che sono i sette Spiriti di Dio mandati per
tutta la terra. Apoc 5, 6;
Già nell’introduzione, Giovanni saluta le sette Chiese, che
si trovano in Asia con la grazia e la pace "da colui che è, che era e che
ha da venire" – ossia Dio Padre – , "e dai sette spiriti che sono
davanti al suo trono" – lo Spirito Santo – "e da Gesù
Cristo".
I sette spiriti che sono davanti al trono.
Apoc 1,4 Giovanni, alle sette chiese che sono
nell’Asia: grazia a voi e pace da colui che è, che era e che ha da venire, e
dai sette spiriti che sono davanti al suo trono, 1,5 e da Gesù Cristo, il
testimone fedele, il primogenito dai morti e il Principe dei re della terra. A
lui , che ci ha amati, ci ha lavati dai nostri peccati nel suo sangue.
Apoc 1, 4- 5;
Il fatto che qui lo Spirito Santo venga nominato dopo Dio, il
Padre e prima di suo Figlio, nostro Signore, testimonia l’immediata affinità
di queste tre entità. Se attraverso l’asserzione in Apoc 5,6, secondo la
quale lo Spirito Santo nella forma dei sette spiriti di Dio rappresenta anche i
sette occhi dell’Agnello – e dunque del Signore Gesù – si debba esprimere
anche la trinità, è cosa pensabile ma rimane aperta.
Il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome.
Giov 14,24 Chi non mi ama, non osserva le mie
parole; e la parola che udite non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. 14,25
Vi ho detto queste cose, mentre ero con voi; 14,26 ma il Consolatore, lo
Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi
ricorderà tutto ciò che vi ho detto. Giov 14,24-26;
Questi sette spiriti di Dio rappresentano quindi lo Spirito
Santo. L’affermazione "sono mandati per tutta la terra" ci dà
conferma del fatto che questo Consolatore, che il Signore ci ha promesso, è con
noi qui sulla terra fino al suo Rapimento presso il Padre. Egli sarà con noi
anche in futuro, finché non verrà tolto di mezzo. E infatti egli è colui del
quale Paolo scrive che l’Anticristo potrà poi manifestarsi quando "ciò
che lo ritiene" verrà tolto di mezzo.
E ora sapete ciò che lo ritiene, affinché sia manifestato a suo tempo.
2Tess 2,4 l’avversario, colui che s’innalza sopra
tutto ciò che è chiamato dio o oggetto di adorazione, tanto da porsi a sedere
nel tempio di Dio come Dio, mettendo in mostra se stesso e proclamando di essere
Dio. 2,5 Non vi ricordate che, quando ero ancora tra voi, vi dicevo queste cose?
2,6 E ora sapete ciò che lo ritiene, affinché sia manifestato a suo tempo.
2Tess 2, 4- 6;
In questa lettera all’angelo di Sardi si dice dunque nelle
parole introduttive: "queste cose dice colui che ha i sette Spiriti di Dio
e le sette stelle". Poiché le sette stelle sono le sette chiese del
Signore, questa asserzione probabilmente significa che il Signore è informato
degli atti e delle azioni delle sue chiese attraverso lo Spirito Santo, e che
perciò anche le cose più segrete non gli rimangono nascoste. Egli conosce
dunque anche le opere di quelli di Sardi e sa che hanno la reputazione di
vivere, ma che sono morti.
Ad una più attenta osservazione, questa opinione ammette alcune conclusioni
concrete sull’identità della chiesa in Sardi. Stando a questa opinione, qui
si deve quindi trattare di una parvenza di chiesa, perché essa ha la
reputazione di vivere, e questo "vive" può solo riferirsi alla
condizione spirituale, e naturalmente non a quella fisica di questa chiesa.
Essa, dunque, è spiritualmente morta, ha perso la giusta fede. Ma, come sembra,
essa non vuole ammettere a se stessa e nemmeno al mondo questa condizione e fa
di tutto per essere vista come "vivente".
Qui abbiamo dunque a che fare con una corrente di fede che, originariamente, era
sulla giusta strada – come conferma anche il versetto 3,3: "Ricordati
dunque quanto hai ricevuto e udito; serbalo e ravvediti". Nel corso dei
secoli – anzi dei millenni – questa chiesa però se ne è allontanata e ora
tenta di coprire la sua nudità spirituale con grande dispendio terreno. Ha
cioè nel mondo la reputazione di vivere, ma è morta.
E ora il Signore consiglia con urgenza alla chiesa di destarsi e di raffermare
il resto che stanno per morire. Altrimenti – come si dice più avanti nel
versetto 3,3 – "Se tu non vegli, io verrò su di te come un ladro, e non
saprai a quale ora verrò su di te".
Chiunque possa ora essere questa chiesa – e alcuni paragoni sorgono spontanei
– una cosa è però certa: il Signore non ha ancora abbandonato questi esseri
umani. Egli inveisce contro di loro e li rimprovera, ma anche nel successivo
versetto 3,4 conferma che a Sardi vi sono alcuni pochi esseri umani che non
hanno macchiato le loro vesti e che sono degni di camminare accompagnando il
Signore in vesti bianche.
Dunque anche per questa chiesa "morta" una salvezza è possibile. E
rimane da sperare che questi pochi che non hanno macchiato le loro vesti,
consegnino quel "lievito" che può fare in modo che anche il resto dei
fratelli e delle sorelle di questa chiesa giunga alla salvazione.
All’angelo della chiesa in Filadelfia.
Apoc 3,7 «E all’angelo della chiesa in
Filadelfia scrivi: queste cose dice il Santo, il Verace, colui che ha la
chiave di Davide, che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre.
3,8 Io conosco le tue opere; ecco, ti ho posto davanti una porta aperta, che
nessuno può chiudere, perché, nonostante tu abbia poca forza, hai custodito la
mia parola e non hai rinnegato il mio nome. 3,9 Ecco, io ti consegno alcuni
della sinagoga di Satana, che si dicono Giudei e non lo sono, ma mentono;
ecco, li farò venire a prostrarsi ai tuoi piedi e conosceranno che io ti ho
amato.
3,10 Poiché hai custodito la parola della mia costanza, anch’io ti
custodirò dall’ora della prova che verrà su tutto il mondo, per mettere alla
prova coloro che abitano sulla terra. 3,11 Ecco, io vengo presto; tieni
fermamente ciò che hai, affinché nessuno ti tolga la tua corona.
3,12 Chi vince io lo farò una colonna nel tempio del mio Dio, ed egli non
uscirà mai più fuori; e scriverò su di lui il nome del mio Dio e il nome
della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che scende dal cielo da
presso il mio Dio, e il mio nuovo nome.
3,13 Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese».
Apoc 3, 7-13;
Qui abbiamo numerosi riferimenti che indicano che la chiesa di
Filadelfia è una chiesa di giudeocristiani. Da un lato, subito all’inizio di
questa lettera, il Signore dice di possedere la chiave di Davide. Questa
"chiave di Davide" ci è nota da Is 22,22:
Metterò sulla sua spalla la chiave della casa di Davide.
Isa 22,20 In quel giorno avverrà che chiamerò il
mio servo Eliakim, figlio di Hilkiah; 22,21 lo vestirò con la tua tunica, lo
cingerò con la tua cintura e rimetterò la tua autorità nelle sue mani; ed
egli sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per la casa di Giuda.
22,22 Metterò sulla sua spalla la chiave della casa di Davide; così egli
aprirà e nessuno potrà chiudere, chiuderà e nessuno potrà aprire.
Isa 22,20-22;
A quell tempo questo era un detto di Jahvé, nel quale egli
sostituì Scebna, l’amministratore corrotto e traditore e delegato di Hilkiah,
re del popolo di Israele, con Eliakim, figlio del re. In Apoc 3,7 questa
dichiarazione rappresenta la legittimazione del Signore che egli è il nuovo re
del popolo di Israele, che è giusto, unto e prescelto da Dio.
In Apoc 3,9 si dice poi: "Ecco, io ti consegno alcuni della sinagoga di
Satana, che si dicono Giudei e non lo sono, ma mentono". E ciò significa
che le genti dalla "sinagoga di Satana" vengono spacciate per essere
giudee, anche se non lo sono affatto. Non è detto chiaramente fino a che punto
questi esseri umani, come molti esseri umani di oggi – in realtà non credenti
– siano "Giudei" in Israele, né se vi siano esseri umani
appartenenti ad altri popoli che, per un qualche tornaconto, si permettono di
definirsi anch’essi Giudei.
Ma proprio questi falsi "Giudei" sono poi coloro che il Signore
porterà a gettarsi ai piedi di questa chiesa di Filadelfia, di questi veri
Giudei, di questo nuovo e vero popolo di Dio, e a far sì che essi riconoscano
che questa chiesa giudeocristiana di Filadelfia – questa e nessun’altra –
è quella che il Signore ha amato.
E anche qui troviamo di nuovo l’asserzione di Apoc 3,12, che questa volta si
riferisce esplicitamente ai Giudei: "e scriverò su di lui il nome del mio
Dio – e il mio nuovo nome". E questa promessa la ritroviamo in Apoc 14,1:
Le centoquarantaquattromila persone che avevano il suo nome e il nome di suo Padre scritto sulle loro fronti.
Apoc 14,1 Poi vidi l’Agnello che stava in piedi
sul monte di Sion, e con lui erano centoquarantaquattromila persone che avevano
il suo nome e il nome di suo Padre scritto sulle loro fronti. 14,2 Udii
quindi una voce dal cielo come il fragore di molte acque e come il rumore di un
forte tuono; e la voce che udii era come di citaredi che suonavano le loro
cetre. 14,3 Essi cantavano un cantico nuovo davanti al trono, davanti ai quattro
esseri viventi e davanti agli anziani; e nessuno poteva imparare il cantico se
non i centoquarantaquattromila, i quali sono stati riscattati dalla terra. 14,4
Essi sono quelli che non si sono contaminati con donne; sono infatti vergini.
Essi sono quelli che seguono l’Agnello, dovunque egli va; essi sono stati
riscattati fra gli uomini, per essere primizie a Dio e all’Agnello. 14,5
Sulla loro bocca non è stata trovata menzogna, perché sono irreprensibili
davanti al trono di Dio. Apoc 14, 1- 5;
E più sotto, in Apoc 7,2-4, comprendiamo che anche qui sono
ebrei "da ogni tribù dei figli d’Israele", segnati come eletti e
"primizie" – e dunque irreprensibili e senza macchia – , che
"per Dio e per l’Agnello sono stati riscattati", quando sulla fronte
dei 144000 furono apposti proprio quei due nomi – quello del Padre e quello
del Figlio.
Centoquarantaquattromila segnati di tutte le tribù dei figli d’Israele.
Apoc 7,2 Poi vidi un altro angelo che saliva dal
sol levante, il quale aveva il sigillo del Dio vivente, e gridò a gran voce ai
quattro angeli, ai quali era stato concesso di danneggiare la terra e il mare,
7,3 dicendo: «Non danneggiate la terra né il mare né gli alberi, finché non
abbiamo segnato sulla fronte i servi del nostro Dio». 7,4 Quindi udii il numero
di quelli che erano stati segnati: centoquarantaquattromila segnati di tutte
le tribù dei figli d’Israele. Apoc 7, 2- 4;
(Vedi anche discorso 15: "Chi è la "Sposa dell’Agnello"?")
Ma la chiesa in Filadelfia, in Apoc 3,12, riceve dal Signore
ancora un terzo nome, quello di "nuova Gerusalemme, che scende dal
cielo". E in Apoc 21,2.9, questo nome ci viene anche rivelato: "La
Sposa, la Moglie dell’Agnello".
La nuova Gerusalemme, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.
Apoc 21,1 Poi vidi un nuovo cielo e una nuova
terra, perché il primo cielo e la prima terra erano passati, e il mare non
c’era più. 21,2 E io, Giovanni, vidi la santa città, la nuova Gerusalemme,
che scendeva dal cielo da presso Dio, pronta come una sposa adorna per il suo
sposo. Apoc 21, 1- 2;
La grande città, la santa Gerusalemme, che scendeva dal cielo, la sposa, la moglie dell’Agnello.
Apoc 21,9 Poi venne uno dei sette angeli che
avevano le sette coppe piene delle ultime sette piaghe, e parlò con me,
dicendo: «Vieni, ti mostrerò la sposa, la moglie dell’Agnello». 21,10 E mi
trasportò in spirito su di un grande ed alto monte, e mi mostrò la grande
città, la santa Gerusalemme, che scendeva dal cielo da presso Dio Apoc 21,
9-10;.
In relazione alla dichiarazione contenuta in Apoc 3,9, dove si
dice che essi dovrebbero "conoscere che io ti ho amato", possiamo dire
con una certa sicurezza che qui la chiesa in Filadelfia è la "Sposa, la
Moglie dell’Agnello". Questa sposa è dunque di origine ebraica ed è
chiaro che l’opinione di molti esegeti, secondo la quale la sposa dell’agnello
sarebbe l’"intera chiesa di Cristo", non è convincente
Ma qui viene a mancare anche un argomento essenziale di questi esegeti per il
Rapimento prima della Grande Tribolazione. Dal testo in Apoc 3,10: "Poiché
hai custodito la parola della mia costanza, anch’io ti custodirò dall’ora
della prova che verrà su tutto il mondo, per mettere alla prova coloro che
abitano sulla terra" si evince che il Signore rapirà la chiesa ancora
prima della Grande Tribolazione. Come ora vediamo, i fatti della "custodia
dall’ora della prova" possono essere giusti, è solo che il gruppo di
persone che qui verrà custodito è completamente un altro gruppo.
Partendo dal presupposto che i 144000 segnati, nel senso di un’interpretazione
metatemporale, hanno la loro origine spirituale nella chiesa in Filadelfia,
allora si spiega anche questo "custodire dall’ora della prova".
Questi 144000 di quella tribù d’Israele riceveranno il sigillo di Dio e,
secondo Apoc 7,2-3, saranno implicitamente esclusi dalla prima delle due piaghe
della tromba e, secondo Apoc 9,4 esplicitamente esclusi dalle piaghe della
quinta tromba, e dunque "custoditi".
E fu detto loro di danneggiare soltanto gli uomini che non avessero il sigillo di Dio sulla fronte.
Apoc 9,3 E da quel fumo uscirono sulla terra delle
locuste, a cui fu dato un potere simile a quello degli scorpioni della terra.
9,4 E fu detto loro di non danneggiare l’erba della terra né verdura
alcuna né albero alcuno, ma soltanto gli uomini che non avessero il sigillo
di Dio sulla fronte. Apoc 9, 3- 4;
Il fatto che i 144000 in Apoc 14,1 stiano sul monte Sion insieme
al Signore, mostra qui una stretta relazione similare, come abbiamo già
constatato più sopra nella chiesa in Filadelfia. Un’identità fisica di
entrambi i gruppi di persone, così come essa viene spesso rappresentata nella
corrente interpretativa escatologica, è tuttavia da escludere. I 144000
segnati, secondo Apoc 7,3 e in particolare secondo Apoc 9,4 – a differenza
della chiesa in Filadelfia – sono chiaramente israeliti degli Ultimi Tempi,
ossia del tempo immediatamente prima del Millennio.
Tuttavia, si può concordare sull’affermazione secondo la quale la nuova
Gerusalemme, che scende dal cielo, è la sposa dell’agnello e la chiesa di
Filadelfia, che porta proprio questo nome, rappresenta evidentemente l’incarnazione
simbolica di questa sposa. Indipendentemente dal fatto che si voglia vedere la
provenienza della sposa dalla chiesa di Filadelfia o dai 144000 segnati, si
constata che questa sposa è chiaramente di origine ebraica e dunque tutte le
speculazioni volte a dare un’interpretazione diversa di questa promessa all’intera
chiesa di tutti i tempi sono inammissibili.
All’angelo della chiesa in Laodicea.
Apoc 3,14 «E all’angelo della chiesa in
Laodicea scrivi: queste cose dice l’Amen, il Testimone fedele e verace, il
Principio della creazione di Dio.
3,15 Io conosco le tue opere, che tu non sei né freddo né caldo. Oh, fossi tu
freddo o caldo! 3,16 Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né caldo,
io sto per vomitarti dalla mia bocca. 3,17 Poiché tu dici: "Io sono
ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di nulla"; e non sai invece
di essere disgraziato, miserabile, povero, cieco e nudo. 3,18 Ti consiglio di
comperare da me dell’oro affinato col fuoco per arricchirti, e delle vesti
bianche per coprirti e non far apparire così la vergogna della tua nudità, e
di ungerti gli occhi con del collirio, affinché tu veda.
3,19 Io riprendo e castigo tutti quelli che amo; abbi dunque zelo e ravvediti.
3,20 Ecco, io sto alla porta e busso; se qualcuno ode la mia voce ed apre la
porta, io entrerò da lui, e cenerò con lui ed egli con me. 3,21 A chi vince
concederò di sedere con me sul mio trono, come anch’io ho vinto e mi sono posto
a sedere col Padre mio sul suo trono. Apoc 3,14-22;
La lettera all’angelo della chiesa in Laodicea è, sia dal
punto di vista della collocazione che dal punto di vista del contenuto, il
fanalino di coda tra le sette lettere. Per di più, Laodicea non è
spiritualmente morta come Sardi, ma, cosa di gran lunga peggiore, questo angelo
– e quindi anche la chiesa – dice a se stesso: "Io sono ricco, mi sono
arricchito e non ho bisogno di nulla". Essi, dunque, non sanno
assolutamente di essere spiritualmente poveri, nudi e nel bisogno.
E anche qui riconosciamo così tanti compagni di fede – specialmente nelle
chiese ufficiali – che credono di essere "ricchi". Non soltanto nel
senso materiale, ma anche in quello spirituale. Essi confondono la comunità –
ovvero la chiesa – con un’associazione o un’azienda e la devozione con la
posizione e con l’ambizione di fare carriera. Br
Ed è proprio quello che il Signore rimprovera loro: essi sono tiepidi. Ma se
almeno fossero atei e terreni affaristi – ossia "freddi" – oppure
pastori della loro chiesa credenti e pii – ossia "caldi"! Ma essi
non sono né una cosa né l’altra. Loro sono "tiepidi".
Anche Paolo, nella sua lettera ai Colossesi e nella seconda lettera a Timoteo,
sa parlare di tali persone.
Queste cose hanno sì qualche apparenza di sapienza nella religiosità volontariamente scelta, nella falsa umiltà.
Col 2,20 Se dunque siete morti con Cristo agli
elementi del mondo, perché vi sottoponete a dei precetti come se viveste nel
mondo, quali: 2,21 «Non toccare, non assaggiare, non maneggiare», 2,22 tutte
cose che periscono con l’uso, secondo i comandamenti e le dottrine degli uomini?
2,23 Queste cose hanno sì qualche apparenza di sapienza nella religiosità
volontariamente scelta, nella falsa umiltà e nel trattamento duro del corpo,
ma non hanno alcun valore contro le intemperanze carnali. Col 2,20-23;
Aventi l’apparenza della pietà, ma avendone rinnegato la potenza.
2Tim 3,1 Or sappi questo: che negli ultimi giorni
verranno tempi difficili, 3,2 perché gli uomini saranno amanti di se stessi,
avidi di denaro, vanagloriosi, superbi, bestemmiatori, disubbidienti ai
genitori, ingrati, scellerati, 3,3 senza affetto, implacabili, calunniatori,
intemperanti, crudeli, senza amore per il bene, 3,4 traditori, temerari,
orgogliosi, amanti dei piaceri invece che amanti di Dio, 3,5 aventi
l’apparenza della pietà, ma avendone rinnegato la potenza; da costoro
allontanati. 2Tim 3, 1- 5;
E il Signore consiglia loro di comperare da lui del collirio,
per ungere i loro occhi affinché essi possano vedere. In tal modo, essi
capiranno che non sono "ricchi". Né in senso mondano né in senso
spirituale! Come si suol dire, essi sono "completamente sbagliati".
Ma nemmeno a loro sarà tolta la speranza. Il Signore dice loro: "Io
riprendo e castigo tutti quelli che amo; abbi dunque zelo e ravvediti. Ecco, io
sto alla porta e busso; se qualcuno ode la mia voce ed apre la porta, io
entrerò da lui".
E quest’ultima promessa non è soltanto un invito alla chiesa di Laodicea, ma
a tutti gli esseri umani. Indipendentemente da ciò che essi hanno fatto o
pensato, da come hanno vissuto o agito. Dal momento in cui essi apriranno la
porta del loro cuore e quando, apertamente e con sincerità, senza riserve né
preconcetti, essi si porranno di fronte alla domanda del volere di Dio, il
Signore Gesù entrerà in loro e mostrerà loro il futuro cammino.
Il Padre e io, noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui.
Giov 14,23 Gesù rispose e gli disse: «Se uno
mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l’amerà, e noi verremo a lui e
faremo dimora presso di lui. 14,24 Chi non mi ama, non osserva le mie
parole; e la parola che udite non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. 14,25
Vi ho detto queste cose, mentre ero con voi; 14,26 ma il Consolatore, lo Spirito
Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi
ricorderà tutto ciò che vi ho detto. Giov 14,23-26;
Conclusione: Queste sette lettere costituiscono una guida e un
aiuto abbastanza concreti per ogni fedele, nei quali quest’ultimo
può riconoscere l’espressione della propria fede e i relativi
punti di forza e di debolezza. Il risultato di ciascuna prova
individuale dovrebbe essere il punto di partenza per ridurre, nei
limiti del possibile, le nostre debolezze e per aumentare i nostri
punti di forza, o quanto meno per conservarli. Ogni fedele è dunque
membro di una di queste sette Chiese virtuali, che nella loro
totalità – dalla loro nascita e fino al Ritorno del Signore –
formano la chiesa di Cristo in terra. |